Documenti: l’intervento di Fornaro su legge costituzionale referendum propositivo

Politica e Primo piano
Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il collega Speranza e la collega Muroni hanno già dato il senso dell’approccio che il gruppo di Liberi e Uguali ha scelto di avere rispetto alla proposta di riforma costituzionale che oggi è in discussione. Vorrei ripartire da qui, cioè da una scelta che è stata apprezzata, come è stato ricordato, da molti costituzionalisti, di una riforma puntuale e non di una riforma complessiva della Carta costituzionale. Ciò sta dentro lo spirito dei Costituenti, cioè la possibilità di intervenire su quella Carta, ma in maniera puntuale.
Credo che in questa sede, però, vada sollevata una questione. Mi rivolgo, ovviamente, non solo ai proponenti ma anche al Governo, che in più di un’occasione è intervenuto a sostegno di questa iniziativa e che ha fatto anche una scelta – lo ricordo – di attribuire al Ministro Fraccaro il titolo di Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, compiendo una scelta forte in questa direzione. Attenzione, infatti (è un avvertimento che rivolgo all’Aula e rivolgo alla relatrice, apprezzando anche nel suo intervento la disponibilità ad apportare ulteriori modifiche al testo uscito dalla Commissione), poiché la Costituzione – mi si passi quest’immagine – assomiglia un po’ a quei vecchi orologi, cioè non a quelli moderni ma a quelli più antichi: quando li aprivi trovavi dentro un meccanismo ad ingranaggi e gli ingranaggi si tenevano l’un con l’altro; in qualche modo ogni ingranaggio si collegava ad altri.
Non si può, quindi, pensare di intervenire su un singolo ingranaggio senza, evidentemente, tenere conto degli effetti sistemici che questa modifica potrebbe andare ad avere: vedremo ciò quando arriverà il testo, per esempio, sulla diminuzione del numero dei parlamentari, ma lo vediamo già anche su questo testo di riforma.
Su questo vorrei essere molto chiaro poiché c’è un tema: è il tema di dare maggiore capacità di intervento, di partecipazione, ai cittadini nel processo legislativo, per cercare – io credo – di ridurre il fossato che si è creato in tutti questi anni tra Parlamento, istituzioni e cittadini, e su questo non si può non essere d’accordo. Il punto, però, è che la struttura della Costituzione, la democrazia parlamentare, che è la forma scelta dai Costituenti, si fonda sulla democrazia rappresentativa. Il punto è questo: se con questo progetto e con altri si vuole andare ad innestare sull’albero maestro della democrazia rappresentativa un ramo di democrazia diretta, per dargli nuovo vigore, questo è un tema.
Se, invece, la questione è quella in qualche modo di mettere a fianco della democrazia rappresentativa anche un albero nuovo di democrazia diretta, allora noi su questo siamo su una posizione contraria perché noi difendiamo e rivendichiamo l’impianto della nostra Costituzione e difendiamo la democrazia parlamentare e la democrazia rappresentativa. È in questo spirito che insistiamo sul tema relativo, per esempio, alle materie, riportando le materie possibili oggetto di referendum propositivo a quelle dell’articolo 75 della Costituzione, cioè il referendum abrogativo, e in particolare continuiamo a porre l’attenzione di quest’Aula e della relatrice sul tema delle materie di carattere tributario o fiscale, perché è evidente – e lo dico con una battuta – che se domani mattina ci mettessimo a raccogliere le firme per l’abolizione delle strisce blu, quelle a pagamento, ad esempio, credo che in un attimo. in un amen si raccoglierebbero 500 mila firme e certamente si avrebbe anche un esito scontato di quel referendum, ma non è questo lo spirito, non è questo il compito, non è questo l’obiettivo. E, quindi, togliere le materie tributarie e fare chiarezza su questo punto è assolutamente centrale.
La seconda questione – e poi ce ne sono altre – è fare attenzione a non trasformare, non riconoscere e dare rango costituzionale ai comitati promotori di referendum, perché se non stiamo attenti con la stesura di questo testo e con l’approvazione di questo testo in qualche modo riconosciamo e portiamo a rango costituzionale i comitati promotori, mentre sarebbe preferibile, proprio per evitare quella contrapposizione frontale in qualche modo tra cittadini e istituzioni, che sia un soggetto terzo a valutare, per esempio, se il testo uscito dal dibattito parlamentare sia conforme allo spirito dei proponenti il referendum e non gli stessi proponenti che in qualche modo a quel punto sono tutti tesi, anche per ragioni propagandistiche, ad andare al referendum attivando, quindi, un contrasto non accettabile.
Così c’è anche il tema del ballottaggio e c’è un’ultima questione che vorrei sollevare sul merito ed è il numero di proposte che possono essere oggetto, ovvero se ogni comitato promotore può raccogliere le firme per una proposta o per più proposte. So che questo è stato oggetto di discussione anche già in Commissione e che la risposta rimanda alla legge in qualche modo attuativa della modifica dell’articolo 71 ma per noi insufficiente perché è evidente che qui sì ci può essere un tentativo di svuotamento sostanziale, al di là della forma, del ruolo del Parlamento, perché se io mi metto a raccogliere contemporaneamente dieci proposte di iniziativa popolare nei diciotto mesi successivi allora il Parlamento si occuperà sostanzialmente di decreti-legge del Governo e di leggi di iniziativa popolare e il già ridotto spazio dell’iniziativa parlamentare di un singolo parlamentare sarà azzerato. Lì sì andremmo a creare un radicale elemento di distruzione nei fatti della democrazia rappresentativa.
Concludo da un punto di vista politico perché voglio che rimanga agli atti questo aspetto. È evidente che c’è da parte delle opposizioni e – lo riconosco – anche dalla nostra parte, un dubbio di fondo: mi chiedo quale sia l’obiettivo, al di là degli enunciati e al di là, per esempio, di un intervento da parte della collega Corneli che abbiamo apprezzato, e c’è il sospetto che dietro vi sia il retropensiero di dare attuazione a quello che scrivevano Gianroberto Casaleggio e Grillo nel 2011 nel libro Siamo in guerra. Ricordo a tutti noi cosa scrivevano: “Il nuovo mondo sarà post-ideologico. I partiti si cullano nell’idea che tutto cambierà perché nulla cambi, che la secolare struttura piramidale del potere rimarrà intatta. Ma le masse informate non hanno più bisogno né la volontà di delegare ad alcuno il loro destino. I referendum via rete senza quorum e propositivi diventeranno la normalità. E, allora, in nome di chi operano i politici se non di loro stessi? In futuro le persone decideranno del loro destino. Ognuno conta uno e le leggi della rete sono uguali per tutti”. È evidente che se il disegno, che è un disegno alternativo ed eversivo rispetto alla Carta costituzionale, è quello che vi guida troverete da parte nostra una totale e radicale opposizione.
Se, invece, lo spirito è quello che è stato descritto e raccontato dalla relatrice e da alcuni interventi è evidente che ci potrà essere un altro tipo di atteggiamento. Dunque, qual è il punto di discrimine? Noi non riteniamo che il lavoro fatto in Commissione sia stato inutile e abbiamo apprezzato questa apertura, ma ci aspettiamo nello spirito costituzionale e in uno spirito costituente – mi si passi la forzatura – che dal dibattito vero dei prossimi giorni escano delle risposte a dei quesiti, a delle domanda e a delle preoccupazioni per poter dire se questo strumento che introduciamo nella Costituzione è di fatto una bomba posta sotto l’edificio della democrazia rappresentativa e della democrazia parlamentare oppure è, invece, quell’innesto proficuo e utile nella struttura della democrazia rappresentativa.
Concludo con un riferimento allo stato, allo spirito e alla ragione per la quale abbiamo avuto e avremo questo atteggiamento che è un atteggiamento costituente – mi si passi anche qui la forzatura – perché noi crediamo che non solo, come è stato ricordato, la Costituzione sia lo strumento di tutti ma perché noi viviamo una fase che Marc Lazar, nel 2015, definiva in questo modo: “Il futuro della democrazia si gioca davanti a noi in un contesto reso difficile dalla realtà della crisi economica e delle sue conseguenze sociali nonché dal difficile stato in cui versa la costruzione europea. Le democrazie europee possono uscirne indebolite o rafforzate. Molto dipenderà dalla capacità dei responsabili politici di dare delle risposte chiare all’altezza dei problemi e delle aspettative dei cittadini”. Noi siamo qui per questo oggi a provare a dare delle risposte in positivo a una crisi della democrazia e, in particolare, a una rottura nel rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni. Siamo, quindi, per guardare avanti, in una costruzione e in un rafforzamento della democrazia; non siamo disponibili a essere nella linea e nel solco di quello che scrivevano Casaleggio e Grillo nel 2011 e alla distruzione della democrazia rappresentativa e alla sua sostituzione con la democrazia diretta perché, come ha detto il collega Ceccanti ricordando atti del passato, alla fine percorrendo quelle strade si arriva esattamente all’opposto di dove si è iniziato, cioè si arriva a regimi non democratici.
Noi difendiamo la democrazia rappresentativa e crediamo che gli strumenti di partecipazione possano e debbano essere ampliati, però vi sfidiamo in quest’Aula e sfidiamo i proponenti in quest’Aula a trovare quei correttivi al testo uscito dalla Commissione che ci consentano di dire che questo è un innesto e non una bomba posta sotto il nostro impianto costituzionale.