di Antonio Panzeri
Mentre il consiglio esecutivo del Fondo monetario internazionale si riunirà alla fine del mese per approvare un prestito di 5.2 miliardi di dollari all’Egitto e si annunciano misure di austerità per gli egiziani, il regime di Al Sisi è riuscito nell’impresa di acquistare due fregate Fremm da Fincantieri per un valore stimato attorno a 1.2 miliardi di euro. Le due fregate erano state inizialmente costruite per la marina militare italiana che ora dovrà attendere più a lungo, in quanto il governo italiano sembra aver dato l’assenso alla vendita all’Egitto.
Secondo le notizie riportate dalla stampa qualche giorno fa, l’accordo finale è stato raggiunto 48 ore dopo una telefonata tra il primo ministro italiano e il leader egiziano Al Sisi. Ironia della sorte, questa telefonata è stata formalmente “venduta” come occasione per parlare della vicenda libica e del caso Regeni.
L’Egitto è il terzo importatore di armi al mondo. In questo quadro la vendita delle due fregate e di altro materiale bellico non è solo una beffa, ma descrive bene il paradosso politico italiano.
Da un lato emerge un’assenza totale di sensibilità politica: da tempo è stata richiesta dopo l’omicidio di Giulio Regeni la verità, verità mai arrivata. Molte delle prove e delle testimonianze raccolte indicano che Giulio Regeni sia stato rapito, torturato e ucciso dalle forze di sicurezza egiziane, ma dalle autorità egiziane è prevalsa la riluttanza a collaborare con la giustizia italiana. Anche la vicenda dello studente dell’università di Bologna Patrick Zaky, detenuto in Egitto dallo scorso febbraio, ne è testimonianza.
Dall’altro lato emerge un totale disordine della politica estera italiana: nello scacchiere mediterraneo, e particolarmente attorno alla questione libica, Egitto e Italia non hanno le stesse posizioni. Al Sisi continua a foraggiare Haftar e l’Italia dovrebbe essere con il governo Al Serraj, l’unico riconosciuto dalle Nazioni Unite.
Ora, che si debba lavorare per la pace in Libia, rientrando nel “gioco” rapidamente è senza dubbio urgente, ma che in attesa che si produca tutto ciò, l’Italia venda armi a un paese che sta da un lato opposto del tavolo libico, sembra oggettivamente un comportamento stupido.
Ecco perché attorno a questa vicenda sono apparse giuste e doverose le critiche fatte all’operato del governo italiano e altrettanto chiaro l’imbarazzo di tanti che vedono piegati sull’altare di uno sciocco realismo politico i diritti umani.