Arturo Scotto

Scotto: nel Pd critiche a Renzi ma non al renzismo. Serve una rottura vera

Politica e Primo piano

Intervista a Il Dubbio

di Rocco Vazzana

«Ci troviamo di fronte a una precipitazione del dibattito intemo al Pd, sembra che il vero congresso si sia aperto adesso, dopo le Amministrative». Arturo Scotto, deputato di Mdp, commenta così il “fuoco amico” che in queste ore sta colpendo Matteo Renzi. «Evidentemente le primarie sono state, come prevedibile, solo un’investitura, ma i nodi politici non sono mai affrontati né sciolti e adesso vengono al pettine».

Certo, ma non trova strano che Veltroni, l’inventore del Pd autosufficiente, ora chieda a Renzi di cambiare passo per evitare l’isolamento?

Veltroni dice una cosa molto importante quando sostiene che il suo partito si è trasformato in una sorta di Margherita perché nei fatti parla della fine del progetto del Pd. È chiaro che anche Veltroni commise un grave errore politico insistendo su una vocazione maggioritaria che produsse solo il deserto.

A prendere le distanze da Renzi è anche Dario Franceschini, che ha sostenuto l’ex premier al congresso di pochi mesi fa. Sono critiche fuori tempo massimo?

È una critica che arriva all’indomani di una sconfitta elettorale, ma sul piano politico ho l’impressione che non ci sia una presa di distanza dai contenuti del renzismo, a partire dalle politiche economiche. Si contrasta solo l’idea di un partito autosufficiente ma sulla sostanza nessuno dice niente. Il nuovo centrosinistra può nascere solo su una rottura.

Pisapia fino a poco tempo sembrava molto disponibile a un dialogo con Renzi. Sicuri che il suo progetto sia in discontinuità col passato?

Non avrebbe senso se non lo fosse. Sabato lanceremo il nostro progetto per il Paese con alcune ricette chiare: occorre cambiare il Jobs Act che ha precarizzato ulteriormente il mercato del lavoro, così come occorre cambiare la “Buona scuola” che ha allargato la frattura tra il centrosinistra e gli insegnanti, umiliandoli e mettendoli sotto lo scacco di un’idea manageriale della formazione.

Cosa cambia per l’universo a sinistra del Pd se Renzi si indebolisce?

Cambia la determinazione con cui dobbiamo costruire un’alleanza per il cambiamento. Abbiamo la possibilità di aggredire uno spazio politico, ma ci vuole determinazione e consapevolezza dell’autonomia di questo progetto rispetto al Partito democratico di Renzi.

Non ci sono più margini di manovra per immaginare un’alleanza con i dem?

Mi auguro che i compagni del Pd che pongono la questione del dialogo con la sinistra riescano a far valere la loro posizione, costruendo dei ponti. Tuttavia, per noi la priorità è rafforzare il nostro progetto e farlo decollare.

Oggettivamente, però, è complicato costruire ponti con chi non riconosce la leadership del Pd…

Il tema non è la leadership ma un giudizio su questi anni, per noi costellati da errori strategici. Le alleanze si costruiscono non sulle geometrie, ma sui programmi.

Dunque, finché Renzi resterà segretario sarà impossibile aprire un dialogo?

Non siamo noi a scegliere il segretario del Pd. Per me conta il merito e mi sembra che siamo molto lontani da una revisione critica.

Cosa nascerà il primo luglio in piazza con Pisapia?

Inizia il riscatto di un popolo che negli ultimi anni si è sentito abbandonato da un partito che si era presentato alle elezioni con il programma di “Italia bene comune” e che durante la legislatura ha applicato le ricette opposte. Vogliamo rimettere in campo quello spirito autentico di una forza democratica e progressista. Ma la nostra piazza dovrà essere aperta anche a chi, da sinistra, esprime dubbi rispetto alla nostra operazione, a chi ha organizzato l’iniziativa del teatro Brancaccio.

Obiettivo: “rubare” l’elettorato al Pd?

Noi facciamo semplicemente appello a chi pensa ci sia bisogno di una sinistra di governo in questo Paese.