Intervista a La Stampa
di Carlo Bertini
Ha traghettato i compagni di Articolo Uno dentro il Pd e si spoglia del ruolo di segretario «per entrare in punta di piedi nel nuovo Pd e senza chiedere nulla», Roberto Speranza. Per farlo ha riportato la sinistra in una fabbrica, la ex Wirhlpool, ed ha reso omaggio a Guglielmo Epifani, proiettando un video del suo ultimo discorso con la voce strozzata, proprio in quella fabbrica.
Allora, dopo sei anni il ritorno a casa. Perché?
«Per me in queste primarie è nato un nuovo Pd, prima grazie alla fase costituente e all’approvazione del Manifesto del nuovo Pd e poi con l’elezione di una giovane donna alla guida del partito, che ha suscitato fiducia e speranza da parte di tanti che fino a poco prima non si fidavano della politica e dei partiti della sinistra»
Archiviato il Pd renziano?
«Il problema non è di una persona, è sbagliato ridurre la questione ai personalismi, qui il tema vero è che la sinistra a livello europeo e mondiale ha assunto una chiave di lettura troppo ottimista della globalizzazione e dei suoi effetti soprattutto sui più deboli. E così abbiamo smesso di interpretare le paure e la richiesta di protezione di chi è ai margini e magari ha perso il lavoro: quando si sono voltati dalla nostra parte troppo spesso non ci hanno trovato. Su questo, c’è bisogno di una rottura con il passato».
Che intendeva quando ha detto «Elly, fai Elly»?
«Il popolo di centrosinistra, contro i pronostici, ha scelto più radicalità nella questione sociale, la difesa di sanità e scuola pubblica e dell’ambiente. Ora, la sua forza è questa carica di cambiamento. Credo sia il nostro valore aggiunto. Il manifesto del nuovo Pd ha cambiato la costituzione formale del partito, l’elezione di Elly quella materiale, l’identità sostanziale».
Schlein riuscirà a estirpare il virus del Pd che consuma dal di dentro tutti i segretari fino a farli cadere?
«Spero proprio di sì. Lei è stata eletta da tre mesi e per giudicare il suo lavoro ci vorrà tempo, ben oltre le europee: Ma dico questo: nel rispetto del pluralismo lei va sostenuta con forza, per la carica di cambiamento che interpreta e per la fiducia che riscontra. Nel Pd ci sono tante posizioni ed è una ricchezza: sono felice di esserci anche io e spero che nessuno vada via. Il tema è battere la destra, io ho fatto una scelta unitaria prima di tutto per questo. Meglio non perdere nessuno».
Va dato un segnale al mondo cattolico?
«I due grandi problemi che Elly pone con forza sono l’esplosione delle disuguaglianze e l’emergenza climatica. Se mi si chiede chi è più netto a livello planetario su questi temi, io rispondo è Papa Francesco. Dunque, oggi come non mai c’è uno spazio per la cultura cattolica dentro il nuovo Pd».
Dopo la batosta alle politiche e alle comunali Schlein deve tentare di costruire un vasto fronte con le altre opposizioni?
«Deve testardamente predicare dialogo e confronto tra tutte le forze alternative alla destra. Le alleanze si costruiscono sul merito. Quindi, scegliamo alcuni temi, il primo è la difesa del servizio sanitario nazionale su cui penso si possa costruire una piattaforma comune contro un’idea strisciante di privatizzazione. Si può partire di qui o dal salario minimo».
Conte dice no al campo largo, sbaglia?
«Non è il momento delle formule, ma del confronto sul merito e lì c’è spazio per dialogare. Se gli italiani vedono da un lato la destra e dall’altro lato tutti in ordine sparso, il messaggio è che non c’è un’alternativa e credo che Conte questo lo capisca. Certo, di qui al 2024 il sistema proporzionale delle europee spingerà tutti a rendere visibile la propria identità, ma gli italiani devono vedere che cresce un progetto di forze alternative».
Ora che la “Ditta” ex Pci è tornata, farete una corrente dentro il Pd?
«No, di tutto c’è bisogno tranne che di nuove correnti».