di Federico Fornaro
La vittoria di Elly Schlein nelle primarie 2023 ha infranto la «regola aurea» per la quale chi vinceva tra gli iscritti si affermava anche nelle primarie aperte. Così come sono state smentite le previsioni di molti sondaggisti (da sempre in grandi difficoltà nel maneggiare uno strumento «anomalo» come quello delle primarie).
Il ciclone Schlein ha quindi spazzato via molte analisi, segnando una cesura nella storia del più grande partito della sinistra italiana. L’obiettivo del milione di votanti, in una giornata segnata in molte regioni da maltempo e neve, è stato raggiunto (sono stati per la precisione 1.098.623), anche se continua il calo costante nella partecipazione: 1.838.000 nel 2017 e 1.582.000 nel 2019. Il rapporto tra iscritti e votanti alle primarie si è attestato a 6,6, in arretramento rispetto al 12,6 del 2019 e al 14,4 del 2017 a testimonianza di una difficoltà di relazione con il proprio bacino elettorale, che aveva indotto Enrico Letta a spingere per l’apertura di un processo costituente del nuovo Pd, poi parzialmente interrotto dalle elezioni anticipate.
Viene naturale da pensare quale sarebbe stata l’affluenza senza la competizione reale per la leadership e la novità rappresentata dalla candidatura di un outsider come Elly Schlein. Non sfugge poi a nessuno l’inedita contraddizione di un partito che ha la maggioranza assoluta dei suoi iscritti favorevoli a un candidato segretario, Stefano Bonaccini, e di un popolo delle primarie che ha dato la vittoria a Schlein, sostenuta da poco più di un terzo degli aderenti al Pd, compreso Articolo Uno.
Scissione sentimentale
Una “scissione sentimentale” che la dice lunga sullo stato di progressiva evaporazione del radicamento territoriale del partito e la sua riduzione, in molti territori, a una federazione di comitati elettorali guidati dagli eletti ai vari livelli che ha prodotto una progressiva atrofizzazione delle reti di collegamento con le realtà associative e sindacali.
I sostenitori di Bonaccini hanno pensato, errando, che apparire come il “partito del buongoverno delle città” fosse sufficiente per alimentare la macchina del consenso delle primarie, sottovalutando la dimensione della domanda di innovazione e di cambiamento. Se dunque il «partito degli eletti» ha confermato in molti territori la sua capacità di presa su quel che rimane del partito, vincendo la prima fase riservata agli iscritti, esso non è stato in grado di reggere l’urto di un’onda che arrivava da dentro e fuori il Pd, da elettori e astensionisti intermittenti che hanno interpretato Elly Schlein come l’ultima spiaggia.
Rispetto all’andamento delle convenzioni tra gli iscritti Elly Schlein ha recuperato circa 20 punti percentuali, mentre Bonaccini è arretrato di circa 10 punti se si considera il sostegno ufficiale di Paola De Micheli arrivata quarta con il 4,5 per cento dei consensi, peraltro localizzati in alcune regioni. Nella prima fase Schlein aveva superato il 50 per cento soltanto in Liguria, mentre nei gazebo ha ottenuto la maggioranza assoluta in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, nuovamente in Liguria, Toscana, Lazio, Marche, Umbria, Sicilia ed estero.
Ad eccezione dell’Emilia-Romagna, i maggiori bacini di consenso di Bonaccini sono stati nelle regioni meridionali e in Sardegna, mentre la nuova segreteria del Pd ha letteralmente spopolato nelle grandi città (Milano, Roma, Torino e seppur in misura minore anche Napoli). Una frattura territoriale molto significativa, destinata ad acuirsi se non si avrà il coraggio di un’autentica rifondazione culturale e organizzativa e di investire con coraggio e determinazione, fuori dai bilancini di corrente, su di una nuova classe dirigente.
Ricostruire
Il lavoro di ricostruzione di Schlein non sarà dunque né facile né breve. La nuova segretaria incontrerà sul suo cammino ostacoli non facili da superare a cominciare dal campo minato dello schieramento delle opposizioni, punto di partenza per provare ad allestire un’alleanza alternativa e competitiva alla destra a guida Meloni. All’interno del Pd più d’uno potrebbe, poi, essere attratto dalla prospettiva centrista nell’antico schema di alleanza di centro-sinistra con il trattino. La sfida più difficile che ha di fronte Elly Schlein per rilanciare il Pd, però, è quella di far tornare il partito attrattivo e affidabile per i milioni di italiani che hanno scelto in questi anni la strada dell’astensione, schifati e delusi dalla politica. Una sfida da far tremare i polsi, anche più di quando, pochi mesi fa, una giovane donna trentasettenne ha deciso di partecipare alle primarie, per poi vincerle contro ogni previsione.