Guerra: dal taglio del cuneo a una rivoluzione nel fisco

Politica e Primo piano

Intervista a Public policy

di Viola Contursi

Agire subito, in legge di Bilancio, con un taglio strutturale del cuneo, attraverso una riforma profonda del nostro sistema fiscale che riordini i prelievi in senso redistributivo e fortifichi realmente la lotta all’evasione fiscale, dicendo addio alla stagione dei condoni. E poi intervenire su quella che è considerata una vera emergenza nel nostro Paese, ovvero il mercato del lavoro: con il salario minimo sì, ma anche e soprattutto con una legge sulla rappresentanza (per contrastare i contratti pirata) e, nell’immediato di questa crisi, la riflessione su una cassa integrazione non onerosa per le aziende lì dove ce n’è bisogno. Senza dimenticare il fondamentale passaggio alle fonti rinnovabili, con una proposta tra tutte che è quella di differenziare il prezzo dell’energia ottenuta con il gas, da quella ottenuta da fotovoltaico ed eolico. Questi alcuni dei punti della ricetta politica di Maria Cecilia Guerra, attuale sottosegretaria all’Economia uscente e ricandidata nel collegio Piemonte1-P01 nella lista plurinominale del Partito democratico–Italia democratica e Progressista in quota Articolo 1.

Partiamo dall’attualità più stringente: i ritocchi alla normativa sulla cessione dei crediti da Superbonus. Cosa in concreto lei crede, come esponente politica, bisognerebbe fare per risolvere definitivamente l’incaglio dei crediti da bonus edilizi.?

Credo innanzitutto che l’incaglio dei crediti vada risolto, perché c’è stato un affidamento da parte delle imprese e delle persone e il problema va sciolto. Non si possono lasciare aperti casi così rilevanti per chi si è comportato secondo le norme. La proposta che è in discussione permette una facile cedibilità dei crediti incagliati, ci sono resistenze sui possibili costi. Io credo sia necessario trovare una mediazione.

Passiamo al decreto Aiuti ter. Si troverà una soluzione al mancato pagamento della tassa sull’extragettito?

Sicuramente questo è un punto che si sta esaminando, ovvero cercare di capire come mai questa tassazione non ha dato gli esiti sperati. C’è stato un esito positivo delle misure prese con il precedente decreto, che hanno inasprito le sanzioni. E ora si cerca di capire se è necessario intervenire proprio sulla normativa. Io vorrei chiarire un punto: l’Italia è l’unico Paese che ha fatto un tentativo di tassare gli extraprofitti per avere un gettito immediato, prima cioè della chiusura dei bilanci delle società. Da qui derivano le difficoltà: si parla genericamente di tassa sugli extraprofitti ma è evidente che una tassazione vera sugli extraprofitti potrà essere fatta soltanto a consuntivo, ovvero quando sapremo gli utili delle varie imprese, e quanti saranno quindi quelli eccedenti rispetto ai profitti normali. Il tentativo dell’Italia è quello di anticipare le entrate, perché giustamente – e questa è un’operazione che io giudico molto positiva perché l’emergenza è adesso e abbiamo bisogno di sostenere le imprese e le famiglie – subito si deve chiamare i soggetti che guadagnano in maniera spropositata rispetto alla crisi a collaborare per sostenere le spese. È però, appunto, un’operazione tecnicamente non facile.

Cosa secondo lei dovrebbe inoltre contenere questo ultimo decreto dell’era Draghi?

C’è un punto su cui c’è massima convergenza, che è quello di rafforzare i crediti di imposta alle imprese.. Ma ci sono altri punti su cui bisognerebbe intervenire. Noi della lista Partito democratico-Italia Democratica e Progressista spingiamo molto perché si cominci a intervenire con misure che abbiano efficacia anche sul lungo periodo. Un punto che mi sembra molto importante è quello di intervenire per cercare di disallineare il prezzo dell’energia ottenuta con il gas, da quella ottenuta da fonti rinnovabili. Perché la seconda ha dei costi molto più bassi e dunque dovrebbe poter essere acquistata a un prezzo più basso. La proposta è quella di fare un contratto luce sociale che consiste nella possibilità per Acquirente unico di acquistare con contratti pluriennali questa energia a più basso costo per destinarla ai soggetti più bisognosi. Questa effettivamente è una misura urgente e che non richiede risorse pubbliche, ma solo una riorganizzazione del mercato.

Un’altra proposta che arriva dalla vostra lista riguarda il lavoro.

Sì, un’altra proposta di intervento urgente riguarda la cassa integrazione: così come abbiamo fatto durante la pandemia, con una cassa integrazione non onerosa per le aziende, bisogna iniziare a valutare la possibilità di un ricorso, in caso di chiusure determinate dall’aumento dei costi dell’energia, a una cassa integrazione più facilmente accessibile.

Visti i tempi stringenti, difficilmente queste proposte – se non venissero inserite nel testo del decreto – potranno poi essere discusse in questo Parlamento.

La conversione di questo decreto sarà inevitabilmente affidata al prossimo Parlamento, se si fa un decreto autonomo. Diciamo che è disperante trovarsi in una crisi di Governo generata a pochi mesi dalla scadenza naturale, che ha ridotto la possibilità di intervento in economia da parte del Governo e ha indebolito la nostra forza contrattuale all’interno dell’Ue in un momento in cui in Europa si discutono proposte cruciali su come affrontare questa nuova crisi. Avevamo la possibilità di contare e invece siamo azzoppati, siamo praticamente muti. E quindi chi si è preso questa responsabilità, è inutile che ora parli di scostamento da 30 miliardi

State lavorando alla NaDef, che per forza di cose fotograferà l’esistente. Qual è il suo giudizio sull’operato fatto dal Governo uscente e cosa avrebbe dovuto fare di più?

Quello che è stato fatto è stato in larga parte condivisibile, a partire dalla spinta alle energie rinnovabili, agli interventi in senso redistributivo. Le cose che un Governo più spostato a sinistra avrebbe potuto fare sono misure più forti per quanto riguarda il mercato del lavoro, dove abbiamo una situazione emergenziale, soprattutto per giovani e donne. In questo ambito ci sono molti interventi da mettere a terra: non solo il salario minimo, ma anche il rafforzamento della contrattazione, eliminando i contratti pirata, e una regolamentazione molto più stretta dei contratti precari, che devono essere impiegati solo quando c’è una reale necessità.

Un’altra delle cose su cui si stava lavorando, ma che rimane un’incompiuta a causa della crisi di Governo, è il taglio strutturale al cuneo fiscale. Come crede andrebbe fatto un intervento organico e finanziato come?

Il taglio strutturale del cuneo dovrà essere fatto, mi auguro, con la prossima legge di Bilancio, lo dicono tutti. La differenza fondamentale negli approcci è tra chi, come noi, propone una riforma profonda del sistema fiscale e chi crede che possa essere fatto in disavanzo. Ed è veramente una cosa molto fantasiosa pensare di poter sostituire un prelievo strutturale con un disavanzo, che ci metterebbe poi nelle condizioni di dover pagare continuamente dei tassi di interesse più elevati.

Come immaginate questa riforma profonda del sistema fiscale?

Pensiamo a una riforma che riduca l’onere sui fattori produttivi, in particolare sul lavoro, e che distribuisca meglio il prelievo fiscale. Noi se guardiamo il nostro sistema fiscale vediamo che c’è una sorta di menù à la carte che a parità di reddito, a seconda della categoria, si pagano imposte molto diverse. C’è spazio per riordinare questo prelievo e diminuire il peso che grava sul lavoro dipendente. In particolare è giusto secondo me agire sulla parte contributiva, perché bisogna fare riferimento a un disegno fiscale che chiami tutti i redditi a contribuire al nostro welfare. Il nostro, invece, è un sistema paradossale.

Ad esempio?

Se una Regione va in disavanzo sanitario è costretta ad aumentare l’addizionale Irpef. Ma l’addizionale Irpef la pagano soltanto lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi con alto reddito. Tutti gli altri sono esclusi, ma perché? Tutti devono concorrere alla spesa sanitaria. Quindi c’è spazio per distribuire meglio il prelievo.

Altro tema sempre attuale è quello dell’evasione fiscale.

C’è spazio per intervenire e non è un tema da poco, visto che la destra ripropone come un mantra l’idea di condoni fiscali da qui all’eternità, senza differenziare chi ha bisogno di essere aiutato da chi invece potrebbe pagare ma viene condonato continuamente. È diventato uno sport nazionale che manda un messaggio chiaro: l’evasione non sarà perseguita, ed è molto grave. Bisogna fare dei passi in avanti, come superare alcune rigidità del Garante della privacy sull’utilizzo delle banche dati. C’è spazio per intervenire.

Uno strumento per intervenire sul sistema fiscale in senso redistributivo era la delega fiscale.

La delega fiscale è stata un vestito d’arlecchino dei desiderata dei singoli partiti. Ha perso ogni riferimento a un disegno complessivo. Ci sono alcune cose positive, che sono poi quelle che sono state osteggiate dalla destra, come il rafforzamento del contrasto all’evasione fiscale e una revisione del catasto per permettere di valutare quanto sia ingiusto il nostro sistema fiscale di prelievo patrimoniale. Per il resto è una riforma che di fatto cristallizza le ingiustizie a cui ho fatto riferimento, e infatti noi di Articolo 1 abbiamo votato contro.

Passiamo al reddito di cittadinanza. Dovrebbe secondo lei essere mantenuto?

Noi siamo l’ultimo Paese, assieme alla Grecia, ad essere arrivati a costruire una rete universale di sostegno per le persone in povertà assoluta. E quindi ci mancherebbe altro di eliminare una conquista a cui siamo arrivati così tardivamente. Dopo di che, questo come altri strumenti può essere corretto. Ma la correzione numero uno secondo me dovrebbe andare nella direzione di rafforzarlo perché al momento sono escluse famiglie molto povere, come ad esempio quelle degli immigrati regolari, esclusi se non hanno 10 anni di residenza. Altra correzione che andrebbe fatta è quella di evitare che si crei una cosiddetta “trappola della povertà”, ovvero che i soggetti beneficiari che cominciano a riaccedere al mercato di lavoro si trovino nella condizione che accettare contratti precari e frammentati comporti la perdita dell’intero beneficio. È una cosa assurda, quando invece possono essere creati meccanismi di accompagnamento al reingresso nel mercato del lavoro, per cui al crescere del reddito da lavoro dipendente progressivamente diminuisca l’importo del Rdc. Inoltre bisogna rendere maggiormente funzionanti i centri per l’impiego.

Il nuovo Esecutivo dovrà fare subito la legge di Bilancio. Cosa, secondo lei, dovrà contenere in maniera imprescindibile?

Una delle cose più importanti da fare è il rafforzamento, attraverso anche spesa corrente, delle politiche impostate con il Pnrr. Ad esempio per quanto riguarda il welfare sicuramente la cosa fondamentale è rafforzare le assunzioni di medici e infermieri da parte delle Regioni per la medicina territoriale. Bisognerà poi sicuramente potenziare le misure di tipo redistributivo perché questa crisi così grande e l’inflazione hanno un effetto distributivo molto diverso. Bisognerà poi puntare moltissimo in materia energetica sul passaggio alle fonti rinnovabili e sul rafforzamento di tutte le misure ambientali. Bisogna poi concentrarsi a seguire la questione della formazione, fondamentale per il mercato del lavoro. E metterei sicuramente subito la definizione di una legge sulla rappresentanza (per contrastare i contratti pirata) e l’istituzione di un salario minimo.