Speranza: fondi, diritti e salute. Blindiamo l’agenda Sud

Politica e Primo piano

Intervista a Il Mattino

di Lorenzo Calò

Ministro Roberto Speranza, candidato capolista nel Pd alla Camera nel proporzionale Campania 1-Napoli (ieri in città per un dibattito sul Mezzogiorno, al Salone Margherita), mancano dodici giorni al D-day elettorale: stando ai sondaggi il centrodestra si avvia a una vittoria schiacciante. È tutto già scritto?

«No, la partita è molto aperta. In questo momento il nostro più grande nemico è l’astensione. Soprattutto a Napoli nelle ultime tornate elettorali, come le amministrative, si è registrato un tasso altissimo di disaffezione al voto, circa il 50%. Questa alta soglia di indecisi o astenuti va recuperata. È fondamentale far capire a queste persone che il risultato elettorale del 25 settembre peserà sulla loro vita. L’esito del voto, inciderà sensibilmente sulle condizioni di vita specialmente nel Mezzogiorno».

Non è un po’ semplicistico dire che se vince il centrodestra sarà danneggiato il Sud?

«Parlano i fatti. La Lega ha ottenuto l’assenso di Fdi e Forza Italia sul loro impianto di regionalismo differenziato sfrenato la cui idea di fondo è che ogni territorio trattiene per sé le risorse del gettito fiscale che incassa. Questo scenario sciagurato determinerebbe un colpo alle regioni meridionali e alla qualità di servizi essenziali come scuola e sanità. Noi riteniamo che questa impostazione spezzi l’unità nazionale, interrompa il vincolo di solidarietà tra territori e indebolisca ulteriormente il Sud».

Ma così non si rischia di tornare al solito assistenzialismo meridionalista che finirà per inimicarvi le regioni del Nord, già ora governate dal centrodestra?

«Noi siamo per una forma di federalismo solidale, che non lasci indietro nessuno, esattamente il contrario dello scellerato disegno leghista. Questo è un argomento molto forte per partecipare al voto del 25 settembre».

Letta con Emiliano e De Luca sta rilanciando il patto per il Sud: su quali altre basi state lavorando?

«Serve puntare su sviluppo economico e inclusione sociale. Il lavoro è la chiave fondamentale. La destra con la Flat tax favorisce solo chi ha di più. Prevedere un’aliquota unica per chi è milionario e per chi ha un reddito molto più basso è una grande ingiustizia che certo non aiuterà le zone del Paese a più debole tasso di sviluppo».

E da questo punto di vista i servizi offerti in Lombardia non sono gli stessi offerti in Campania. Prendiamo la sanità, per esempio…

«Da ministro ho lavorato per far crescere il finanziamento del servizio sanitario nazionale. Quando sono arrivato il Fsn veniva finanziato con 114 miliardi con una crescita media annua di circa un miliardo l’anno. Dopo tre anni di lavoro sul fondo ci sono 124 miliardi. Dieci miliardi in più, più del triplo della quota aggiuntiva che si metteva prima».

Ma non basta solo elargire risorse, è d’accordo?

«Le risorse sono essenziali ma altrettanto importanti sono le riforme. Abbiamo approvato quella, determinante, dell’assistenza sanitaria territoriale e stiamo investendo di più sul personale. È cruciale il sensibile incremento delle borse di specializzazione in medicina. Ne abbiamo finanziate 17.400 l’ultimo anno, il triplo rispetto a tre anni fa, il doppio rispetto a due anni fa. Grazie a questo intervento abbiamo superato l’imbuto formativo che impediva di fatto la disponibilità di figure mediche specialistiche nelle nostre strutture».

Intanto è tornato di grande attualità il tema del numero programmato a Medicina e dell’abolizione dei test di ammissione: che ne pensa?

«Fino ad ora il vero tema era la scarsità di specialisti, non di laureati in medicina che c’erano ma erano intrappolati nel cosiddetto imbuto formativo. Oggi è un problema superato. A noi interessa l’articolo 32 della Costituzione, garantire a tutti una sanità di qualità. Avendo eliminato l’imbuto formativo, avremo con gli investimenti degli ultimi due anni altri 30mila medici specialisti opportunamente formati. Le altre discussioni mi pare abbiano più il sapore elettorale».

La misura 6 del Pnrr riguarda gli interventi in campo sanitario. Non c’è il rischio che le voci di spesa siano sbilanciate troppo sulla dotazione infrastrutturale e troppo poco sulla formazione professionale degli operatori sanitari?

«Una parte delle borse, anche per la medicina generale, è finanziata proprio grazie al Pnrr. Il vero nodo che resta è rappresentato dal superamento dei tetti di spesa e in modo particolare di quello per il personale. Nell’ultima legge di bilancio per la prima volta si finanzia fuori dal tetto di spesa un miliardo per la spesa del personale da destinare alla rete di assistenza territoriale. Per me la politica dei tetti va complessivamente superata. Per ora lo abbiamo alzato de110%». A proposito del riparto dei fondi: più volte il governatore della Campania De Luca ha polemizzato con lei e con il governo ritenendo i criteri non congrui e penalizzanti per la Campania. La Regione ha persino presentato ricorso al Tar del Lazio. E ora? «Sono due anni che il criterio di riparto dei fondi è stato ritoccato a favore del Sud: non è più basato solo sull’anzianità della popolazione, come sempre avvenuto in passato. Io ho previsto nel “patto per la salute” altri correttivi che facciano pesare l’indice di deprivazione delle regioni».

Però De Luca ha accusato lei e il governo di “furto” di fondi ai danni della Campania…

«Posso dirle che ho firmato io la fine del commissariamento che durava da dieci anni per la sanità campana. Quando sono diventato ministro nel 2019 la Campania riceveva come Fsn 10,184 miliardi. Oggi ne riceve 10,834. In aggiunta a queste risorse ha ottenuto altri 2,591 miliardi come finanziamento extra tra risorse Pnrr e ulteriori progettualità».

Allora in campagna elettorale avete siglato la pace?

«Io non ho mai fatto polemica con nessuno. Il mio obiettivo è asciugare l’area dell’astensione e della sfiducia ed evitare che vinca una destra che invece porterà il Paese e il Mezzogiorno a sbattere».

Intanto Giorgia Meloni sembra essere inarrestabile: come se lo spiega?

«Meloni si tinge di nuovo ma è stata ministro per oltre tre anni con Berlusconi, con loro al governo c’era Tremonti che oggi è candidato proprio con la Meloni. Sappiamo tutti com’è andata a finire…».