Intervista a Il Messaggero
di Luca Cifoni
“La decontribuzione per le regioni meridionali durerà un decennio, ma da sola non basta: serve un’azione complessiva di medio periodo che incida sul ritardo delle infrastrutture, dei servizi pubblici, di tutti i fattori che continuano ad alimentare il divario tra Nord e Sud”. Da economista, Maria Cecilia Guerra ha ben presente l’effetto positivo che il taglio del costo del lavoro potrà avere su assunzioni e investimenti. Ma la sottosegretaria all’Economia ritiene ancora più decisiva un’azione a 360 gradi sui problemi storici del Meridione.
Vari governi finora avevano provato a mettere in campo una fiscalità di vantaggio per il Sud, ma i tentativi si erano infranti sul parere negativo dell’Unione europea.
La norma inserita nel decreto Agosto in realtà si compone di due parti diverse. La prima è la decontribuzione per gli ultimi tre mesi del 2020, che noi speriamo possa avere l’approvazione nell’ambito del nuovo quadro temporaneo sugli aiuti di stato. È una misura doverosa nell’emergenza, perché le aree meridionali sono quelle più a rischio al momento dell’uscita dai vari provvedimenti di sostegno del governo: l’effetto in termini di occupazione potrebbe essere devastante.
E la seconda?
La seconda guarda al medio periodo, in linea con il Piano per il Sud messo a punto dal ministro Provenzano. Punta a ridurre i divari con il resto del Paese, ma anche quelli interni agli stessi territori meridionali, perché non sono tutti uguali tra loro. Divari che dipendono a volte dalla debolezza delle istituzioni, ma anche dal basso livello dei servizi pubblici, dallo stato delle infrastrutture, compresa la banda larga. Quanto tempo si impiega per spostarsi nelle province meridionali? Come possono insediarsi le imprese se poi non hanno la possibilità di trasportare le merci? Dobbiamo intervenire su questi fattori per rendere la nostra strategia efficace.
Nella sua versione strutturale la decontribuzione potrà contare anche sui finanziamenti del Recovery Fund? Per quanto tempo sarà operativa la misura?
L’orizzonte è decennale, perché come dicevo serve un’azione di medio periodo collegata alle altre azioni inserite nel piano. L’incentivo potrà essere decrescente, a mano a mano che le distanze si accorciano, dall’iniziale 30 per cento degli oneri contributivi a carico dei datori di lavoro. Quanto ai fondi europei, credo che anche questa misura, come quelle finalizzate agli investimenti, potrà essere inserita in particolare nel programma React Eu: siamo parlando di obiettivi perfettamente in linea con quelli che l’Europa si pone in questa fase straordinaria.
Però c’è chi dice che il governo per guardare solo al Sud stia dimenticando le esigenze delle Regioni settentrionali.
Mi pare una polemica stucchevole. Intanto i parametri sulla base dei quali scatterà la decontribuzione sono oggettivi, un Pil pro capite inferiore alla media europea e un tasso di occupazione più basso di quella nazionale, entro soglie definite. In questa condizione purtroppo oggi si trovano le Regioni meridionali, ma se per ipotesi una del Nord ricadesse nei parametri allora l’aiuto raggiungerebbe anche quella. Non vedo alcuna discriminazione. E poi dobbiamo ricordare che gli aiuti decisi dal governo in seguito alla crisi Covid sono andati di più al Nord perché lì ci sono più attività produttive e nessuno ha avuto niente da dire su questo.
Il divario non è solo nei grandi numeri, ma anche nei redditi e nelle vite delle persone. Come si inverte la tendenza?
Intervenendo sui fattori che ho già detto, infrastrutture e servizi pubblici. Ne sottolineerei uno in particolare: i servizi alla persona, che nel Meridione sono molto meno diffusi. Asili nido e strutture per gli anziani possono aiutare l’occupazione in particolare femminile e creare essi stessi lavoro.