Intervista ad Avvenire
di Nicola Pini
«La riduzione del cuneo fiscale? È sempre stata una nostra battaglia, ma quella del governo è una misura spot che non riequilibra un sistema fiscale sbilanciato e ingiusto. Il nuovo assegno per i poveri? Hanno demolito un sostegno universale e ora molti ne resteranno esclusi: una massa di persone che deve rendersi disponibile a lavorare a qualunque costo». Maria Cedila Guerra, parlamentare e da poche settimane responsabile Lavoro del Pd, non salva nulla del decreto appena varato e mentre si prepara ad aderire alle manifestazione dei sindacati, punta a una battaglia comune delle opposizioni contro le «politiche inique della destra».
Cose meno le piace dei nuovi provvedimenti?
Mi indigna che dopo tanti anni per costruire anche in Italia una misura universale di contrasto alla povertà ora questa ora venga demolita. Non avremo più quello che hanno tutti i Paesi europei, un sostegno che permette di poter vivere a tutte le persone che non raggiungono un livello minimo di reddito. Nessuno dovrebbe essere lasciato in una condizione priva di dignità. Invece siano di fronte a una misura categoriale, riservata solo ad alcuni: minori, anziani e disabili. Per gli altri niente. Ci sono delle figure che sono escluse, ad esempio i lavoratori poveri, che in Italia sono 1 su 4, o gli studenti. Hanno creato una casistica iniqua e incomprensibile che alla fine taglierà fuori dal nuovo Assegno di inclusione circa la metà delle persone che potevano accedere al Rdc. C’è poi un piccolo sussidio temporaneo per chi segue un corso di formazione, sempre che lo si trovi. Ma questa non è una misura contro la povertà. Che, in base alla raccomandazione della Commissione europea, votata anche dalla destra, deve permanere finché sussiste la condizione di povertà.
Lo stanziamento tuttavia resta di 7 miliardi rispetto agli 8 di quest’anno.
Un miliardo era stato già tagliato con la legge di bilancio e adesso ne tagliano un altro po’. Ma va tenuto conto che lo strumento di attivazione vale solo 12 mesi, non è rinnovabile. Quindi dal 2025 i fondi per la povertà sono destinati a calare ancora.
Sul taglio del cuneo fiscale non è d’accordo?
È sempre stata una nostra battaglia. Ma questo è un intervento spot, spalmato solo su qualche mese per far figurare una cifra tonda. Una misura provvisoria che non interviene sul disegno complessivo. Quello che serve è un riequilibrio del sistema fiscale, che oggi vede quasi solo i redditi dei dipendenti e dei pensionati soggetti alla progressività. A parità di reddito si deve pagare la stessa imposta.
Intanto c’è un piccolo aiuto ai salari, no?
Quello dei salari è un problema molto più generale che non si può risolvere solo per via fiscale. Il governo deve rinnovare e i contratti pubblici e spingere le parti a rinnovare quelli privati: il 75% dei dipendenti ha il contratto scaduto mentre l’inflazione si è portata via il 15% del potere d’acquisto. E poi se davvero vuoi sostenere i salari non fai un decreto che favorisce le forme di lavoro più precarie e peggio pagate. Così non ripartono neanche i consumi.
L’avete ribattezzato “decreto precarietà”…
Perché favorisce l’utilizzo dei contratti a termine, dei voucher e prevede anche una liberalizzazione del lavoro somministrato. L’idea è che c’è una massa di persone che deve essere disponibile a lavorare a qualunque costo. Anche se il lavoro è pagato troppo poco, è dequalificante rispetto alle competenze e lontano da casa. Noi diciamo che il lavoro va pagato in maniera dignitosa, come dice la nostra Costituzione. In alcune filiere come l’agricoltura e la logistica siamo in situazione di moderna schiavitù.