Intervista a la Repubblica
di Roberto Petrini
Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria all’Economia del governo Draghi, pianta i suoi paletti e quelli di LeU, la compagine che rappresenta, intorno alla riforma fiscale. «Facciamola ma facciamola bene, e soprattutto con equità: distribuendo meglio il prelievo», spiega la sottosegretaria, ordinaria di Scienza delle finanze all’Università di Modena. «Intervenire sul cuneo va bene, ma sull’Irap bisogna muoversi con attenzione perché finanzia la sanità e non sono tempi di distrazioni».
Professoressa Guerra, vuol dire che non abbiamo ancora in tasca la riforma sulla quale si conta anche per il Recovery Plan?
«Il ministro Franco ha intenzione di fare in fretta, ma il provvedimento non arriverà prima di agosto e visto che alla riapertura andremo verso la sessione di bilancio, prevedo una approvazione della delega all’inizio del prossimo anno».
Allude ai nodi non ancora sciolti e alle posizioni dei vari partiti?
«Il ministro ha detto che sarà il soggetto delegato, cioè il governo, a sciogliere i nodi principali».
Tra i nodi non sciolti mi pare che ce ne siano alcuni che attengono all’equità fiscale, che a lei stanno a cuore, ma che mancano dal dibattito. È così?
«Il nostro non è un sistema equo e per questo è necessaria una riforma. Abbiamo imposte diverse, a parità di reddito, se sei un lavoratore dipendente, un autonomo, un agricoltore, una piccola impresa sotto forma di società di persone. Un fisco fatto a categorie. Invece bisogna riportare tutti i redditi da lavoro e pensioni dentro la progressività dell’Irpef, e garantire per gli altri un trattamento omogeneo».
Il ministro Franco ha avvertito che la riforma va fatta senza mettere a rischio i conti pubblici e non in deficit.
«Ha ragione, anche perché le proposte delle commissioni parlamentari richiedono cifre molto elevate senza indicazioni di adeguata copertura».
Per questo lei propone la patrimoniale?
«No, guardi che la patrimoniale che noi proponiamo è a gettito invariato. Sostituirebbe Imu, tasse sui bolli delle attività finanziarie e patrimoniali su beni immobili e mobili detenuti all’estero. Quattro in una, ma con moderata progressività per redistribuire l’onere del prelievo fra chi ha poco patrimonio e chi ne ha molto, a gettito invariato. Sottolineo: invariato. Possono venire invece risorse dalla lotta all’evasione: ad esempio uniformare l’aliquota intermedia della catena dell’Iva esposta a forte evasione porterebbe, secondo una proposta del centro studi Nens, 10 miliardi di euro».
Nel documento delle commissioni resta invece la mini flat tax.
«La pandemia ha dimostrato che sono necessarie risorse pubbliche per Sanità e Welfare. I Paesi che hanno la flat tax hanno tasse basse ma 10 punti in meno di spese di welfare rispetto al Pil».
Veniamo alle proposte del governo. Come giudica l’intervento sul cuneo?
«Giusto. Bisogna ridurre il peso sul lavoro e intervenire sul salto di aliquota tra il secondo e il terzo scaglione».
Pensa sempre che la scelta migliore sia il modello tedesco?
«Ne sono convinta. È semplice e, contrariamente a quanto si va dicendo, trasparente. Vorrei sapere quanti sono in grado col sistema a scaglioni di calcolare la propria aliquota fiscale».
E cosa pensa della proposta del ministro Franco di toccare l’Irap?
«Si può intervenire. Ma bisogna fare attenzione per due motivi. Questa tassa finanzia la sanità e il gettito viene distribuito tra le Regioni in base al fattore lavoro, mentre l’Ires viene distribuita in base alle sedi delle società. È chiaro che spostare il carico dal’Irap all’Ires non sarebbe equo anche sul piano territoriale. Senza contare che alzare l’Ires di 7-8 punti non attirerebbe certo gli investimenti dall’estero».