Intervista a Quotidiano nazionale
di Simone Arminio
Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro del Pd, economista e già sottosegretaria, lei questi temi li conosce. Ci dica: potrà un salario a 9 euro lordi risolvere i mali endemici del lavoro?
«In Italia c’è un problema di redditi attorno al quale si intrecciano due argomenti. Il primo è una paga ordinaria spesso troppo bassa. L’altro è legato alla precarizzazione del lavoro. Contratti a termine o di poche ore settimanali. Noi non pensiamo di risolvere tutto col salario minimo. Diciamo solo che venire pagati 5 euro all’ora è una causa importante del lavoro povero. E va eliminata».
La critica numero uno alla vostra proposta è: se fissiamo una cifra per legge, ci appiattiremo su quella e nessuno pagherà di più.
«Ed è una sciocchezza».
Ci dica perché.
«Se chi critica avesse la pazienza di leggere la proposta presentata da Pd, M5S, Azione, Avs e +Europa, capirebbe che si compone di due temi. Il primo non sono i nove euro ma la garanzia di un salario giusto, che dia concretezza all’articolo 36 della Costituzione».
E chi dice qual è il salario giusto?
«I contratti nazionali, frutto di una trattativa sindacale fatta su tutte le voci della retribuzione, non solo la paga oraria. Noi diciamo che a quella contrattazione bisogna attenersi per legge, escludendo contratti pirati e altre nefandezze. Solo dopo arriva il salario minimo a 9 euro per dipendenti e molti lavoratori autonomi».
La cifra magica. Da dove deriva?
«Non è per nulla magica, ma frutto di un calcolo economico preciso, che parte dai salari medi europei e tiene conto di quanti contratti oggi sono scaduti quindi non adeguati a un periodo, quello attuale, in cui l’inflazione ha eroso il 7% del valore reale dei compensi».
Lo avete spiegato alla premier, nelle due ore dell’incontro di qualche giorno fa?
«Approfonditamente».
Ma?
«La sensazione è che Meloni, che pure ci ha ascoltati, sia arrivata al tavolo con una risposta preconfezionata che, di fatto, serva solo a prendere tempo».
Il loro parere è che sia cruciale estendere la contrattazione e agire sul cuneo fiscale.
«Due temi importanti e che ci trovano concordi da tempo. Parliamone, ma è un altro tavolo. Qui si discute della paga oraria, del fatto che il lavoro va pagato di più e meglio e che ci sono lavori non normati in le cui condizioni economiche rasentano lo sfruttamento. Su questo punto il governo non ha un’opinione. Perciò butta la palla in tribuna».
Siete stati al governo, la palla non ce l’avevate voi?
«Sì, siamo stati al governo in coalizione con Lega e Forza Italia, se si esclude la parentesi del Conte II in cui c’era una pandemia in corso e i problemi erano altri. Nonostante ciò il ministro Orlando aveva messo a punto una buona proposta sul salario minimo, poi la destra ha fatto cadere il governo. Ora al potere ci sono loro. Dicano se vogliono risolvere il problema o no».
Siete andati al tavolo con una proposta di tutte le opposizioni, escluso Renzi. È un miracolo, o vi rivedremo insieme?
«Il salario minimo è un problema che tutti riconoscono, è stato fisiologico affrontarlo insieme. Questo dimostra di come lavorare sui singoli temi sia proficuo. Cosa che non sta facendo la maggioranza che, vorrei far notare, si è seduta al tavolo senza una proposta unitaria».
Sugli extraprofitti sono stati più determinati. Era un vostro tema.
«Si, lo era. Ma noi chiedevamo di tassare gli extraprofitti per aiutare le famiglie. Loro hanno presentato un provvedimento pasticciato in cui si dice ‘extraprofitti’ ma poi si intendono i profitti da intermediazione. In cui non si fa una previsione di gettito e non si dice come questo gettito verrà utilizzato. La mia sensazione è che stiano cercando di fare cassa per mettere una toppa alle tante promesse fatte agli italiani senza fare i conti col bilancio dello Stato».
Con Articolo Uno siete rientrati nel Pd, dopo la vittoria di Schlein. Che partito ha trovato?
«Il nostro arrivo nel Pd è arrivato al termine di un percorso che è passato da un congresso condiviso. E, voglio specificare, saremmo entrati anche in caso avesse vinto Bonaccini. Abbiamo ritrovato un partito che ha di nuovo voglia di prendere in mano i suoi temi d’elezione, quelli sociali, quelli della giustizia e dei diritti, quello del lavoro, come in questo caso. C’è fermento, è un momento positivo.
solvere il problema o no».