D’Attorre: la legislatura è agli sgoccioli e si chiude con Draghi

Politica e Primo piano

Pubblicato su Huffington Post

di Alfredo D’Attorre

A ben guardare, il modo in cui i partiti stanno discutendo degli ultimi mesi di questa legislatura è un altro segno della loro difficoltà. È piuttosto impressionante quanto sia diffusa la tendenza a rimuovere, in maniera conscia o inconscia, il fatto che la legislatura sia ormai agli sgoccioli. Questo dato è particolarmente evidente sia per il composito quadro delle forze centriste, che provano ad accreditarsi come più ‘draghiane’ di Draghi e agognano una stabilizzazione sine die dell’attuale assetto politico, sia per quei partiti che, come Lega e M5S, sembrano spesso pentiti della decisione di aver sostenuto ormai per un anno e mezzo l’esecutivo e vagheggiano di invertire il trend negativo dei consensi, confermato anche dalle ultime amministrative, uscendo dal governo negli ultimi quattro mesi della legislatura.

Sì: quattro mesi, perché, tolta l’ormai imminente pausa estiva, di questo si tratta, nonostante le tante fantasiose ipotesi che si leggono sui giornali circa la possibilità di rinviare le elezioni sino a fine maggio o addirittura a giugno dell’anno prossimo.

L’ultima volta Mattarella sciolse le Camere il 28 dicembre del 2017, subito dopo l’approvazione della legge di bilancio, e si andò al voto il 4 marzo del 2018. Nella storia repubblicana, in tutte le nove occasioni in cui la legislatura è arrivata a scadenza naturale o quasi (1953, 1958, 1963, 1968, 2001, 2006, 2018, mentre nel 1992 e nel 2013 c’è stato solo un lieve anticipo), la data del voto non è mai andata più di 30 giorni oltre quella delle elezioni politiche precedenti, con la sola eccezione del 1953 (in cui i giorni di differenza furono 49, per effetto della contestatissima e travagliata approvazione della “legge truffa” proprio alla fine della legislatura). Immaginare che una figura caratterizzata dal rigoroso scrupolo istituzionale dell’attuale Presidente della Repubblica possa assecondare disegni improbabili per stiracchiare la legislatura, deviando da una prassi piuttosto consolidata sembra obiettivamente piuttosto improbabile. Senza contare che non si capisce quale senso avrebbe tenere il Paese sospeso e prolungare la campagna elettorale fino a giugno, dopo che il Parlamento avrà approvato l’ultima legge di bilancio della legislatura a fine dicembre.

Questo inciso serve per dire che a gennaio del prossimo anno la legislatura sarà comunque finita e che tra marzo e aprile si voterà. Dato di cui dovrebbero tener conto sia quelle forze che immaginano come eterno l’attuale assetto politico, sia quelle che sognano di rifarsi una verginità di fronte agli elettori come forze di opposizione, dopo essere state al governo per buona parte o o per la quasi totalità della legislatura… Peraltro, questo dato della realtà è un argomento che va senz’altro usato da parte di chi saggiamente sta provando a convincere Conte a non compiere uno strappo che rischia di essere per il M5S più un’illusione che una soluzione, ma è anche un punto da considerare per chi, come il Pd e le forze che vogliono costruire il perno del futuro centrosinistra, si potrebbe trovare presto nella condizione di dover gestire l’uscita di un alleato dalla maggioranza di governo.

Fa bene Enrico Letta a ricordare che quello Draghi sarà l’ultimo governo della legislatura, ma non è difficile prevedere che questo governo, anche se privato dell’appoggio del M5S, dovrà comunque garantire l’approvazione della legge di bilancio. È sacrosanto invitare Conte e i 5 stelle a valutare fino in fondo le conseguenze delle loro scelte, ma davvero qualcuno può immaginare che Pd e Articolo Uno, di fronte all’eventuale orientamento di Mattarella e Draghi di non accelerare il percorso verso il voto prima dell’approvazione della legge di bilancio, si sottraggano alle loro responsabilità? D’altronde, è vero che il Paese è atteso da un autunno non semplice, ma chi un po’ conosce il funzionamento della matematica del debito pubblico sa che, tra inflazione all’8% (che produrrà un balzo del PIL nominale anche in caso di rallentamento della crescita reale) e ulteriore sospensione del Patto di Stabilità, quest’anno non sarà necessaria una finanziaria lacrime e sangue, per quanto ora prudentemente Draghi e Franco vogliano evitare altri scostamenti prima delle legge di bilancio.

La scelta della “responsabilità”, che ormai è nel DNA del Pd e della sinistra di governo italiana, potrebbe perciò rivelarsi stavolta anche meno dannosa elettoralmente: contrariamente alla scommessa che sembra tentare M5S e Lega, non è affatto detto che si vada verso un remake della vicenda Monti. Specie se nei prossimi mesi mesi Draghi dovesse portare a casa nel confronto con l’Europa non solo una legge di bilancio ragionevolmente espansiva, ma anche due obiettivi cruciali per il Paese: un tetto concordato al prezzo del gas e l’impegno della BCE a garantire un meccanismo di contenimento degli spread sui titoli pubblici pur nel quadro di un percorso di innalzamento dei tassi di interesse.

Al gesto della responsabilità, che ai dirigenti del centrosinistra italiano scatta ormai quasi automaticamente, dovrebbe però congiungersi anche il coraggio del cambiamento, per indicare al Paese un orizzonte credibile in vista di elezioni sempre più vicine. Qualcosa inizia a muoversi in maniera più percepibile. Speranza ha chiesto a Letta un’iniziativa forte per costruire insieme il progetto del soggetto centrale del futuro centrosinistra, al di là anche della geometria delle alleanze, e il segretario del Pd ha risposto positivamente riaffermando di voler lavorare in quella direzione. Sul piano politico, i quattro mesi di legislatura che restano dopo la pausa estiva – mentre il governo sarà impegnato a garantire la legge di bilancio e gli obiettivi europei – vanno impegnati nel costruire il progetto della prossima legislatura, senza farsi condizionare troppo da manovre e posizionamenti di chi sembra volersi illudere che quella attuale non sia ormai agli sgoccioli. E senza affidare troppe speranze a un cambiamento in extremis della legge elettorale, per il quale sembrano ormai mancare i tempi e le condizioni politiche.

Coniugando responsabilità e coraggio del cambiamento, il centrosinistra può garantire la fine ordinata di questa legislatura e mettere poi in campo una proposta sufficientemente chiara e riconoscibile per dare un’impronta a tutto il campo dell’alternativa alla destra, e anche per gestire gli apparentamenti con chi, come il M5S, dovesse eventualmente scegliere l’illusione di un bagno purificatore di quattro mesi all’opposizione dopo 5 anni al governo.