Rossi: tra noi e il Pd non è questione di nomi, rinneghino prima il Jobs act

Politica e Primo piano

Intervista al Mattino

di Federica Fantozzi

«Credo più probabile un’alleanza con il Pd dopo il voto. Renzi deve farsi da parte? Non è questione di nomi, ma difficilmente potrà essere lui l’alfiere di una svolta profonda». Enrico Rossi, governatore della Toscana, ha appena lasciato la direzione di Mdp.

Qual è la vostra analisi del voto in Sicilia?

«Quello che è successo in Sicilia è grave ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Si ribadisce una tendenza che dal 2015 va avanti nelle urne: la polarità tra destra e M5S che tende a crescere. Dall’analisi dei flussi tra Micari e Cancelleri si vede che se il voto non è legato a preferenze personali ma libero, il marchio Cinquestelle cresce. Si votano i candidati, ma se il voto è politico vincono i grillini».

Con il Rosatellum il voto disgiunto non c’è. E i grillini in Sicilia non hanno vinto.

«Resta il voto politico. E si è già vista questa tendenza al bipolarismo nelle Comunali: in Sicilia è normale che vinca il centrodestra, sebbene il centrosinistra dovrebbe arrivare secondo e non terzo, ma a Ostia? Abbiamo perso in questi anni Torino, Roma, La Spezia, Genova, Arezzo, Sesto Fiorentino, e potrei continuare».

Tutta colpa del Pd?

«In tempo utile avevamo chiesto un congresso e ci hanno preso a calci».

Renzi è sotto assedio. Deve farsi da parte, secondo lei?

«Il Pd discuta e si presenti con un programma economico e sociale diverso da quello perseguito finora. Non ne facciamo una questione di nomi, anche se difficilmente Renzi potrà essere l’alfiere di una svolta che riguardi scuola, lavoro, sanità. Ma ripeto: devono decidere loro. L’importante è che sia un cambio di rotta profondo e non un grido di “al lupo” contro il centrodestra e i populismi. Essi non vincono da oggi, vincevano già ieri: chi non se ne è accorto ha commesso un errore madornale».

Con Gentiloni il dialogo è più proficuo?

«Quel signore ha votato con Alfano e Verdini, ha proposto i voucher e ha messo la fiducia sulla legge elettorale».

In Sicilia però nemmeno Mdp può gioire: è scesa al 5,3%, arrivando quarta e prendendo un solo consigliere. È andata male?

«Benino. Esistiamo. Fava ha preso il 6% e abbiamo fatto solo un mese e mezzo di campagna elettorale. Nel 2012 c’ era l’IdV, adesso almeno è un voto di sinistra…».

Davvero non vi aspettavate di più?

«Ce lo dicevano i sondaggi, ma questo è un risultato di partenza. Ci dice che la sinistra unita al civismo e a personalità moderate può ambire a risultati a due cifre. Se fossimo andati con il Pd avremmo preso 1’1,5%. C’è un problema di sovrapponibilità dell’elettorato: così rendiamo un servizio alla democrazia e al centrosinistra».

La mano tesa del Pd è che ognuno corra con il proprio leader e l’eventuale premier si decide dopo. Farete la coalizione?

«Vedremo i programmi. A mio avviso, è più probabile che le alleanze si faranno dopo il voto. Al punto in cui siamo temo che farle adesso non convenga né al Pd né a una forza di sinistra civica di cui vedo lo spazio. Detto questo, non escludo nulla».

E se alla fine il risultato della separazione a sinistra fosse proprio la vittoria del centrodestra?

«Quando denunciavamo quello che sarebbe accaduto eravamo i gufi. A Pistoia, Genova, Torino, eravamo uniti ma Renzi ci ha messo in condizioni di perdere. Abbiamo perso anche il referendum costituzionale, dove io sono stato così bischero da votare Sì».

A quel punto il Pd non era già più unito, come si è visto poco dopo. Pentito di avere votato Sì?

«Non sono pentito del voto bensì di non essere uscito prima dal partito. La misura era il Jobs Act che ha fatto un danno irreparabile ai nostri ragazzi».

Il leader Mdp sarà il presidente del Senato Pietro Grasso?

«Ci starebbe bene. È una personalità di alto livello che può dare un contributo per cambiare il Paese».

Insomma, l’affiato coalizionalista del Pd non la convince?

«Non possono assillarci con questa questione. Non servono tatticismi, alchimie politiche o scambi di figurine: la gente si sentirebbe presa in giro. Dico che noi non siamo pericolosi estremisti e il Pd non è il nemico: rispettiamo il loro travaglio. Decidano, noi ci siamo».