Pubblicato su Huffington Post
di Pier Antonio Panzeri
Prima di chiudere per la pausa estiva, la Camera dei Deputati, attraverso una risoluzione “bipartisan” della Commissione Esteri, è tornata sui propri passi rispetto ad una precedente pronuncia che aveva imposto il ritiro delle autorizzazioni, già approvate, alla vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti, auspicando la revoca dell’embargo.
In modo esplicito, la Commissione “esprime valutazione favorevole alla rivitalizzazione della cooperazione politica, economica e militare con gli Eau”. Niente di meno.
Intendiamoci non ci sono evidenti ragioni che giustifichino tale cambiamento strategico, anzi: gli emiri non hanno instaurato la democrazia, né cessato di operare come potenza regionale in alcuni dei teatri di guerra più spinosi, in molti casi in aperto conflitto con gli interessi italiani dell’area. Basti pensare al loro sostegno militare ed economico al generale Haftar, nemico giurato del governo libico, con il quale il governo Draghi intrattiene i più cordiali rapporti, il loro impegno in Yemen, il loro sostegno alla repressione in corso in Etiopia, il loro appoggio al governo militare sudanese e via discorrendo.
Il cambio a centottanta gradi della posizione italiana è frutto – ahimé – dell’abile politica ricattatoria del leader emiratino Mohammed bin Zayed che, considerando la decisione italiana un inammissibile atto ostile, ha dato vita a piccole e grandi ritorsioni che, in pochi mesi, hanno convinto la maggioranza governativa e la Farnesina che era meglio cambiar registro.
Sono bastati così alcuni ostacoli all’import-export, la chiusura della base aerea in cui l’Aeronautica faceva fare scalo ai velivoli in transito per Kuwait, Iraq e Afghanistan e il divieto di sorvolo degli Emirati ad un aereo carico di giornalisti in volo per Herat per allarmare, creando così le condizioni per questa poco decorosa marcia indietro.
Eppure, la decisione precedente del Parlamento si basava su elementi incontrovertibili: anche se ufficialmente gli EAU si sono ritirati dalla coalizione a guida saudita che da anni guerreggia in Yemen, con pesanti conseguenze per la popolazione civile, tutti sanno che sono emiratine le armi con le quali si uccidono quotidianamente donne e bambini, inoltre, con la decisione di ritirare le nostre truppe dall’Afghanistan, vengono in buona parte meno le ragioni strategiche di una base d’appoggio nella regione.
Insomma, nulla giustifica il cambio di passo, che getta invece un’ombra pesante sulla nostra capacità di far prevalere alcuni principi cardine che dovrebbero guidar la politica estera di un paese democratico. Un paese che dovrebbe difendere e tutelare i diritti umani dando priorità a questi valori, piuttosto che ai soliti interessi di bottega
Inoltre, farsi mettere i piedi in testa dagli emiri del Golfo, è semplicemente inaccettabile. Non è questa la politica che dovrebbe seguire l’Italia.