di Luca Pons
Il salario minimo è il primo tema su cui quasi tutti i partiti dell’opposizione hanno trovato un accordo, presentando una proposta di legge per una paga minima legale di nove euro lordi all’ora. Il governo Meloni ha già chiarito di essere contrario, ma la proposta arriverà in Aula a fine luglio e la minoranza si è detta pronta a dare battaglia. Arturo Scotto, capogruppo del Pd nella commissione Lavoro della Camera – dove il ddl è in discussione – ha risposto a Fanpage.it sulla proposta e sul futuro dell’opposizione.
Partiamo con una domanda sul caso della ministra Santanchè, che avrebbe mentito in Senato, secondo quanto rivelato da Report. Questo cambia la sua situazione?
L’ineffabile Santanchè per anni ha fatto la lezioncina morale ai giovani che stavano sul divano, dicendo che se percepivano il reddito di cittadinanza prendevano una sorta di paghetta di Stato. Poi scopriamo, alla luce di un’inchiesta giornalistica, che prendeva i soldi dei contribuenti attraverso la cassa Covid, e poi faceva comunque lavorare i propri dipendenti. In qualsiasi altro Paese del mondo, le dimissioni sarebbero state istantanee.
Sul salario minimo avete presentato una proposta di legge che sarà in Aula il 28 luglio. Quello sarà l’inizio del dibattito, ma quando ci si può aspettare che arrivi un voto o una decisione?
Le opposizioni stanno insieme su una battaglia specifica, ed è un fatto molto importante. La destra deve risponderci su un punto: considera normale, civile, democratico – in un Paese che rappresenta la sesta potenza industriale al mondo – lavorare per tre o quattro euro l’ora? Se ci dice ‘abbiamo bisogno di riflettere’ sta mentendo, perché rispetto a questi dati, rispetto a tre milioni di persone che lavorano sotto i nove euro lordi l’ora, la risposta dovrebbe essere immediata: introduciamo il salario minimo, come nel resto dell’Europa. La destra probabilmente dirà di no. Sarà un’occasione sprecata per il Paese, ma sarà la conferma del cinismo politico e sociale di questa compagine di governo.
Il governo Meloni ha già risposto sul salario minimo. Da una parte dicendo che non serve, e bisogna puntare sui contratti collettivi. Dall’altra istituendo il taglio del cuneo fiscale, partito proprio questo mese, che comunque un aumento in busta paga per i dipendenti lo porta. Perché è meglio avere un salario minimo legale?
Ma intanto la Meloni quando parla dei contratti dovrebbe innanzitutto dire quando decide di rinnovarli. Perché qui parliamo di 6,8 milioni di lavoratori e lavoratrici di questo Paese che aspettano ancora il contratto. Il pubblico impiego, che è di sua diretta competenza, lo aspetta da quasi due anni. Dunque vuole puntare sulla contrattazione collettiva? Rinnovi i contratti e soprattutto li adegui a un tasso di inflazione pazzesco. Ci sono Paesi europei che il che il salario minimo ce l’hanno e hanno anche una contrattazione di qualità. Pensiamo alla Germania, dove il salario minimo è a dodici euro. eppure il sindacato contratta meglio. Il taglio del cuneo fiscale – meglio sarebbe dire ‘taglietto’ del cuneo fiscale – dura tre mesi e non è strutturale. Ci vogliono 10 miliardi per farlo.
L’accordo sul salario minimo ha raccolto quasi tutte le opposizioni (manca Italia viva di Matteo Renzi) su un punto specifico. È questo è il modello per il futuro dell’opposizione in questa legislatura?
Renzi risponde di se stesso. Ho l’impressione che su questa partita sia valsa un po’ la massima morettiana: “Mi si nota di più se vengo e sto in disparte o se non vengo proprio?”. Ha deciso di non venire, ce ne faremo una ragione. D’altra parte mi pare che le idee sul lavoro di Matteo Renzi siano molto più simili a quelle del centrodestra. Dalle opposizioni questo accordo non delinea nessuna coalizione nel futuro. È presto, ma comincia ad essere un mattoncino per l’alternativa. Perché noi l’alternativa alla destra sovranista, che ha cavalcato la questione sociale soffiando sulle paure e alimentando la guerra dei penultimi contro gli ultimi, quella alternativa noi la costruiamo se abbiamo un programma sociale forte. Che parli alla parte della società che nel corso degli ultimi anni ha perso salario, potere d’acquisto, diritti e persino, se posso dire, un po’ di felicità.
Giuseppe Conte ha detto a Fanpage.it che non approvare il salario minimo durante il suo ultimo governo è uno dei suoi rimpianti. Oggi che vi trovate all’opposizione, si può dire che quella è stata un’occasione sprecata anche dal Pd?
È stata un’occasione sprecata un po da tutti. Purtroppo il governo Conte fu interrotto prematuramente. Quel governo aveva un tavolo avviato sul salario minimo. Così come fu sbagliato far cadere il governo Draghi qualche mese dopo, visto che il ministro Orlando, allora ministro del Lavoro, aveva convocato un tavolo con le parti sociali dove al centro c’era l’istituzione del salario minimo legale. Si può dire che c’è una novità: condividiamo tutti una stessa impostazione e dobbiamo portarla in Parlamento, ma soprattutto al Paese nelle prossime settimane.
La cifra che avete proposte di nove euro l’ora lordi era la stessa cifra di cui si parlava nelle proposte di un anno fa. Però nell’ultimo anno l’inflazione ha alzato i prezzi e ha ridotto il potere d’acquisto. Oggi quella soglia è sufficiente?
Parliamo di salario minimo, minimo. E qui parliamo del minimo orario. E poi c’è tutto il salario: la tredicesima, la quattordicesima, le malattie, le ferie, il Tfr, il salario accessorio e la contrattazione di secondo livello. Tutto questo è lo spazio della contrattazione. D’altra parte la cifra sta in media con l’Europa e persino grandi istituti come l’Istat e altri hanno certificato che quella soglia è quella che si avvicina di più all’idea di salario minimo.
Un’ultima domanda su un altro tema di attualità, il Pnrr. Per l’Italia la terza rata doveva arrivare a febbraio, la quarta doveva essere richiesta entro giugno e invece di entrambe non si sa ancora nulla. Di fronte a questi ritardi il governo cosa dovrebbe fare?
Intanto c’è un elemento di incapacità. Perché la guida sul Pnrr è poco sicura. Poi c’è un elemento ideologico: la compagine di governo di Giorgia Meloni non condivide gli obiettivi di fondo del Next generation Eu. Perché considerano la polemica sui cambiamenti climatici una sorta di stregoneria di qualche visionario. Sono contrari all’investimento sulle giovani generazioni giovani e sulle donne. Sono contro la riduzione dei divari territoriali. Abbiamo perso la terza rata, siamo in un ritardo clamoroso, ce lo dice l’Europa. In quella terza rata c’erano gli studentati, ma dentro c’è anche la grande questione degli asili nido. Il Next generation Eu ha un obiettivo fondamentale: accorciare le distanze di genere, di generazione, territoriali. L’Italia ha avuto tante risorse per questo. Meloni ci sta sputando sopra perché pensa che sia una perdita di tempo.