di Massimo Franchi
Maria Cecilia Guerra, ex sottosegretaria all’Economia nei governi Conte due e Draghi e attualmente deputata di Articolo Uno, lei ha denunciato come la legge di bilancio non elimina affatto l’obbligo per i venditori ad accettare i pagamenti con carte.
Sì, volevo sottolineare la mancanza di trasparenza e la narrazione totalmente falsa di questa, come di tante altre norme inserite in una manovra piena di ingiustizie. Si sostiene che è stato tolto l’obbligo di accettare pagamenti con il Pos sopra i 60 euro e invece si è semplicemente tolta la sanzione a chi non accetta i pagamenti. Ma così facendo si crea tensione tra esercenti e cittadini che non riescono a far valere il loro diritto a pagare con carte di credito e sono costretti a girare con i contanti.
Ci sono altre norme di questo tipo, sul tetto al contante o sui condoni che vengono spiegate con motivazioni quanto meno discutibili.
Ho sentito sia il viceministro all’Economia Leo sia il vicepremier Antonio Tajani spiegare l’innalzamento del tetto al contante a 5mila euro sostenendo che i turisti non sono abituati a non pagare con i contanti. La verità invece è che i turisti già oggi hanno un tetto di 15 mila euro. Oppure si dice che togliere il tetto al contante fa migliorare l’economia. Niente di più falso: quando nel 2016 il governo Renzi lo triplicò da mille a tremila euro non c’è stato alcun aumento di vendite, anche di prodotti di alto costo. Mentre invece ci sono studi della Bankitalia e dell’Upb che dimostrano che quando è stato aumentato il tetto al contante è aumentata l’evasione e l’economia non osservata, sommersa. Per non parlare del condono, sostenendo che «la gente non può pagare» ma non condizionandolo ad alcuna verifica dell’effettiva difficoltà economica: su questo ho discusso con Giorgetti in audizione.
Nel frattempo si è scoperto che nella legge di bilancio c’è un forte abbassamento delle tasse sui patrimoni – dal 26 al 14% – per far cassa – si stima 1,5 miliardi nel 2023 – dando la possibilità di pagare subito entro giugno.
È una materia complessa: gli articoli 26 e 27 prevedono la possibilità di rivalutare il costo di acquisto di un bene o di una attività finanziaria e quindi fare emergere una plusvalenza al 31 dicembre 2022 pagando un’imposta molto più bassa di quella ordinaria. Da quel momento in poi le plusvalenze saranno calcolate sul nuovo valore. È uno sconto fiscale molto significativo che ha due effetti molto forti sull’erario: un immediato effetto di cassa con gettito a giugno ma al tempo stesso una perdita negli anni futuri, molto più grande. Sono modalità per fare cassa subito, usate anche nel passato ad esempio su terreni e partecipazioni di imprese non quotate. Ora però viene esteso ad attività che hanno tempi di realizzo più brevi e quindi il regalo fiscale è più grande.
Queste norme servono al governo per trovare risorse. La prima voce di entrate però è il taglio alla rivalutazione delle pensioni: 3,5 miliardi nel 2023, quasi 17 miliardi nel triennio. E le pensioni erano le uniche ad avere una minima difesa dall’inflazione. I salari non ne hanno alcuna.
Anche qua la narrazione è falsa. La premier dice: «Ho indicizzato le pensioni ma con un decalage». Ma non è vero: l’indicizzazione c’era già…
… in verità anche i governi di cui ha fatto parte hanno tagliato l’indicizzazione.
È vero, ma non si può sostenere che si fa redistribuzione perché si colpiscono pensioni neanche medie 1.700 euro nette. Se si vuole realmente redistribuire questa operazione la si faccia su tutti i redditi, non solo sulle pensioni. Anche perché stride che invece ad altre categorie si fanno veri regali come la flat tax, premiando soprattutto i professionisti con la partita Iva che avranno risparmi fiscali forti e permanenti. Senza dimenticare la flat fax incrementale che ci costerà 800 milioni nel 2024 per redditi ancora più alti e a soggetti a cui le cose vanno bene. E al tempo stesso si tolgono 734 milioni quest’anno e 1,734 miliardi dall’anno prossimo al capitolo povertà tagliando il Reddito di cittadinanza prima ai nuclei che non hanno disabili, anziani o figli minori e l’anno prossimo trasformando la misura con un Fondo comunque decurtato di un miliardo.
C’è infine il taglio sulla sanità che arriva a pandemia ancora non superata.
Sì, in termini nominali ci sono 2 miliardi in più sul Fondo sanitario nazionale che però non coprono neanche gli aumenti dell’energia ma non si tiene conto dell’aumento dell’inflazione che sarà al 6-8% sugli acquisti che produrranno un taglio in termini reali e in rapporto al Pil.
È iniziato il cammino parlamentare della legge di Bilancio. Lei è in commissione Bilancio: come opposizione quali emendamenti avete presentato? Qualcuno ha possibilità di essere approvato?
Purtroppo abbiamo dovuto fare molti emendamenti soppressivi perché ci sono norme inguardabili su tutti i temi: dal Reddito al fisco, dalle pensioni ai condoni. Un emendamento a cui tengo molto è quello sui Lep, i Livelli essenziali delle prestazioni: hanno inserito una norma in maniera surrettizia per una procedura per stabilire i livelli essenziali delle prestazioni per introdurre l’autonomia regionale differenziata. In realtà non c’è nessuna definizione dei Lep ma solo una codificazione dell’esistente con tutti i divari territoriali e le ingiustizie che ci sono. Noi invece proponiamo di trasformare questa «ricognizione» in una vera determinazione dei Lep in un processo vero, senza decreti che non passano per il parlamento.