Intervista a Repubblica
di Mauro Favale
«L’Italia non può tollerare opacità in questo passaggio», afferma Miquel Gotor, senatore di Mdp. «Abbiamo fiducia in Paolo Gentiloni ma è opportuno che chiarisca questo passaggio al Copasir e in Aula. Mdp, peraltro, sulla morte di Giulio Regeni ha chiesto una commissione di inchiesta».
Spataro parla di una catena di passaggi tra intelligence, governo e procura: qualcosa potrebbe non aver funzionato nel caso Regeni?
«Non ho elementi per giudicare. Però ho esperienza sui dossier relativi agli anni ’70. Nei miei studi ho notato che quando i nostri servizi incrociano la loro azione con quelli stranieri c’è un obbligo maggiore alla prudenza».
Dettato da cosa?
«È una questione di correttezza tra Stati e di fiducia tra servizi “amici”, come ad esempio quello inglese. Vale sulle procedure di desecretazione: quando implicano la pubblicità di attività di Servizi stranieri esiste un comprensibile vincolo di cautela».
È questo il caso?
«Potrebbe essere. Ammettiamo che, come dice il New York Times, esista un dossier sul caso Regeni che i Servizi Usa passarono agli italiani. Spataro sollevala questione di una mancata trasmissione di questo dossier alla polizia giudiziaria giustificata solo se il premier ne avesse autorizzato il ritardo. Questo eventuale ritardo dovrà essere chiarito da Gentiloni al Copasir».
La verità sulla morte del nostro ricercatore è ancora lontana.
«Ho fiducia nelle parole che Gentiloni, da ministro degli Esteri, pronunciò in Aula: “La dignità dell’Italia non verrà calpestata per ragioni di Stato”, frase molto impegnativa».
Il rientro al Cairo del nostro ambasciatore può servire o disinnesca l’unica “arma” dell’Italia?
«È una speranza ma nutro perplessità. Spero che questa decisione sia stata concordata con quella parte del governo egiziano che vuole la verità».
Dall’eventuale commissione d’inchiesta cosa potrebbe emergere?
«Il cadavere di Regeni è stato gettato in mezzo ai rapporti tra Italia e Egitto per renderli impossibili. Sono rimasto sorpreso dalla freddezza della sua professoressa di Cambridge e dal comportamento del governo inglese. Ci sono 5 miliardi di scambi commerciali tra i due Paesi, gli investimenti dell’Eni. Il drammatico deterioramento di questi rapporti avvantaggia i nostri concorrenti stranieri. Anche per questo la verità sulla fine di Giulio riguarda la nostra dignità nazionale».