Guerra: col Pse per raddrizzare l’Europa e per la ricostruzione della sinistra in Italia

Politica e Primo piano

Intervista a Strisciarossa.it

di Onide Donati

Maria Cecilia Guerra nella scorsa legislatura aveva lasciato il Pd ed era stata, dal 2017, capogruppo di Articolo Uno-Mdp in Senato. Ora è candidata alle Europee nel collegio nord est nella lista del Pd, in rappresentanza di Articolo Uno. Modenese, 61 anni, è docente di economia ed è stata sottosegretario al Lavoro nel governo Monti e viceministro alle Pari Opportunità nel governo Letta.

Guerra, una donna di sinistra chiede agli elettori il passaporto per andare in un’Europa che sembra girare a destra. Strada in salita, vero?

Che il momento non sia dei migliori è evidente. Sovranisti e nazionalisti ci dicono che ogni Stato può fare per sé entro le proprie frontiere. Ma è una menzogna. I problemi ambientali e i cambiamenti climatici, ad esempio, non conoscono frontiere, il superamento dell’uso delle energie fossili lo si può affrontare solo su scala ampia, la crisi della Libia – il paese dal quale passa la gran parte dei migranti che poi approda in Italia e nei paesi mediterranei – deve essere affare europeo. E poi c’è il tema dello strapotere delle multinazionali, dei colossi dell’hi tech e delle vendite on line: aziende globali con grandi profitti che nessun singolo paese ha il potere giuridico di tassare. Tutto questo avviene mentre tra Stati Uniti e Cina è in corso una guerra dei dazi senza precedenti che vede l’Europa spettatrice. L’Europa ha bisogno di più forza, di più potere sovranazionale.

I nazionalismi e i sovranismi riscuotono consenso perché l’Europa non funziona.

Sì, dobbiamo raddrizzare il profilo democratico dell’Europa. I processi che portano alle decisioni sono inadeguati, il Parlamento è debole e senza potere di iniziativa legislativa. C’è poi il peso eccessivo che hanno assunto gli accordi intergovernativi, in particolare tra Germania e Francia, e il potere di veto che esercitano alcuni Stati soprattutto in campo fiscale dove le decisioni hanno bisogno dell’unanimità. Un altro aspetto critico è la governance economica con trattati maturati in contesti differenti. Ci ritroviamo, oggi, con paesi dell’area euro diversi tra loro ma soggetti alle stesse regole. Regole miopi e politiche di austerità.

Ovvero la Germania…

Se la Germania avesse impiegato il suo avanzo primario per politiche comunitarie espansive avrebbe favorito tutte le economie. Ha scelto una strada diversa e ai paesi deboli sono rimasti pochi strumenti, e tra questi l’abbassamento dei salari che non è più proponibile in Italia.

È il mercato che vuole così, si obietta.

I mercati non creano uguaglianza, salari e i profitti sono determinati non dal merito ma da condizioni di monopolio e sacche di rendita da smantellare. Nei rapporti tra stati non ci si può affidare solo ai salari, gli elementi da introdurre passano per la condivisione dei rischi. Nessun paese deve essere abbandonato a se stesso ma deve contare su sostegni economici, tutela contro gli attacchi speculativi, assicurazione sui depositi… Insomma, è necessario un approccio mutualistico da estendere anche al mondo del lavoro con l’indennità di disoccupazione europea.

Come immagini il prossimo Parlamento europeo? Che peso pensi avranno le forze sovraniste? Che ruolo dovrebbe svolgere il Pse?

Le forze sovraniste avranno un peso ma meno rilevante di quanto si pensi. Il Pse dovrà mettere insieme le forze del socialismo europeo nella costruzione di una prospettiva di rinnovamento dell’Europa superando l’approccio legato all’interesse dei singoli stati. Il programma del Pse è più radicale e netto del passato e riconosce che la fiducia che la globalizzazione potesse portare a un benessere diffuso è stata smentita dai fatti e propone un’idea forte di politiche di equità sociale, per il lavoro e i diritti dei lavoratori.

Ti avevamo lasciato in Articolo Uno dopo la scissione dal Pd. Che significato ha questo ritorno? E ai compagni che hanno condiviso l’avventura di Liberi e Uguali cosa dici?

La divisione dentro LeU si era consumata prima di questa fase elettorale. Articolo Uno si è strutturato come partito in aprile e non aspira a un rientro nel Pd. La lista che mi candida si chiama Pd-Pse e il simbolo del Pse è l’elemento che la caratterizza. Il Pse stesso ha sollecitato che nelle diverse nazioni si costituissero liste unitarie. L’apertura di Zingaretti è stata una scelta conseguente e forte.

Ti imbarazza essere nella stessa lista con Calenda?

No, perché non è una fusione ma una scelta di campo per il Parlamento europeo in elezioni proporzionali e con le preferenze. Credo che la presenza di esponenti di Articolo Uno in lista offra la possibilità al popolo di sinistra di dare un segnale di sinistra. Poi certo, io e Calenda abbiamo visioni diverse…

È un ragionamento che si ferma alle Europee o vale anche per le politiche future?

È una scelta strategica che apre a un confronto all’interno della sinistra, un confronto vero sui temi. È vero, le ambiguità non sono state tutte rimosse, ci sono da fare i conti con la storia passata. Io penso che il Pd, nato in un contesto diverso, abbia esaurito la sua funzione storica e debba rivoluzionare le sue politiche. È positivo che il processo sia iniziato ma non mi sento del Pd per il fatto di essere dentro la lista del Pse. Questa lista nasce su un accordo chiaro e io ci vado con la mia personalità e in rappresentanza di una forza politica che sull’Europa è portatrice di un programma esplicito.

Come ti pare la segreteria Zingaretti? Non vedi un Pd ancora fermo, poco presente dove c’è disagio sociale?

Nel Pd ci sono correnti di pensiero disomogenee e penso che il partito abbia bisogno di fare chiarezza sulla direzione da prendere. Zingaretti ha iniziato un percorso, è presto per giudicarlo. Apprezzo di lui lo spirito di apertura che lo ha caratterizzato nel rapporto con Articolo Uno. Penso che ora all’interno della sinistra ci sia bisogno di mettere a punto una strategia contro le ingiustizie economiche e le discriminazioni sociali, il lavoro deve tornare al centro dei nostri obiettivi. Io spero che in prospettiva si vada verso un nuovo soggetto di sinistra ma capisco le difficoltà del Pd a tenere insieme sensibilità interne molto differenti e non mi nascondo che a sinistra esista una spinta verso posizioni di testimonianza.

Dopo le Europee il governo potrebbe cadere. È pensabile che Pd e M5S possano avvicinarsi?

Renzi ha fatto un errore storico a non tentare il dialogo col M5S. Ora è impossibile pensare a un governo Pd-M5S senza passare da un’elezione. Entrambe le forze hanno un bisogno disperato di capire dove vogliono andare. La crisi dopo le Europee? Non è detto.