Errani: sanità, il governo non capisce l’urgenza, curarsi ormai un privilegio

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Maria Berlinguer

Mettere in sicurezza la sanità pubblica, richiamare l’attenzione del governo e dei cittadini sul diritto alla salute, sancito dalla Costituzione, che oggi appare un privilegio per pochi. Vasco Errani, due volte presidente dell’Emilia Romagna, ha lanciato con medici, infermieri e associazioni un appello su Change.org per salvare la sanità pubblica che in due settimane ha già superato abbondantemente quota 100 mila firme.

Errani, come nasce l’idea della petizione?

«Nasce dall’Emilia-Romagna dove c’era una sanità eccellente e c’è ancora una buona sanità che risente pesantemente dei problemi dei quali risente tutto il Paese. Anzi, ci siamo detti che se ne risente una realtà di questa qualità è il segno che il problema è molto grave. Abbiamo raccolto adesioni delle singole persone che militano in associazioni del volontariato, dei medici della Anao, dei sindaci… E siamo partiti. Abbiamo messo la petizione su Change.org il 10 marzo e siamo già a più di 100 mila firme. Significa che si sta diffondendo la consapevolezza dei problemi della sanità».

Dove nasce il problema? Dai tagli degli ultimi vent’anni?

«In Italia per finanziamenti siamo agli ultimissimi posti a livello di Ocse e con l’inflazione e le bollette la situazione è diventata drammatica. È quanto denunciano le stesse Regioni. C’è un’emergenza sul personale, medici e infermieri. Ora si è risolto sostanzialmente il cosiddetto imbuto formativo per le specializzazioni, perché sono state aumentate dal precedente Parlamento le borse di studio, ma il problema è adesso mentre qui stiamo parlando di 3-4 anni. Un corso di specializzazione non è immediato».

E poi?

«Gli stipendi dei medici sono troppo bassi. Pensi al tema dell’emergenza-urgenza, non c’è più nessuno che vuole lavorare in questo settore. C’è la vicenda drammatica delle cooperative dove un medico del pronto soccorso si trova di fianco un altro medico che prende tre-quattro volte più di lui. E poi c’è ancora il blocco delle assunzioni che dice che tu poi assumere personale con una riduzione della spesa dell’1,4% rispetto al 2004, una cosa assurda che ha creato tantissimi problemi».

La Flat tax e l’autonomia differenziata che impatto potranno avere sulla sanità?

«Di fatto mettono in ginocchio e a rischio il sistema sanitario nazionale. L’autonomia aumenterebbe le già drammatiche differenze tra le regioni. C’è chi sostiene che il servizio sanitario universalistico non è più sostenibile e che sia il caso di costruire la seconda gamba, affiancarlo al sistema delle assicurazioni private. Faccio presente che negli Stati Uniti, dove c’è un sistema a doppio livello, la spesa di Pil è al 18%, noi siamo a poco più del 6%. E poi c’è la questione del diritto alla salute, sancita dall’articolo 32 della Costituzione».

Il governo percepisce l’urgenza?

«Non mi sembra proprio. L’intento di questo appello è proprio questo: proporre la questione al dibattito pubblico per come essa è».

La sensazione è che anno dopo anno il sistema perda pezzi.

«Penso che la riforma della sanità del 1978 e lo statuto dei lavoratori sono tra le due conquiste più importanti, ovviamente insieme all’aborto e al divorzio. Parlo della riforma che superò il fallimento delle mutue introducendo il Ssn».

Il governo potrebbe rispondere che non ci sono soldi da investire.

«Siamo ormai a 40 miliardi di spesa nel privato. Abbiamo gente che rinuncia alla cure e non solo al Sud perché non hanno risorse. Vogliamo coinvolgere tutti coloro che sono interessati alla tutela e al rafforzamento del sistema sanitario nazionale, forze politiche, soggetti sociali, sindacati. Non ci sono primogeniture. C’è una battaglia da fare».