Dopo l’estate confrontiamoci e decidiamo: la democrazia è un valore

Politica e Primo piano

L’Huffington post

di Simone Oggionni

Nell’assenza ormai cronica di movimenti sociali di massa, la sinistra politica ristagna. È questo un punto ineludibile e patologico, sebbene la nostra miopia da diversi anni ci porti a eluderlo o a ritenerlo fisiologico. La telegrafica riflessione che segue parte allora da qui, dalla consapevolezza di una difficoltà e di una mancanza che impoveriscono qualsiasi tentativo di ricostruzione nel campo della sinistra politica.

Piazza Santi Apostoli è una piccola piazza romana, non è il Circo Massimo. Troppo piccola per contenere un popolo, rappresentare un movimento reale, esprimere un conflitto. E tuttavia il 1° luglio è accaduto qualcosa di importante: ha ricevuto il battesimo un soggetto politico-elettorale che, in un sistema elettorale di impianto proporzionale, si propone in autonomia e in competizione con tutte le altre formazioni politiche e, allo stesso tempo, esprime l’ambizioso obiettivo di ricostruire, a partire da sé, un campo democratico e progressista abbandonato e tradito da Matteo Renzi e dal Partito democratico.
Da questo punto di vista la disponibilità in prima persona di Giuliano Pisapia e le parole che ha pronunciato sono quello di cui avevamo bisogno: una traccia da seguire senza ambiguità o ripensamenti.
Ma questo passaggio va inquadrato correttamente, sgombrando il campo dall’illusione che ciò di cui parliamo sia non un soggetto politico-elettorale ma un partito. Perché un partito non nasce sul palco di una iniziativa e perché nel nostro specifico un partito non può nascere – a meno che si pensi di potere rappresentare in sé tutto il campo del centro-sinistra, o si abbia in animo di costruire un secondo piccolo Pd, sommando i tanti diversi delusi e scontenti della stagione renziana – senza una identità chiara e senza un processo di legittimazione e partecipazione democratica.
Cosa possiamo fare, allora? Due cose, utili e indispensabili una all’altra.

Innanzitutto rafforzare il processo del 1° luglio, allargandolo fin dove si riesce – al mondo del Brancaccio e a tutta la sinistra di governo aperta al confronto – e legittimandolo, attraverso un bagno di democrazia che definisca insieme programmi (perché la politica è innanzitutto scelta: di temi, di contenuti, di interessi sociali) e persone (perché la credibilità della politica è strettamente connessa con la credibilità delle biografie dei suoi interpreti).

Parallelamente, rafforzare l’idea che dentro questo campo largo, questo soggetto politico-elettorale ampio e eterogeneo, debba crescere e strutturarsi un partito. Una forza della sinistra che nasce strategicamente per rispondere al fallimento delle socialdemocrazie europee e delle sinistre radicali votate all’irrilevanza e alla testimonianza. Un partito che sappia fare i conti con la dimensione gramsciana della politica-storia, che svolga un ruolo a quest’altezza e quindi una funzione nazionale, come da ultimo Alfredo Reichlin ci ricordava costantemente. Oggi l’embrione di quell’idea si chiama Articolo 1 – Movimento democratico e progressista.

Non è sufficiente in senso lato (e infatti serve come l’ossigeno il processo più largo che ha preso le mosse il 1° luglio) e neppure in senso stretto, da un punto di vista quantitativo e qualitativo. Ma è senz’altro un punto di partenza imprescindibile, che non va né sciolto né diluito per il semplice motivo che non possono essere rimosse le ragioni che ci hanno portato a fondarlo.

Esse sono ragioni di lunga durata, affondano le radici nella natura della crisi e nella realtà di un Paese industrializzato come l’Italia sin qui privo, per responsabilità precise, di una forza politica di sinistra in grado di organizzare il mondo del lavoro, i ceti subalterni e i settori più produttivi all’insegna di un programma per il governo dell’Italia e di una precisa visione dell’Europa e del mondo intero.

Ma questi ragionamenti, sbagliati o giusti che siano, hanno bisogno di luoghi in cui essere svolti e confrontati con altri. Assunti o contraddetti. Dimenticarsi della democrazia, non dei rituali ma della sua sostanza, sarebbe a maggior ragione adesso un errore imperdonabile. A cinque mesi dall’avvio di Articolo 1 forse è arrivato il momento di calendarizzare un appuntamento dopo l’estate in cui confrontarsi e assumere decisioni. Un soggetto politico lo si costruisce anche così, al di là dei nomi, degli eventi, dei comizi, delle interviste.