di Simone Oggionni
Mentre Giorgia Meloni interveniva alla Camera sono arrivate, puntuali, le prime manganellate sugli studenti antifascisti. Mentre la neo-presidente parlava di “libertà”, a pochi chilometri da lei, alla Sapienza di Roma, arrivavano le prime cariche e i primi fermi. Spiacevoli coincidenze. Ma che governo sarà quello di Giorgia Meloni? Il suo discorso programmatico può essere riassunto in dieci punti, uno più preoccupante dell’altro.
- Totale e incondizionato sostegno all’Ucraina, a Zelensky e alla NATO nella conduzione della guerra. Nessun riferimento alla pace, al negoziato, alla diplomazia, al pericolo nucleare. Niente di niente. Sarà un governo atlantista e guerrafondaio.
- Riforma costituzionale in senso presidenziale. Si tenterà di far cambiare pelle alla nostra architettura istituzionale, cercando sponde nella nostra metà campo. Sarà bene non abboccare.
- Avanti sull’autonomia differenziata. È la cambiale da pagare alla Lega. Perché la Nazione va bene per le evocazioni del sangue, dello spirito e della terra, ma se occorre nei fatti dividerla tra ricchi e poveri uno strappo si può fare.
- La frase manifesto la pronuncia sul rapporto tra Stato e imprese: “Il motto di questo governo sarà: non disturbare chi vuole fare”. Non poteva dirlo più chiaramente. Zero Stato. Mano libera alle imprese e al libero gioco del mercato. È la giungla, bellezza. Si salvi chi può. Altro che destra popolare, è una destra liberista e classista, come sempre. Con il corollario dell’invocazione di nuove semplificazioni e deregolamentazioni.
- Togliere ai poveri per dare ai ricchi. Flat tax per gli autonomi fino a 100mila euro di fatturato e tregua fiscale (cioè condono) tanto per cominciare.
- Lotta al reddito di cittadinanza. Guerra ai poveri, non alla povertà. Come da programma.
- Scuola del Merito, come il nome del nuovo ministero, con la M rigorosamente maiuscola. Non del diritto allo studio, ma del privilegio. Perché il merito senza parità di condizioni non esiste. È un’illusione. È la formula con cui i benestanti e i garantiti fotografano il proprio privilegio, con cui mantengono ai margini chi per censo è nato ai margini. Povero Don Milani.
- Revisionismo storico. Non bastano le parole di circostanza sul fascismo e sulle leggi razziste. Perché quella che Meloni chiama “destra democratica” è stata per lunghi decenni protagonista diretta e indiretta di trame occulte, al confine con la violenza di piazza e l’eversione. Non so quali anni Settanta abbia visto Giorgia Meloni. Ma la storia non coincide con la memoria, men che meno con quella dei reduci del MSI.
- No mask, no green pass. Bordate a Roberto Speranza, promesse di commissioni d’inchiesta. Con questo governo una nuova ondata pandemica farebbe oggettivamente più paura.
- Blocco navale e difesa dei confini. Anche qui niente di nuovo sotto il sole. Lotta all’immigrazione e l’esaltazione di un ruolo italico nel Mediterraneo che, gratta gratta, nasconde il più vetusto approccio colonialista. Ci pensiamo noi laggiù in Africa, cominciando dagli hotspot per trattenere i migranti lontani dalle nostre coste.
Infine c’è il molto di cui non ha parlato, cioè i diritti civili, a partire dall’aborto. Stiamo a vedere. E nel frattempo cominciamo a fare opposizione.