Speranza: coi vaccini non c’è più tempo da perdere, subito il booster

Politica e Primo piano

Colloquio con Repubblica

di Tommaso Ciriaco

È il momento di correre. Adesso, senza perdere neanche un minuto. «Facciamo in fretta con il richiamo – dice Roberto Speranza – per fermare la quarta ondata». Il ministro della Salute punta tutto sui vaccini e sulla dose booster. «L’incremento dei contagi è oggettivo. Cosa fare? Diciamo che è come rendersi conto che l’acqua sta salendo. Noi non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo giocare d’anticipo, come ci ha insegnato questo virus che va veloce». Si partirà prestissimo, allora, con l’obbligo di terza dose ai sanitari e chi lavora nelle Rsa. Il responsabile della Salute si sbilancia: «Decideremo nei prossimi giorni. Io ne sono convinto e penso che ci arriveremo».

Ci sono due Roberto Speranza, in queste ore. Il primo è «preoccupato». «Come facciamo a non esserlo? Lo siamo noi, lo è l’Oms Europa e gli altri Paesi europei. Guardiamo a chi ci è vicino, all’Austria che è lì, a un passo, coi suoi nove milioni di abitanti e 12 mila casi al giorno: è come se da noi fossero 75 mila. In Italia un incremento è già in corso e nelle prossime settimane è realistico che continui a crescere». E però c’è anche il secondo Speranza, quello che crede molto nelle misure prese dal governo Draghi: «Scholz ha detto che se diventerà Cancelliere prevederà il Green Pass per i luoghi di lavoro. Non mi piace parlare di modello, ma di certo quella misura la abbiamo introdotta noi per primi, come l’obbligo per i sanitari appena introdotto anche in Gran Bretagna».

Ieri, appena arrivato al ministero, Speranza ha consultato i dati. «I numeri hanno la testa dura. In Germania ci sono 50 mila contagi in 24 ore. In Francia 12 mila casi, l’Olanda annuncia nuove misure. Abbiamo imparato che la contiguità tra Paesi spesso anticipa un trend. Sappiamo anche che la stagione che ci attende sarà complicata. E allora, l’Italia non può essere estranea a questa dinamica».

Sono i due «pilastri». E vanno preservati: «I nostri dati sono un po’ migliori degli altri perché i tassi di vaccinazione sono più alti. Questo ci dà un piccolo vantaggio. E poi la prudenza nel rilascio delle misure. Abbiamo lasciato il freno più tardi e mai del tutto. In particolare su una cosa: le mascherine al chiuso». Le terremo ancora a lungo: «Non c’è alcun dubbio che resteranno. Hanno un costo sociale ed economico relativamente basso, sono decisive. E vanno indossate anche all’aperto, se ci sono assembramenti. È un obbligo, non dimentichiamolo».

Non vuole neanche prevedere che Natale sarà, non lo considera un approccio sensato quando tutto è in evoluzione. Però una cosa vuole dirla: non immagina nuovi lockdown generalizzati. «Non si può paragonare la stagione delle misure più radicali all’attuale, per la semplice ragione che allora non c’era l’87% di popolazione vaccinata, e non c’erano ovviamente neanche i vaccini. Ma abbiamo il sistema a colori regionali».

Non sappiamo quando avremo il picco. Per questo bisogna «accelerare sui richiami». Il cosiddetto booster, che dal primo dicembre sarà accessibile anche a tutti i 40-60enni. «Il passo è stato importante». In cuor suo, il ministro sa bene che si arriverà a vaccinare con una terza dose anche gli under 40, ma per adesso non si sbilancia troppo: «Ascolteremo la valutazione degli scienziati e decideremo, ma non è all’ordine del giorno. Certo, a me sembra verosimile che in futuro si possa arrivare a un’ulteriore estensione, ma non è di oggi e neanche di domani».

Intanto, si attende il via libera dell’Ema ai vaccini per la fascia 5-11 anni. «Sono rispettoso di questo passaggio dell’agenzia europea del farmaco – premette Speranza – Ma se sarà autorizzato, allora partiremo subito. Locatelli l’ha spiegato bene: prima ancora che per ridurre la circolazione del virus, vaccinare un bimbo significa proteggerlo da casi severi che purtroppo avvengono anche oggi. Quando arriverà l’ok, ci organizzeremo con i pediatri e parleremo con le famiglie». Spera soltanto una cosa, però: che la destra sovranista di Salvini e Meloni non cavalchi la posizione No Vax sui minori. «Sarebbe un errore gravissimo. Su questi temi governa la scienza, a lei dobbiamo affidarci. Non si getti il dibattito nell’agone politico».

Per il resto, avanti con le misure di contenimento. Non solo le mascherine, ma anche il Green Pass. Che per il momento «non cambia»: la durata resta di 12 mesi, la possibilità di ottenerlo con il tampone antigenico rimane inalterata. «Manteniamo questa impostazione, è il regolamento europeo».

L’ultimo pensiero è per i No Vax. A Singapore non se la passano bene, visto che chi rifiuta il vaccino dovrà pagarsi le cure. Inaccettabile, in Italia: «Sono il più spinto di tutti a dire che bisogna vaccinarsi. Ma il servizio sanitario nazionale ha un impianto universalista che considero infrangibile. Segue la Costituzione, cura sempre e comunque tutti». Semmai, spera di convincere ancora gli scettici: «Le prime dosi si sono assestate su 15-17 mila al giorno. Pochi? Sono comunque piccoli passi. Io credo ancora che si possa arrivare al 90% di immunizzati, dobbiamo fare tutto il possibile per arrivarci. Lo so, c’è una fetta ideologica e ostile a prescindere. Ma ringrazio anche chi, scettico o contrario, alla fine l’ha fatto. C’è la forza enorme dell’evidenza degli argomenti. Guardate a Est. Alla Romania, con 20 milioni di abitanti, un terzo della popolazione immunizzata e quasi seicento vittime al giorno. O alla Bulgaria. Da noi crescono i contagi, ma assai meno i morti e gli ospedalizzati. Tutto grazie ai vaccini».