Guerra: parità di genere, una risposta di qualità. Risposta a F. Kostoris

Politica e Primo piano

Pubblicato su Il Sole 24 Ore

di Maria Cecilia Guerra e Eleonora Romano

Nel suo articolo su «Il Sole 24 Ore» del 14 gennaio, Fiorella Kostoris sostiene che la parità di genere è scomparsa dall’ultima versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). In primo luogo perché è venuta meno la componente riservata alla “Parità di genere” della Missione 5 della versione originaria del Piano.

Noi, al contrario, consideriamo questa una buona scelta. Si evita infatti l’errore, molto comune, di rappresentare le donne come una specifica categoria di svantaggio di cui occuparsi in un capitolo apposito. Un errore che porta spesso ad approcci di “discriminazione positiva”: il riconoscimento formale di una “questione femminile” si traduce in interventi di policy che non agiscono a livello strutturale sulle disuguaglianze di genere. Interventi più efficaci richiedono invece di adottare, come fa l’ultima versione del Pnrr, una prospettiva di genere trasversale rispetto a tutti i diversi ambiti di azione, integrando tale prospettiva in tutte le politiche pubbliche (gender mainstreaming).

Questa scelta deve essere accompagnata da una valutazione dell’impatto di genere delle politiche (in tutte le fasi: programmazione, attuazione, monitoraggio, valutazione ex post) per orientare le risorse verso interventi attenti ai risultati differenziati che possono prodursi per uomini e donne. Si tratta di esercizi valutativi complessi, attualmente solo accennati nel Pnrr, su cui è invece necessario investire. Ma è certo che, proprio in ragione della trasversalità della prospettiva di genere, l’affermazione di Kostoris secondo cui nel Pnrr ci sarebbe uno squilibrio (in termini di risorse assegnate) a sfavore dell’uguaglianza di genere rispetto alle altre due priorità strategiche individuate, giovani e Mezzogiorno, potrebbe essere compiutamente sostenuta solo a seguito di una valutazione su come le azioni proposte in ogni ambito, anche quelle rilevanti per giovani e Mezzogiorno, agiscono sulle disuguaglianze di genere.

Kostoris definisce poi la conciliazione fra impegni professionali e di cura, cui l’ultima versione del Pnrr conferisce maggiori attenzione e risorse, un tema solo indirettamente o comunque scarsamente correlato con l’occupazione femminile, poiché la spesa pubblica a tal fine destinata beneficerebbe l’intera famiglia e non solo la lavoratrice, «in prospettiva anzi segregandola in certi settori e mansioni».

Noi riteniamo, al contrario, che per intervenire su aspetti rilevanti per l’occupazione femminile, come forzata inattività, difficoltà di progressione di carriera, differenziali retributivi, segregazione settoriale, non si possa non agire sui carichi di cura che ancora oggi ricadono in misura decisamente preponderante sulle donne. Numerosi studi suggeriscono l’esistenza di un forte legame tra distribuzione diseguale del lavoro di cura non retribuito e disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro. Così come vi è evidenza che donne e uomini con responsabilità di cura più di frequente hanno lavori precari, informali o mal pagati, e che sono le donne che più spesso interrompono la carriera a causa di tali responsabilità.

Potenziare i servizi pubblici di cura (gli asili nido e le altre “infrastrutture sociali” indicate nel Pnrr) vuol dire, quindi, agire sulle problematiche strutturali che ostacolano l’occupazione femminile, influenzando contemporaneamente le dinamiche di domanda e offerta di lavoro, non facilmente analizzabili in modo separato finché le norme sociali designeranno come “naturalmente femminili” le responsabilità di cura. Trasferire cura e riproduzione sociale dalla sfera meramente privata a quella pubblica implica far emergere responsabilità collettive di cui finora si sono fatte (gratuitamente) carico le donne. Se davvero puntiamo all’uguaglianza di genere, dobbiamo garantire una risposta pubblica di qualità ai bisogni connessi alla riproduzione sociale, attribuendo adeguato valore al lavoro di cura retribuito e non retribuito, contrastando, al contempo, stereotipi e ruoli di genere.

Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria Mef
Eleonora Romano, funzionaria Mef