Speranza: restiamo coi piedi per terra, ma comincia una stagione nuova

Politica e Primo piano

Colloquio con La Stampa

di Massimo Giannini

«Sono soddisfatto e anche orgoglioso, perché siamo arrivati a un traguardo decisivo benché non ancora risolutivo. Voglio lanciare un doppio messaggio agli italiani. Il primo messaggio è all’insegna della fiducia e della speranza: l’avvio della campagna vaccinale apre una stagione nuova, e lo dico io che sono un “rigorista”, finalmente vediamo la luce in fondo al tunnel. Il secondo messaggio è all’insegna della sobrietà e della prudenza: restiamo con i piedi per terra ed evitiamo i trionfalismi, perché dobbiamo evitare che un pezzo di Paese profondo possa illudersi che abbiamo già vinto, e che da domani possiamo riprendere la vita normale, ricominciare ad abbracciarci, toglierci le mascherine, riaprire tutto. Se questo accadesse sarebbe devastante. L’antidoto non ci esenta dalle responsabilità e non ci esime dai sacrifici. La differenza rispetto a prima è che possiamo affrontarli con uno spirito diverso, perché ora sappiamo che possiamo farcela. Ma che dobbiamo continuare a farli, mantenendo la divisione “cromatica” dell’Italia e i divieti durante i giorni di festa, è fuori discussione. Anche perché i frutti delle restrizioni varate con l’ultimo decreto li stiamo raccogliendo, visto che l’indice Rt è sceso da 1,7 a 0,82».

Anche in questi giorni di festa qualche nuvola nera si addensa sull’Italia, che rischia di sembrare fantozziana pure sui vaccini: perché da noi sono arrivate solo 9.750 dosi, e in Germania per esempio ne sono arrivate già 150 mila? Il ministro non ci sta: «Ma questa è una stupidaggine. Chiariamo subito un punto cruciale. Esiste un solo contratto di acquisto dei vaccini, firmato dalla Commissione Europea per conto dell’intera Unione. E la distribuzione delle dosi tra i vari Stati membri, sempre da contratto, è gestita dalla stessa Commissione in base al numero di abitanti. La nostra quota è del 13,45% del totale di tutti i vaccini che l’Ue ha acquistato dalle sei aziende produttrici. Alla fine della campagna vaccinale, nel 2022, il nostro Paese avrà ricevuto 202 milioni di dosi. Nell’immediato, la distribuzione tra i singoli Stati può variare in base a fattori del tutto casuali: il giorno in cui viene fatta la comunicazione, la distanza dagli stabilimenti. Quelli Pfizer sono a Bruxelles, quindi in Germania arrivano prima che da noi. Ma la quota di dosi che spetta a ciascun Paese è fissa, per contratto. Dunque non c’è chi è più bravo e ne compra di più e chi è più scarso e ne compra di meno. A regime, a noi spettano 420 mila dosi a settimana, e quelle saranno…».

Chiarito questo, Speranza annuncia una novità ulteriore, che potrebbe accelerare il raggiungimento dell’obiettivo finale articolato in due fasi. Fase Uno: 15 milioni di persone vaccinate, per avere il primo impatto epidemiologico. Fase due: 40 milioni di vaccinati, per ottenere l’immunità di gregge. Quale sarebbe la novità? «L’ho appresa poco fa da Pascal Soriot, ceo di AstraZeneca: al Sunday Times ha annunciato che il loro vaccino ha raggiunto il 95% di efficacia e che già entro questa settimana l’Agenzia del Farmaco della Gran Bretagna potrebbe dare via libera alla commercializzazione. Se questo accade, siamo a un “Game Change” ancora più significativo, e le spiego perché. Secondo il piano contrattuale, nel primo trimestre noi dovremmo ricevere 8,7 milioni di dosi prodotte da Pfizer e 1,3 milioni prodotte da Moderna. Totale, 10 milioni di dosi, corrispondenti a 5 milioni di persone vaccinate, visto che con un richiamo servono due dosi a persona. Se arriva subito al traguardo anche AstraZeneca, entro il primo trimestre si aggiungeranno altri 16 milioni di dosi, che corrispondono ad altre 8 milioni di persone vaccinate. Risultato finale: noi già dal primo aprile potremmo avere 13 milioni di vaccinati, e così avremmo già raggiunto la Fase Uno, cioè quella che ci consente di avere il primo impatto epidemiologico». C’è poi un vantaggio in più, che il ministro ci tiene a sottolineare: con AstraZeneca giochiamo in casa. «Il vettore virale è prodotto a Pomezia, nell’impianto Irbm, l’infialamento avviene ad Anagni, e la conservazione delle dosi non ha bisogno di temperature a 75 sotto zero. Vuol dire che per noi, sfruttando Pratica di Mare come hub, sarà tutto più semplice: produzione, distribuzione, conservazione».

C’è l’imbuto delle Regioni, che sono in netto ritardo sul piano vaccinale. «Stavolta non hanno alibi, la gestione è centralizzata sul piano delle forniture, e per il resto gli abbiamo dato 15 mila assunzioni in più tra il personale medico…». Mi sfugge ancora un punto, che ho già sottoposto al premier Conte e ora ripropongo a Speranza: se giustamente crediamo così tanto al vaccino, perché non lo rendiamo obbligatorio per tutti, come altri dieci che già lo sono? «Ci abbiamo riflettuto a lungo, anche in sede europea. Alla fine abbiamo ritenuto che la volontarietà e la persuasione rappresentino la strategia migliore. E sa perché? Noi dobbiamo convincere, non costringere. Non dobbiamo trattare le persone che hanno dubbi come trogloditi fermi all’età della pietra. Dobbiamo rispettarli, ma al tempo stesso dobbiamo fargli capire l’importanza della scienza, dobbiamo dimostrargli che i vaccini sono tra le scoperte più straordinarie della storia dell’umanità…». Vaste programme, avrebbe detto De Gaulle: il popolo No Vax crede al complotto giudo-pluto-massonico di Gates e Soros e ai microchip sottocutanei, mentre non crede all’esistenza del Coronavirus e nemmeno ai 70 mila morti che ha mietuto. «Me ne rendo conto, ma provi a pensare cosa succederebbe se decretassimo l’obbligatorietà del vaccino: scoppierebbe subito uno scontro ideologico, il Paese si spaccherebbe in due curve di ultrà. Non risolveremmo il problema, lo aggraveremmo. Meglio una seria campagna di informazione e sensibilizzazione: ho fiducia che produca risultati migliori…». Resta il problema dei medici: almeno per loro l’obbligo sarebbe necessario. «Anche in questo caso confido nel buon esempio. Si sono appena vaccinati Galli, Pregliasco, Capobianco: per i nostri medici in prima linea è un bel colpo di piccone, anche dal punto di vista simbolico, per far cadere il muro delle perplessità».

Vorrei però che il ministro spiegasse una cosa agli italiani. Il Servizio Sanitario soffre tremendamente questa pandemia: solo 9 miliardi per la sanità previsti dal Recovery Fund sono uno scandalo. «Guardi, sono stato il primo a insorgere, dopo che ho letto la bozza con quei numeri. Mi hanno spiegato che in realtà i miliardi sono già diventati 15. Le posso garantire che mi batterò fino in fondo perché le risorse aumentino ancora…». Giusto e doveroso. C’è solo un “ma”, grosso come una casa: il governo rischia una crisi marziana. Speranza non la sottovaluta, ma non ci vuol credere. «Abbiamo tre sfide fondamentali: la campagna vaccinale, il Recovery Plan e la presidenza del G20. Di fronte a questi appuntamenti decisivi, tutto dobbiamo fare meno che guardarci l’ombelico. Io non sono per mettere la polvere sotto il tappeto. Nella maggioranza ci sono problemi, di merito sulle risorse del Recovery, o di assetto sulla squadra dei ministri? Bene, affrontiamoli adesso subito e risolviamoli in fretta. Poi tutti zitti e ventre a terra…». Gergo militaresco, ministro: «Gliel’ho detto, abbiamo l’arma in più, ma la guerra non è finita: rimettiamoci subito a combattere, per il bene dell’Italia».