Fornaro: per evitare nuove Brexit serve una nuova Europa solidale e generosa

Politica e Primo piano

Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, il nostro gruppo concorda con l’impostazione che il presidente Gentiloni ha dato al suo intervento in questa sede, pur nella consapevolezza di trovarci di fronte alla gestione di una sconfitta grave per l’Unione europea e ancor più grave per l’idea europea.

Concordiamo con un impianto improntato al principio di riduzione del danno, con la necessità di trattative che vedano l’Europa al tavolo come un solo soggetto e con un approccio unitario e sistemico; concordiamo quindi anche con la contrarietà agli accordi bilaterali e soprattutto a quel mercato unico alla carta che ha ricordato il presidente Gentiloni.

Bisogna avere però la consapevolezza che non sarà uno smontaggio facile; sarà anzi complesso, difficile e assai rischioso per i cittadini europei e i connazionali che vivono, operano e lavorano in Gran Bretagna, i quali quindi devono essere tutelati.

Occorre poi evitare il ritorno ad un far west della finanza e delle banche, con Londra come una piazza finanziaria sostanzialmente offshore e fuori dalle regole europee. Allo stesso modo, è fondamentale mantenere la cooperazione con la Gran Bretagna in materia di sicurezza e difesa.

La vicenda della Brexit crediamo sia anche un’occasione per riflettere e una lezione da cui trarre insegnamenti per il futuro. Innanzitutto, con riferimento all’Unione europea, come abbiamo detto anche in occasioni precedenti, non si può più continuare a stare in mezzo al guado, tra le sirene di un risorgente nazionalismo e un approdo agli Stati Uniti d’Europa che più passa il tempo e più assomiglia a un’utopia.

La Brexit – bisogna averne consapevolezza – è stata uno schiaffo, ma può essere uno schiaffo benefico per ripensare l’Unione europea. È stata uno schiaffo anche nei confronti dei grandi partiti tradizionali e di classi dirigenti che hanno volutamente ignorato come in questi anni di crisi la forbice delle disuguaglianze si sia aperta in maniera pericolosa anche per la democrazia. La Brexit è stata uno schiaffo a cui non può essere data la semplicistica risposta che si tratta dell’effetto di un populismo irrazionale e di un rancore antieuropeo prodotto dalla crisi economica.

Bisogna guardare dentro i dati e i risultati della Brexit: se al referendum ha votato più del 5 per cento di coloro che avevano votato alle elezioni politiche del 2015 in Gran Bretagna; se i tassi di astensionismo si sono dimostrati profondamente divaricati tra giovani e anziani; se tra i giovani è prevalso il Remain, in un quadro però di altissimo astensionismo, mentre esattamente l’opposto è accaduto nelle classi di età più anziane; ebbene, questo rappresenta la punta dell’iceberg di un deficit di rappresentanza di coloro che, in estrema sintesi, potremmo definire i perdenti della globalizzazione.

Se la politica e le istituzioni democratiche non sapranno ascoltare questo grido né trovare risposte concrete per allentare la morsa degli effetti negativi della globalizzazione, uno per tutti il processo di progressiva deindustrializzazione del nostro Vecchio continente; se alle politiche neoliberiste che nell’immaginario collettivo sono sempre più associate all’Europa e ad un’interpretazione rigorista e sbagliata del Patto di stabilità e crescita che negli anni ha finito per cancellarne l’impianto originario; se politiche economiche di questo tipo non saranno cioè sostituite da altre, più espansive, orientate a un principio di redistribuzione e di eguaglianza sociale; se quindi l’Europa non tornerà a essere vissuta come uno strumento di pace e prosperità, finiranno allora per prevalere egoismi, nazionalismi e populismi e presto ci troveremo a discutere di altre exit.

La Brexit, infine, dimostra che la strategia dell’Europa di nascondere la testa sotto la sabbia non paga, anzi, alimenta gli istinti più negativi. Per evitare altre Brexit, è necessario che l’Unione europea prenda di petto un fenomeno epocale e storico come quello delle migrazioni e che porti le politiche nei confronti dell’immigrazione a diventare una priorità programmatica e politica della nuova Unione europea.

Alla Brexit non si risponde riproponendo vecchie ricette, tra l’altro sbagliate, ma con l’impegno e la capacità, che la politica deve dimostrare, di rilanciare il suo ruolo di guida e di visione dei processi, nella prospettiva fondamentale della lotta alle disuguaglianze. Per evitare nuove Brexit occorre quindi una nuova Europa solidale e generosa.

(Dichiarazione di voto in aula sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio Gentiloni in vista del prossimo Consiglio Europeo straordinario dedicato alla Brexit)