Intervista a Il Mattino
di Adolfo Pappalardo
«Serve un’analisi del lavoro fatto in Regione in questi otto anni: al di la dei risultati positivi ci sono ancora nodi da sciogliere su servizi primari come sanità e trasporti». chiede Francesco Dinacci, appena insediatosi come presidente del Pd di Napoli.
Un congresso metropolitano senza i soliti veleni: sembra aprirsi una fase nuova per il Pd.
«A Napoli si è svolto un congresso unitario, e ora dobbiamo prendere sul serio il processo costituente per costruire una forza della sinistra plurale che deve radicarsi sui territori e aprirsi alle migliori energie esterne interpretando la forte domanda di cambiamento sulla spinta dell’elezione dl Elly Schlein».
Come si muoverà il Pd?
«Il nuovo Pd deve dare respiro al pluralismo delle culture e fare in modo che a i propri iscritti ed elettori sia garantita sempre la reale partecipazione, sacrificata talvolta da gruppi ristretti. Bisogna fare entrare forze nuove, energie vere, rendere protagonisti professionisti, esperienze del volontariato, dell’associazionismo diffuso, del contrasto alla camorra. Ricollocare la sinistra nei luoghi del disagio sociale e tra i ceti popolari. È questo il senso della nostra sfida».
Il sindaco Manfredi nella vostra assemblea ha spiegato che qui a Napoli si costruisce l’alternativa al governo di centrodestra.
«L’area metropolitana di Napoli, ottava in Europa per dimensione e seconda per densità abitativa, è da questo punto di vista simbolica. È qui che si registra la maggiore incidenza dell’Rdc, e se il governo sceglie di colpire questa fondamentale misura di sostegno al reddito e di portare avanti nello stesso tempo il pericoloso progetto dell’autonomia differenziata che aumenta i divari tra i servizi nel Paese e aggredisce la possibilità di riscatto del Mezzogiorno, il nuovo Pd metropolitano di Napoli, in un territorio che non si è ancora ripreso pienamente dall’inedita crisi sociale seguita alla pandemia, segnato da fragilità strutturali e livelli alti di diseguaglianze e povertà, ha il dovere di alzare forte la sua voce di grande preoccupazione».
Sulla Regione invece? De Luca si lamenta di un Pd che non riconosce e valorizza il lavoro che ha fatto a Santa Lucia in questi anni.
«Nel Pd campano, che è una forza centrale nel governo regionale. sarebbe utile avviare nei prossimi mesi una riflessione politica serena e rigorosa. L’esperienza istituzionale del centrosinistra, che dura da circa otto anni, porta con sé risultati positivi che vanno senz’altro valorizzati, ma anche limiti e problemi aperti che il nuovo Pd deve approfondire senza pregiudizi per spingere in avanti una fase di innovazione. Penso a temi cruciali come I trasporti, le crisi industriali, la sanità, su cui dalla Regione serve uno scatto per rispondere alla domanda di cambiamento che c’è tra i cittadini».
È un modo gentile per dire che è contro il terzo mandato di De Luca?
«Sul terzo mandato non servono semplificazioni. Ha ragione Antonio Misiani, il commissario del Pd campano: è un tema politico generale che andrà risolto senza forzature sul piano istituzionale e investirà il Pd nella nuova stagione che si è aperta a livello nazionale e che va sostenuta in modo coerente».
Un tema importante è quello delle alleanze: Manfredi rilancia l’alleanza con l’M5s. De Luca è assolutamente contrario.
«Di fronte ad una destra che colpevolizza le povertà, precarizza il lavoro e colpisce le fondamenta della democrazia nata dall’antifascismo, serve l’unità e la costruzione del nuovo Pd come soggetto politico forte che rilanci l’alternativa. Così ci stiamo muovendo nella sfida delle prossime amministrative. L’obiettivo è realizzare il campo largo a partire dall’esperienza realizzata al Comune, coinvolgendo M5S e tutte le forze progressiste, ecologiste e riformiste che intendono rappresentare un’area politica di cambiamento nell’area metropolitana di Napoli e nel Paese».