Intervista a La Stampa
di Antonio Bravetti
Sabato il «ricongiungimento» tra Pd e Articolo Uno. Tre giorni dopo, alla Camera, in due non votano il decreto per le armi all’Ucraina, in dissenso dal gruppo. Uno è il coordinatore di Articolo Uno Arturo Scotto: «Nessuno può chiederci il permesso di soggiorno».
Il ricongiungimento è fallito?
«Non c’entra niente il posizionamento congressuale, è una posizione politica: dobbiamo parlare con lo straordinario mondo della pace che si è mobilitato negli ultimi mesi».
Non lo fa già Conte?
«Lui prova a occupare uno spazio tradizionalmente di sinistra. È legittima lotta politica».
C’è chi dice che se al congresso perdete, il giorno dopo fate la scissione.
«Fesserie. Oggi l’unità è più importante delle differenze. Il nostro non è un semplice rientro, ci iscriveremo al nuovo Pd».
Anche a quello di Bonaccini?
«Non credo sia per un invio infinito di armi, no? Nel nuovo Pd si entra per convinzione e senza permesso di soggiorno. Ciascuno e ciascuna ha il diritto di opinione, come quelli che c’erano prima e quelli che verranno dopo».
Niente “cosa rossa” con Conte?
«Quella con Conte è un’alleanza da ricostruire, ma non mi pare sia interessato a una “cosa rossa”. E nemmeno io».
Perché lei e Stumpo non avete votato il decreto?
«Siamo di fronte a un’escalation sempre maggiore. Vincere contro una potenza nucleare non è possibile, a meno che si metta in conto l’Armageddon».
Vi smarcate, come Rossi e Turigliatto che nel 2008 fecero cadere il governo Prodi?
«Ridicolo. Io e Stumpo non siamo Rossi e Turigliatto. Di solito l’estremismo è una malattia infantile del comunismo: non ce l’avevo a 27 anni, quando da parlamentare votai sempre la fiducia al governo Prodi, figuriamoci oggi che ne ho 45».
Eppure Enrico Borghi vi accusa di radicalismo salottiero.
«La mia storia è quella di uomo della sinistra di governo. Non ho mai militato in formazioni radicali o estremiste. Sono stupito che un uomo dell’intelligenza di Borghi si limiti a fare caricature invece di accettare che a sinistra si apra un dibattito sulla pace. La pace per me è una politica, non una questione di anime belle».