di Michele Di Branco
La riforma avrà tempi molto brevi, entro il 2022. Il governo si prepara a presentare una proposta di cambiamento del fisco italiano ma, dice al Messaggero la sottosegretaria al ministero dell’Economia, Maria Cecilia Guerra, «è inutile prefigurare un sistema diverso se non funziona la riscossione delle tasse».
Sottosegretaria Guerra, cosa pensa del piano che prevede la riforma della Riscossione con la cancellazione delle cartelle esattoriali dopo 5 anni?
«Il principio dei cinque anni dipenderà da come questa formula verrà tradotta dal Parlamento. Io sono favorevole. Il problema è capire cosa si può e si deve fare in questi cinque anni per riscuotere. Vale a dire se l’agente della riscossione ha tutti gli strumenti adeguati per attivare azioni che rendano effettiva la riscossione. Se ci fosse questa garanzia andrebbero bene anche meno di 5 anni».
Cos’è che non la convince?
«Immaginare, ad esempio, una situazione in cui, anche di fronte ad una inerzia dell’agente della riscossione, il debito decade o, addirittura, immaginare l’introduzione di interventi selettivi in cui si dà la caccia ad alcuni debiti più pesanti e ad altri no, perché questa sarebbe la fine della riscossione e quindi anche il tracollo del sistema fiscale».
Quando è giusto, secondo lei, cancellare una cartella esattoriale?
«Io credo che una volta che si è verificato, attraverso gli strumenti di cui il fisco è dotato, che un credito è inesigibile, è giusto cancellarlo. Questo al momento attuale non succede e quindi abbiamo un magazzino di crediti da quasi un miliardo di miliardi in larga parte inesigibili che continua a dover essere trattato disperdendo inutilmente risorse. Se io verifico che un’impresa è fallita, dopo una sentenza del tribunale, che senso ha mantenere attivo quel debito? Viceversa non possiamo far decadere debiti per i quali è stato stabilito un piano di rateizzazione sul quale il contribuente si è impegnato».
Ma in che modo si può potenziare il sistema di riscossione?
«La riscossione è un elemento necessario. Noi abbiamo un sistema in cui ci sono lavoratori dipendenti che subiscono un prelievo alla fonte. Altri sono sottoposti ad un sistema di adeguamento spontaneo che non sempre viene rispettato. Bisogna rafforzare i meccanismi di recupero perché quando un debitore non paga il creditore deve avere la possibilità di verificare in tempi brevi, prima che le risorse scompaiano, se c’è la possibilità di riscuotere».
Entrando più nello specifico, quale strumento potrebbe migliorare la riscossione?
«Noi abbiamo uno strumento che funziona nei confronti di lavoratori dipendenti e pensionati in debito con la Pa: si procede con il prelievo su stipendio o pensione. La stessa cosa potrebbe essere estesa ad altri soggetti. Ovviamente si tratta di farlo senza che questo comprometta l’equilibrio di vita o il proseguimento dell’attività economica».
Il sistema di riscossione scatta quando l’evasione fiscale è conclamata. Cosa si può fare per arginare il problema alla fonte?
«Noi abbiamo a disposizione strumenti molto potenti ma serve la volontà politica di attivarli. Se volessimo potremmo utilizzare con maggior forza l’anagrafe dei conti correnti e la fatturazione elettronica per poter arrivare a precompilare tutte le dichiarazioni dei redditi e la dichiarazione Iva. La fatturazione elettronica, ad esempio, aiuta perché in questo modo conosciamo chi paga e anche chi incassa. Se però il sistema è bucato perché milioni di contribuenti non sono tenuti, e mi riferisco al mondo dei forfettari, questo sistema di ricostruzione non funziona».
Il 30 giugno, dopo oltre un anno di stop, l’Agenzia delle Entrate farà ripartire l’attività di invio delle cartelle esattoriali. Si rischia un ingolfamento della macchina?
«La ripresa della riscossione, dopo tanto tempo, richiede di evitare la concentrazione di molti pagamenti in poco tempo. Sicuramente non potremo fare condoni che produrrebbero situazioni di ingiustizia nei confronti di chi ha pagato. Ma si può pensare ad una ripresa per tappe con ulteriore rafforzamento dei meccanismi di rateazione».