di Simone Oggionni
La vicenda che ha visto protagonista la Curva Nord dell‘Inter sabato scorso è uno dei punti più bassi della storia del tifo organizzato degli ultimi anni.
In solidarietà con il pluri-pregiudiato capo ultras Vittorio Boiocchi, ucciso per un regolamento di conti all‘interno della malavita milanese, altri suoi sodali al vertice dei gruppi che gestiscono la Curva hanno costretto quasi 8000 persone a svuotare il secondo anello verde durante la partita Inter-Sampdoria, usando minacce verbali e fisiche, anche nei confronti di famiglie e bambini.
Non è necessario frequentare la Curva per sapere come funziona la giostra: ciò che è accaduto era prevedibile ed è solo l‘ultimo di una serie di episodi intollerabili.
La società – lo dico da tifoso – ha ora la straordinaria opportunità di tagliare il cordone ombelicale che la vede legata a questo manipolo di capi ultras, a loro volta legati indissolubilmente a settori di criminalità e ad ambienti politici della destra eversiva. Deve interrompere qualsiasi rapporto di qualsiasi tipo con questi personaggi, vietando loro ogni privilegio, ogni legittimazione, ogni attestazione di ruolo e di status. Deve costituirsi parte civile nell‘eventuale processo che dovesse iniziare sulla base delle evidenze ricostruite dagli inquirenti in questi giorni. Deve denunciare a sua volta tutti gli episodi minacciosi ed estorsivi subiti in questi anni o di cui è a conoscenza. Deve chiedere provvedimenti severi contro i responsabili di questi fatti (Daspo immediato e definitivo per tutti i coinvolti) e promuovere una vera e propria rivoluzione culturale nel tifo.
Come? Suggerisco per esempio due strade, da percorrere insieme.
Valorizzando innanzitutto gli Inter Club, che sono la spina dorsale di un tifo altrettanto appassionato ma civile, a misura di famiglie, distante anni luce da logiche di reclutamento politico estremista e violento. E abbassando al contempo i prezzi di altri settori, perché è evidente che la curva è luogo frequentato da migliaia di giovani anche perché è il più accessibile in termini economici. Mi pare ovvio che non ci si possa permettere di trasformare i settori più popolari dello stadio in zone franche nelle quali tutto è concesso.
Ma si badi bene, il problema non è solo dell’Inter, della sua curva e della società. La sequenza di capi tifosi pregiudicati e coinvolti in affari criminali, dal traffico di droga allo strozzinaggio, dal pizzo alle scommesse ad altri racket è lunghissima e attraversa l’Italia intera.
Il problema allora è la connivenza delle società, del sistema calcio italiano e di una politica che conosce tutto e non interviene.
Qualcuno scrive che per per salvare il calcio occorrerebbe chiudere le curve, agire in forma semplicemente repressiva. Non sono d’accordo. Per salvare il calcio occorre rivoluzionare le curve. Non chiuderle, ma cambiarle, trasformarle in luoghi di aggregazione e ricreazione, nei quali i valori della solidarietà, della condivisione e dello sport siano trasmessi nel rifiuto di qualunque forma di prevaricazione e violenza.
Servirebbe una legge quadro sul calcio e sulla gestione degli stadi che normi i rapporti tra società e tifoserie. Servirebbero società inflessibili e attive, anche prima dell’intervento della politica. E servirebbe un nuovo protagonismo dei veri tifosi. Lo dico da interista: prendiamo le distanze, diciamo con nettezza che non siamo più disposti a tollerare episodi del genere e, al contempo, che siamo pronti a partecipare a un nuovo modello di curva, democratico, civile, partecipante, incompatibile con i fascismi e con le bestialità che da troppi anni subiamo.