Pubblicato su Il Riformista
di Arturo Scotto
La destra non vuole il salario minimo perché pensa che una qualsiasi forma di regolazione per legge metta le briglie al mercato del lavoro. Vuole invece le mani libere per far competere il nostro paese sul livello più basso della competizione globale: quello sul costo del lavoro e dei diritti sociali.
D’altra parte le prime misure della destra parlano chiaro su quale sia l’orientamento sulla qualità del lavoro: liberalizzazione dei contratti a termine, ricorso ai subappalti a cascata indebolendo la clausola sociale, innalzamento dei voucher. Insomma, una scommessa sul lavoro povero.
Il governo si nasconde dietro il principio del primato della contrattazione collettiva – benvenuti nella modernità! – e spiega che questa scelta spingerebbe i salari a un livellamento verso il basso. Dimentica che ci sono 4 milioni di lavoratori con tutele contrattuali sotto i 9 euro e che non sembra che si apra – sotto impulso di questa destra al governo – una nuova stagione di aumenti salariali.
D’altra parte il Def parla chiaro: se ne parla dopo e solo collegandola all’incremento della produttività del lavoro. Dunque, aspetta e spera.
Eppure ci sono contratti non rinnovati da dieci anni soprattutto nella logistica e nei servizi nonché lo scandaloso ritardo nel rinnovo del contratto del Pubblico impiego dove sono in ballo 3,2 milioni di addetti che hanno perduto potere di acquisto rispetto alla esplosione dell’inflazione reale. Serve dunque una scossa e il salario minimo rappresenta questa opportunità. Ovviamente va accompagnata da una vera legge sulla rappresentanza che garantisca la validità degli accordi sottoscritti dai sindacati più rappresentativi e che cancelli la vergogna dei contratti pirata.
Siamo riusciti ad aprire una breccia in commissione lavoro della camera dei deputati ed entro fine giugno il provvedimento arriverà in aula. Nel frattempo stanno terminando le audizioni: si è aperta una finestra positiva con il sì di Cgil e Uil, mentre la Cisl appare fredda su questa misura.
Noi crediamo che occorra un lavoro comune delle opposizioni per arrivare a un testo unico visto che tutti condividono l’idea di un salario minimo legale per legge. Sarebbe un segnale importante di compattezza e di lungimiranza che il cammino faticoso della costruzione dell’alternativa parta da una grande questione sociale che riguarda innanzitutto le giovani generazioni che cominciano a dire in maniera chiara che non si può lavorare sotto una certa soglia. Perché sotto i 9 curo l’ora non lavoro ma è sfruttamento.