Intervista a La Stampa
di Niccolò Carratelli
La delega fiscale? «Pessima, solo uno strumento per distribuire privilegi», dice Maria Cecilia Guerra, ex sottosegretaria all’Economia nei governi Conte 2 e Draghi e attuale responsabile Lavoro nella segreteria del Pd.
Quali sono gli aspetti più negativi?
«La totale mancanza di un disegno razionale per un prelievo ispirato a principi di equità. L’introduzione di nuovi regimi speciali, che sottraggono altri redditi alla progressività e violano il principio di equità orizzontale: a parità di reddito si deve pagare la stessa imposta. C’è una chiara discriminazione ai danni di lavoratori dipendenti e pensionati».
C’è anche una chiara visione politica dietro, però…
«Certo, la concezione del fisco non come strumento per finanziare in modo equilibrato le casse pubbliche, con una distribuzione equa degli oneri fiscali, ma come un sistema per concedere favori a questa o quella categoria. Si segue una logica corporativa, basata su calcoli elettorali e animata da una fortissima ipocrisia, cioè dalla consapevolezza che qualcuno sosterrà comunque il sistema fiscale».
Quelli che le tasse le pagano fino all’ultimo centesimo, giusto?
«Per me la cosa più assurda è che lavoratori dipendenti e pensionati siano gli unici che versano una parte del loro reddito a regioni e comuni, gli altri le addizionali Irpef non sanno nemmeno cosa siano. Ma godono degli stessi servizi, garantiti grazie a quelle tasse».
A proposito di servizi, con le riduzioni fiscali annunciate saranno a rischio?
«Le promesse contenute nella delega, se realizzate, renderebbero insostenibile il nostro sistema di welfare. La verità è che non possono tagliare cosi le tasse senza incidere anche sulla sanità o sulla scuola. E la flat tax per tutti non la faranno perché non hanno i soldi».
Anche perché con la storia del fisco amico si rinuncia a recuperare parte dell’evasione, no?
«Il fisco amico è una bella parola, è giusto andare incontro ai contribuenti con regole più chiare, ma proprio per questo sfido chiunque a spiegare bene il sistema che hanno ideato. Guardi, il messaggio sull’evasione è chiaro: espressioni pesanti come il “pizzo di Stato” e il “contribuente vessato” trovano in questa delega una conferma. L’obiettivo è offrire più spazi per liberarsi dai controlli ed evitare le sanzioni».
E chi davvero non è in condizioni di pagare le tasse?
«Va aiutato, con rateizzazioni e altro, ma solo dopo aver verificato davvero che sia in una condizione di difficoltà tale da non poter adempiere agli obblighi fiscali».
Del resto, su accertamento e riscossione l’approccio diventa più morbido.
«La riscossione ne esce devastata, viene fatta una pianificazione basata su criteri selettivi per cui, anche a fronte di crediti sicuri, lo Stato rinuncia ad andare a riscuotere. E il concordato preventivo biennale non funziona, perché il contribuente si metterà d’accordo con l’Agenzia delle entrate solo se è convinto di guadagnarci. Quindi, bisognerebbe prevedere dei regali ulteriori».
Sempre agli stessi, altro che redistribuzione…
«Questo governo e questa maggioranza osteggiano apertamente il concetto di redistribuzione. Rifiutano l’idea che i privilegiati possano ritrovarsi a pagare più tasse per far stare meglio gli altri. Ma lo abbiamo visto anche con la riforma del catasto: guai a penalizzare chi è più ricco».
Nel dibattito sul salario minimo si è sentito dire spesso che questo governo «finge che non ci siano i poveri», che ne pensa?
«Il loro atteggiamento è di quelli che pensano che la povertà sia una responsabilità individuale, mentre nel nostro Paese la continuità generazionale nella povertà è impressionante, si trasferisce dal padre al figlio. Continuano a dire di andare a lavorare, anche di fronte a retribuzioni inaccettabili, a uno sfruttamento brutale. Ma noi abbiamo iniziato a vincere la nostra battaglia».
In realtà, la vostra proposta di legge in Parlamento è stata appena rinviata.
«Volevano chiudere la partita e non ci sono riusciti, è un problema che non possono più ignorare o nascondere sotto il tappeto. Abbiamo fatto maturare una consapevolezza nel Paese, anche a livello sindacale, c’è stata un’evoluzione nel pensiero. Ora coinvolgeremo i cittadini, continueremo questa battaglia e penso che porteremo a casa il risultato».