Intervista a Il Corriere della Sera
di Giuseppe Alberto Falci
«È sicuramente un fatto positivo che il governo abbia dovuto prendere atto che esiste il problema delle retribuzioni basse e della povertà del lavoro. Tutto questo la presidente del Consiglio lo ha sottolineato con forza». Maria Cecilia Guerra, responsabile Lavoro nella segreteria Pd, è appena uscita dall’incontro a Palazzo Chigi dove è stata al fianco della segretaria Elly Schlein.
Vi aspettavate di più?
«Dopo tutti questi mesi passati senza un confronto ci aspettavamo che si presentassero con una proposta concreta su cui confrontarsi. E invece non hanno fatto una traccia di proposta. Evidentemente abbiamo colpito nel segno, la nostra proposta di legge sul salario minimo ha avuto una risposta concreta nel Paese e ha costretto l’esecutivo a non chiudere la porta. È una specie di tentativo di prendere tempo, di lanciare la palla in tribuna».
Il giudizio resta negativo?
«La premier ci ha chiamati a questo confronto, ha ascoltato i nostri interventi, ma non abbiamo fatto dei passi in avanti. Parliamo due linguaggi diversi».
Si può trovare una sintesi ?
«Lo vedremo».
Meloni sostiene che la vostra idea di salario minimo rischi di livellare verso il basso i salari.
«Non è possibile livellare verso il basso i salari. La nostra proposta impedisce che questo avvenga. Il primo punto dice: il lavoratore che opera in un determinato settore ha diritto alla retribuzione complessiva stabilita dal contratto collettivo delle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentativa. Non è quindi possibile uscire dalla contrattazione collettiva per riconoscere al lavoratore salari più bassi. Il secondo punto è che anche per i contratti più rappresentativi c’è un limite di 9 euro l’ora al di sotto del quale la retribuzione minima tabellare non può andare».
Altra obiezione della maggioranza: perché non l’avete fatto quando governavate?
«Intanto al governo eravamo con forze politiche della sua maggioranza tipo Forza Italia e Lega che non erano d’accordo. Su questo campo c’è stata una evoluzione nel pensiero politico e sindacale anche in ragione del moltiplicarsi dei contratti pirata».
Per Antonio Tajani la vostra proposta è incostituzionale. Come risponde?
«Un salario minimo legale c’è in 22 Paesi su 27 dell’Unione europea. Non rappresenta una violazione della libertà di contrattazione, cara alla nostra Costituzione, serve a stabilire delle regole per il bene della collettività».
Perché non condividete l’idea della presidente del Consiglio di allargare il confronto al Cnel?
«Meloni può ben decidere di coinvolgere il Cnel e attivare le competenze che ritiene opportune. Di sicuro, noi saremo sempre disponibili al confronto alla luce della proposta che il governo ci farà. Ma non ci sono ragioni per recedere dalla nostra proposta».
Anche Meloni parla di «divergenze». Battaglierete in Parlamento o c’è ancora spazio per una trattativa?
«Margini per una trattativa reale ci saranno solo se i rapporti di forza non si limiteranno soltanto alle aule parlamentari ma si svolgeranno con la sensibilizzazione del Paese».
Carlo Calenda, a differenza di Pd e Cinque Stelle, appare più aperturista. L’opposizione resterà compatta o temete defezioni?
«Tutti concordiamo che non ci sono ragioni per aspettare. Andremo avanti con la nostra proposta, lanciamo una petizione per allargare il consenso nel nostro Paese. Meloni non ha chiuso sull’idea generale di un salario minimo. Anche perché politicamente non sa come fare, visto che la nostra idea di salario minimo trova consenso nel Paese. Le persone lo vivono nella quotidianità. Il tema delle basse retribuzioni orarie è un dato inconfutabile. Meloni farebbe bene ad ascoltarci».