La prossima manovra di bilancio per il 2018 deve superare le colonne d’Ercole dell’austerità europea. Anche se si verificasse nel 2017 la previsione del governo di una crescita di 1 punto, il divario con le altre principali economie europee si amplierebbe. Grande preoccupazione desta soprattutto la previsione di un tasso di disoccupazione dell’11,5% nel 2017 e mai sotto il 10% sino al 2020. Il Governo prevede inoltre una riduzione dei salari reali (-1,6 punti cumulati di scarto tra costo del lavoro e deflattore dei consumi dal 2017 al 2020) e la riduzione della quota di lavoro (misurata come forbice tra retribuzioni e produttività).
Ciò contraddice l’ambizione di incrementare i consumi e di avere una inflazione del 2%. Senza aumentare le retribuzioni non si scongiura il pericolo di deflazione, come ha detto giustamente anche il presidente della Bce.
Il rispetto dell’accordo del 30 novembre 2016 tra governo e sindacati per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, con le necessarie risorse finanziarie, è un impegno importante. Occorre una svolta rispetto alle politiche dell’austerità europea, centrata su maggiori investimenti pubblici ad alto moltiplicatore, in modo da stimolare la crescita e l’occupazione. Vanno privilegiati gli investimenti sotto soglia comunitaria degli enti territoriali per garantirne celerità ed efficacia. Continuare invece nelle politiche di riduzione della spesa pubblica e delle tasse non porta il Paese fuori dalla stagnazione e dalla deflazione. Per l’economia italiana le politiche dell’offerta sono inefficaci in quanto il problema è la carenza di domanda e non la rigidità dell’offerta. Il moltiplicatore degli investimenti è di 2-3 volte maggiore di quello della riduzione delle tasse che nei fatti è inferiore all’unità.
Per questo servirebbe un grande Piano del Lavoro e per l’Ambiente finanziato con investimenti pari almeno allo 0,5% del PIL (circa 8 miliardi di euro per 3 anni). Gli investimenti dovrebbero interessare la cura e la manutenzione delle città e dei territori, la prevenzione del rischio sismico, il dissesto idrogeologico, la viabilità minore, le bonifiche dei siti inquinati e dovrebbero essere gestiti da comuni, province e regioni. Andrebbe garantita la clausola Ciampi, riservando il 45% al Mezzogiorno. Occorre rimettere al centro delle politiche pubbliche il lavoro e la sua promozione.
La Carta dei diritti universali proposta come legge di iniziativa popolare dalla CGIL, e incardinata alla Camera dei Deputati, su proposta del gruppo parlamentare di Articolo 1 MDP, è un altro tassello di una moderna strategia di valorizzazione del lavoro.
(Gianni Melilla, capogruppo di Articolo 1 – Mdp in commissione Bilancio della Camera)