Scuola e università nell’emergenza sanitaria. Documento del nostro Forum

Politica e Primo piano

Il decreto-legge n. 22 dell’8 aprile ha fornito indicazioni fondamentali per garantire la validità dell’anno scolastico in corso, ma alcuni aspetti emersi all’inizio di questa fase di emergenza devono essere migliorati nella fase emendativa del provvedimento.

Infatti, un settore strategico per lo sviluppo del Paese, come quello dell’Istruzione, rischia di non ricevere la dovuta attenzione, presi come si è dalla battaglia contro la malattia, dal tragico conteggio dei morti, dal bisogno di soccorrere l’economia, che rischia gravissime conseguenze presenti  e future.

Non è quindi un “prima l’Istruzione”, che queste nostre riflessioni vogliono affermare, ma piuttosto un “anche l’Istruzione” nell’ambito di un più generale e articolato sistema-Paese.

Sicuramente è stato giusto sospendere le lezioni in presenza nelle scuole e nelle università in tutto il Paese e proporre, a ragion veduta, la didattica a distanza quale risposta all’emergenza, ma non è ipotizzabile che questa modalità operativa, che si avvale della tecnologia come fondamentale aiuto, possa sostituire la didattica in presenza nel caso in cui fossimo costretti a convivere con il virus per un periodo medio-lungo che nessuno è in grado di prevedere.

 

SCUOLA

Il principale problema è il permanere di palesi ed evidenti condizioni di disuguaglianza nell’accesso e nella gestione della didattica a distanza che il decreto 22/2020 dovrebbe affrontare in modo più efficace, a partire dalla risposta ai seguenti quesiti.

1) Divario digitale

Come fanno ad accedere e a partecipare alla didattica a distanza gli alunni privi di connessione o di adeguata strumentazione tecnica?

Non sempre è possibile ridurre la didattica al semplice ascolto di una video-lezione o alla ricezione di una serie di schede. Sarebbe come volere riproporre la tradizionale didattica frontale, per giunta priva degli aspetti di empatia e di coinvolgimento diretto con lo studente che si instaurano in classe. Affinché la didattica a distanza possa almeno attuarsi, occorre anzitutto che gli studenti possano utilizzare un’adeguata postazione di lavoro, dotata dei necessari strumenti hardware e software, oltre che di una connessione stabile e che abbiano già acquisito le necessarie abilità per il loro utilizzo. Per il momento non è certamente così per tutti.

Una soluzione per ovviare a questa situazione è stata già individuata dal sottosegretario all’Istruzione, Giuseppe De Cristofaro, e dal capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, che hanno chiesto agli operatori telefonici di fornire, in maniera gratuita e fino al termine della situazione di emergenza, connessioni e banda sufficientemente larga a tutti gli studenti e agli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, così come dell’università.

2) Disabilità e inclusione

Come possono accedere e partecipare gli alunni impossibilitati ad utilizzare il PC in modo autonomo, come, ad esempio, alcuni alunni con disabilità o quanti hanno scarse competenze informatiche, oppure i bambini e le bambine della scuola dell’Infanzia e quelli della scuola Primaria e, in buona parte, quelli della secondaria di primo grado?

A questo proposito il decreto non offre indicazioni chiare, limitandosi a enunciazioni di principio. L’intera incombenza ricade, di fatto, sui genitori, costretti a presenziare attivamente alle lezioni e a sostituirsi al lavoro dei docenti. Questa impostazione, tollerabile in un periodo di emergenza, non può certo rappresentare una base su cui organizzare una eventuale ripartenza della scuola a settembre, quando le evidenti e preoccupanti ragioni dell’economia potrebbero lasciare questi alunni da soli a casa, nel caso in cui non fosse possibile riaprire le scuole, privi del necessario sostegno dei genitori nel frattempo ritornati al lavoro.

3) Valutazione

Le ordinanze, che verranno emanate, espliciteranno indicazioni praticabili in merito alle prove equipollenti a favore degli alunni con disabilità? E terranno conto degli alunni per i quali la connessione non è possibile? Inoltre, presteranno attenzione agli studenti che non possono utilizzare gli strumenti informatici, perché “non in grado di utilizzarli” o perché “non li possiedono”?

In questa particolare situazione, anche la valutazione di buona parte degli studenti rappresenta un problema difficilmente affrontabile, in quanto condizionato dalla didattica a distanza. Se poi si pensa agli studenti con disabilità, con DSA, con bisogni speciali o neoarrivati (NAI), ci rendiamo conto di come la formazione a distanza rischi di essere molto poco formativa (D.lgs. 62/17). Al riguardo riteniamo che non sia opportuno limitarsi a somministrare quiz e verifiche per via telematica per cercare di ricavare elementi utili per una possibile valutazione, ma che sia più appropriato ricercare elementi di valutazione nella continua interazione con gli studenti che riescono a collegarsi, anche a scapito di alcuni contenuti, che potranno essere recuperati negli anni successivi, rimodulando la programmazione didattica.

Negli ultimi giorni è circolata l’ipotesi che all’inizio del nuovo anno scolastico si possa svolgere una prova Invalsi per valutare le competenze acquisite dagli studenti nel corso delle lezioni a distanza, un’eventualità che ci vede contrari perché non tiene conto delle condizioni, dei ritardi e dei limiti in cui si è svolta la didattica online dal mese di marzo in poi.

4) Esami di Stato

Analogamente alla valutazione si pone la questione delle prove conclusive del primo e del secondo ciclo di istruzione. Alla luce dei punti critici esaminati in precedenza, soprattutto per quanto riguarda la difficoltà di ottenere oggettivi e veritieri elementi, come potrà essere effettuata una valutazione basata su prove telematiche o su altre soluzioni, non accessibili in egual misura da parte di tutti gli studenti, che dovranno partecipare a distanza, senza incorrere nel rischio di un annullamento, magari in seguito a qualche ricorso? Non sarebbe meglio, almeno per il primo ciclo, se non anche per il secondo, prevedere di sostituire l’esame con la valutazione da parte del consiglio di classe mediante uno “scrutinio” che consideri processi e progressi degli alunni nel corso di tutto il corrente anno scolastico?

5) Formazione del personale docente

Pur nella consapevolezza dell’esistenza di oggettive difficoltà da parte di più docenti in merito all’uso di una modulazione didattica mai sperimentata prima d’ora e pur prospettando di voler continuare in tale direzione, nel caso di prosecuzione dell’emergenza, il decreto-legge non prevede una formazione “obbligatoria” rivolta al personale docente, al fine di sviluppare o potenziare nel merito le competenze. È vero che precedenti provvedimenti hanno sollecitato l’intervento dei cosiddetti “animatori digitali”, ma un conto è saper utilizzare la tecnologia, un altro essere in grado di utilizzarla per erogare “didattica e formazione”.

6) Avvio anno scolastico 2020-2021/graduatorie e concorsi per eliminare le “classi pollaio”

Il decreto affronta il tema del corretto avvio del prossimo anno scolastico, al fine di garantire la presenza degli insegnanti sin dal primo giorno, anche a fronte della carenza di circa 180.000 docenti, indicando che saranno emanate apposite ordinanze. Quello che si evince dalla lettura dell’articolo dedicato è che:

  • viene ribadita l’intenzione di espletare le procedure concorsuali;
  • si intende prorogare la validità delle graduatorie triennali attuali rimandando di un anno la formulazione delle nuove graduatorie, consentendo però l’aggiornamento di quelle attuali entro il 31 agosto 2020.

Ci sembrerebbe più realistico ed efficace trasformare il concorso, previsto per quest’anno, in un concorso straordinario per soli titoli, da considerarsi utile per l’immissione in ruolo per il corrente anno scolastico, declinando, nel dettaglio, i requisiti (da stabilire). L’immissione dovrebbe essere subordinata all’obbligo di formazione, da svolgersi durante l’anno scolastico, con il vincolo di sostenere un esame al termine dell’anno stesso, per confermare o no il superamento del concorso; in tal caso andrebbe valutata l’ipotesi di un incarico “con orario ridotto”, al fine di conciliare l’attività lavorativa con quella di formazione. Ciò consentirebbe di riuscire a immettere in ruolo un numero consistente di docenti così da affrontare l’annoso problema delle cosiddette “classe pollaio”, che l’emergenza sanitaria impone di risolvere a causa della distanza necessaria che dovrà esserci tra uno studente e l’altro quanto ricomincerà la didattica in presenza.

Questo suggerimento riprende quanto già attuato per i medici neolaureati, chiamati a intervenire nelle prime settimane dell’emergenza coronavirus.

7) Continuità didattica

La probabile, anche se non auspicabile, apertura dell’anno scolastico 2020/21 in situazione di emergenza e quindi di nuovo con la “didattica a distanza”, richiederebbe di garantire agli alunni gli stessi docenti in servizio quest’anno, mediante il prolungamento dei contratti di lavoro sottoscritti dai docenti precari per il corrente anno scolastico. Troverebbe scarso fondamento dal punto di vista pedagogico-didattico inserire nelle “classi a distanza” personale docente che non ha mai incontrato gli alunni “di persona”, con ben prefigurabili conseguenze dal punto di vista della motivazione, della partecipazione e della relazione docente-discente. Una simile eventualità vanificherebbe ogni volenteroso tentativo di far funzionare la scuola anche in un momento di emergenza come questo. Sarebbe, invece, più realistico e proficuo per gli alunni prorogare le graduatorie esistenti così da riconfermare per il prossimo anno scolastico, in tutte le situazioni in cui ciò sia possibile, le stesse assegnazioni dei docenti alle classi (secondo il criterio dello scorrimento).

 

UNIVERSITÀ

 Le disposizioni emanate dai ministri dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca forniscono indicazioni fondamentali per garantire la validità, non soltanto formale, dell’anno scolastico e dell’anno accademico in corso, ma permangono aperte alcune questioni che richiedono una particolare considerazione.

Sull’Università le questioni più urgenti da definire ci sembrano le seguenti:

  • le disposizioni che prorogano al 15 giugno il termine formale dell’Anno Accademico (invece del 31 marzo);
  • le disposizioni che sollecitano una autonoma decisione dei vari Atenei per rinviare la scadenza del pagamento delle ultime rate di iscrizione;
  • l’impegno (sia pure ancora insufficiente) per un ampliamento del numero chiuso a Medicina;
  • l’aumento di Borse di Specializzazione nelle varie specialità mediche (si era parlato di circa 5.000 borse in più, poi “scomparse” dal “Cura Italia”, per cui dovremmo avere di fatto una cifra totale di circa 9.000 borse, contando anche eventuali recuperi di fondi in corso d’anno; gli aspiranti specializzandi sono stimati in 18-19.000 mentre sono circa 1 500 i giovani medici che vanno a specializzarsi all’estero). Queste disposizioni, anche se insufficienti, vanno tutte nella giusta direzione.

Dell’enorme impegno di Atenei, strutture, docenti e studenti, impegnati in questa “battaglia della didattica a distanza”, non si può che essere soddisfatti. Ma, come per la Scuola, l’obiettivo è, superata la fase di emergenza, quello di non trasformare questa modalità “straordinaria” in una strategia operativa “ordinaria”: tecnologie e opportunità vanno sì colte e utilizzate a regime, ma esclusivamente per integrare/migliorare l’insostituibile approccio “in presenza” (parimenti non sostituibile in caso di tirocini, di attività di laboratorio, di uscite sul campo. Si pensi, ad esempio, alle attività pratiche proprie dei geologi o degli archeologi e di tanti altri ancora).

Mentre per lezioni ed esami di laurea la soluzione a distanza, sia pure d’emergenza, risulta sufficiente e accettabile, la gestione degli esami di profitto rappresenta una seria criticità che molti docenti, come gli stessi studenti, stanno toccando con mano in queste settimane. Il problema si riscontra in particolare con le prove scritte, spesso adottate quando si ha un gran numero di studenti, ma anche la modalità orale non è esente da serie criticità. Certo, a oggi, sono stati svolti più di 100.000 esami di profitto a distanza, ma come è possibile garantire una valutazione serena e, al tempo stesso, seria, equa e coerente per tali prove?

Oltre a problemi squisitamente tecnici si pongono anche dimensioni etico-pedagogiche, che non si possono lasciare alla gestione dei singoli docenti, che stanno affrontando le diverse criticità che si presentano con responsabilità e flessibilità.

Le linee guida sin qui elaborate per gli esami di profitto a distanza appaiono insufficienti a garantire un dignitoso svolgimento e una coerente valutazione delle singole prove. Ad esempio, se nella scuola il rapporto docente-discente è basato su una diretta conoscenza ed è supportato, in ambito valutativo, dall’espressione collegiale del consiglio di classe, ciò non avviene in ambito accademico.  Per il prossimo appello estivo (sperando che a settembre la situazione possa cambiare) sarebbe importante concentrare gli sforzi per garantire uno standard di qualità accettabile per gli esami a distanza.

Purtroppo alcuni organi di stampa in questi giorni hanno rilevato come non siano previsti, per ora, nuovi stanziamenti straordinari per il settore dell’università e per quello, non meno importante, della ricerca. Auspichiamo che il ministero dell’Università e della Ricerca sia sensibile a questa tematica ed elabori un piano nazionale per aumentare lo spazio e le dotazioni per le aule e per i laboratori, così da riuscire ad affrontare sia l’attuale fase di emergenza sia quella, prossima ventura, di convivenza con il virus.

Ancora, riteniamo decisivo che il ministero, insieme con le Regioni, appronti un percorso specifico e straordinario per gli studenti così da garantire il diritto allo studio (borse, alloggi). Una particolare attenzione andrebbe rivolta agli studenti fuori sede, molti dei quali stanno continuando a pagare l’affitto, senza potere usufruire dell’abitazione, e hanno bisogno di un orizzonte il più possibile sicuro per programmare il proprio immediato futuro

Una menzione a parte meritano le operazioni nazionali della VQR e dell’ASN, perché coinvolgono, come per la didattica, ovviamente in maniera e per qualità diverse, atenei, dipartimenti, singoli docenti e ricercatori, nel primo caso per gli avanzamenti di carriera e/o nel secondo per il reclutamento e l’immissione nell’Università.

1) Valutazione della ricerca (VQR)

Va nella direzione giusta il rinvio della scadenza fissata per il completamento dell’intera procedura di Valutazione della Ricerca (VQR). Tuttavia, la “criticità” di una tale attività, complicata, pesante, elefantiaca, che serve per assegnare una parte di finanziamenti ad Atenei e Dipartimenti, e che vede impegnati, in maniera non automatica, nel senso di telematica, tutti i docenti e ricercatori, personale TA, comitati nazionali di valutatori, esperti esterni, etc., richiede un grande dispendio, non solo economico, ma anche di energie, di pensiero e di interazione tra i ricercatori dei Dipartimenti e dell’Ateneo, per decidere come scegliere i prodotti da indicare; in molti Atenei ci sono un comitato a livello centrale e comitati a livello di Dipartimento a contatto e in stretta collaborazione tra i vari ricercatori; la capacità di interazione, nella drammatica situazione che stiamo vivendo, è ovviamente minore e il tempo che serve di gran lunga maggiore (sbagliando a interpretare un comma o un rigo, ad esempio, si rischia una perdita di punteggio e quindi di finanziamenti per l’università).

Una ragionevole proposta (ancorché non precludente una futura discussione sulle modalità della VQR, e una riflessione/modifica sull’uso che poi se ne fa, un ripensamento radicale di ruolo e funzioni dell’ANVUR, questioni, tutte, che noi auspichiamo) avrebbe potuto essere un rinvio di 12 mesi, trasformando la valutazione “anni 2015-2019”, in valutazione “anni 2015-2020”, garantendo serenità e possibilità di riflessione e di interazione a Dipartimenti e ricercatori.

2) Abilitazione scientifica nazionale (ASN)

Per quanto riguarda l’ASN, che è stata soltanto posticipata di un paio di mesi nelle sue deadline fondamentali, e che rappresenta una questione delicata in quanto coinvolge legittime aspettative di reclutamento e/o di avanzamento di carriera da parte di migliaia di ricercatori e di docenti, riteniamo che un rinvio più significativo (6-9 mesi) o l’indizione di una ulteriore sessione straordinaria  garantirebbe a tutti i candidati una maggiore serenità e possibilità effettiva, in una simile situazione di emergenza, per raggiungere le soglie e i parametri stabiliti dalle Commissioni relative ai vari settori concorsuali.

3) Altre questioni

Dovrebbero essere prese in considerazioni altre questioni:

  • la proroga delle borse di studio degli studenti di dottorato, impossibilitati – ad esempio – a svolgere periodi di tirocini all’estero (ormai obbligatori per quasi tutti i dottorati) o in azienda (per i dottorati industriali). È utile ricordare che queste misure, con forma e modulazione diverse, sono chieste dal CNSU, dal presidente CUN, da associazioni come ADI, etc.;
  • la proroga dei contratti di assegnisti e di ricercatori a tempo determinato eventualmente impossibilitati a portare a termine i loro programmi di ricerca per difficoltà oggettive, quali la chiusura di laboratori, archivi e biblioteche.

Tali questioni che andrebbero affrontate e risolte nell’interesse dei giovani studiosi oltre che per continuare a garantire in modo efficace la qualità della ricerca e della didattica nelle nostre università.