Pubblicato su Domani
di Federico Fornaro
Il modello di selezione della leadership delle «primarie aperte» fu utilizzato per la prima volta nella storia italiana per l’elezione del segretario di un partito nel 2007, mentre alcuni anni prima, nel 2005, il centro sinistra aveva scelto con questo sistema Romano Prodi per la guida della coalizione di centro-sinistra. Le primarie dell’Unione si erano svolte il 16 ottobre 2005 con la partecipazione di 4.311.149 elettori, poco meno di un quarto dei voti che la coalizione avrebbe ottenuto nelle politiche del 9 aprile 2006. Sull’onda di quel successo, nello statuto del Pd le primarie furono individuate come lo strumento per l’elezione del segretario del nuovo partito.
I primi anni
La prima edizione delle primarie del Pd si svolse il 14 ottobre 2007. Si recarono ai seggi, in larga maggioranza gazebo posizionati nelle piazze e nelle strade, 3.554.169 elettori dem, un dato leggermente superiore ai 3.182.686 consensi che aveva raccolto Prodi nel 2005. Vinse Walter Veltroni con il 75,8 per cento, seguito a larghissima distanza da Rosy Bindi (12,9 per cento), Enrico Letta (11 per cento); i due outsider, Mario Adinolfi e Pier Giorgio Gawronski raccolsero, insieme, lo 0,2 per cento. Nelle politiche 2008 il Pd raggiunse il suo massimo storico con 12.095.306 voti, pari al 33,2 per cento. Il rapporto tra partecipanti alle primarie 2007 e voti alle politiche fu del 26,3 per cento. Dopo le dimissioni di Veltroni e l’interregno di Dario Franceschini, i dem convocarono nuove primarie il 25 ottobre 2009 con la vittoria di Pier Luigi Bersani con il 53,2 per cento, con un ampio margine su Franceschini (34,3 per cento) e Ignazio Marino (12,5 per cento). Le primarie si svolsero, per la prima volta, in due fasi. La prima riservata ai soli iscritti al Pd (462.904 votanti), aveva consegnato una maggioranza del 55,1 per cento a Bersani, contro il 37 per cento di Franceschini e il 7,9 per cento di Marino. Nella seconda fase, aperta a tutti gli elettori dem, si recarono ai gazebo 3.102.709 di persone, con un calo della partecipazione del 12,7 per cento e un rapporto votanti primarie/voti elezioni (2013) del 35,9 per cento.
L’èra del rottamatore
La (non) vittoria della coalizione Italia Bene Comune nelle elezioni del 2013, determinò le dimissioni di Bersani, la nomina come “traghettatore” di Guglielmo Epifani e una nuova chiamata ai gazebo l’8 dicembre 2013. Tra gli iscritti (votanti 296.645, con un calo del 36,2 per cento rispetto al 2009) il “rottamatore” Matteo Renzi si fermò al 45,3 per cento, seguito da Gianni Cuperlo (39,4 per cento), da Giuseppe Civati (9,4 per cento) e Gianni Pittella (5,8 per cento). L’esito delle primarie aperte fu molto più netto: Renzi raggiunse il 67,6 per cento, contro il 18,2 per cento di Cuperlo e il 14,4 per cento di Civati. I votanti dell’edizione 2013 furono 2.814.881 (9,2 per cento sul 2009). Alla scadenza naturale dei quattro anni, si svolsero le primarie 2017 nella giornata del 30 aprile 2017. Tra gli iscritti (266.054 con un calo del 10,3% sul 2013), vinse con ampio margine Renzi (66,7 per cento), su Andrea Orlando (25,3 per cento) e Michele Emiliano (8 per cento). Risultato sostanzialmente confermato anche nel secondo turno “aperto”: Renzi (69,2 per cento), Orlando (20 per cento) e Emiliano (10,8 per cento). In netto calo il numero dei partecipanti: 1.838.938 (34,7 per cento in quattro anni). Il rapporto tra votanti primarie (2017)/elettori politiche (2018) si sarebbe attestato al 29,8 per cento. Dopo le dimissioni di Renzi a causa della sconfitta nelle politiche 2018 e l’elezione di Maurizio Martina segretario reggente, il 3 marzo 2019 furono indette nuove primarie.
Dopo Renzi
Tra gli iscritti (189.101 con un decremento del 28,9 per cento sul 2017), il vincitore Nicola Zingaretti si fermò sotto la soglia della maggioranza assoluta con il 47,4 per cento, seguito da Martina (36,1%), Roberto Giachetti (11,1 per cento) e Francesco Boccia (4 per cento). Ininfluenti Maria Saladino e Dario Corallo (insieme 11,4 per cento). Gli elettori ai gazebo, invece, diedero una fiducia più larga a Zingaretti (66 per cento), minore invece a Martina (22 per cento) e di poco superiore a Giachetti (12 per cento). I votanti alla seconda fase furono 1.582.083 (-13,9 per cento sul 2017) e il rapporto primarie (2019)/ politiche (2022) è stato del 29,5 per cento. Arriviamo così alle primarie del 26 febbraio 2023, dopo la «segreteria ponte» di Letta e la netta sconfitta elettorale delle elezioni del 25 settembre 2022. La prima fase ha visto un ulteriore flessione della partecipazione degli iscritti (151.530 con un -19,9 per cento sul 2019) e la vittoria di Stefano Bonaccini (52,9 per cento), rispetto al 34,9 per cento di Elly Schlein e all’8 per cento di Cuperlo e al 4,3 per cento di Paola De Micheli. Mancano poche ore e si saprà se sarà prevalsa la «regola aurea» delle primarie Pd che vede il vincente tra gli iscritti confermarsi anche tra gli elettori oppure se Elly Schlein sarà riuscita nell’impresa di sovvertire le costanti del passato.