Pubblicato su Il Sole 24 Ore
di Alfredo D’Attorre
Caro Direttore, l’intervista alla ministra Bernini (si veda Il Sole 24 Ore dell’8 settembre) sembra manifestare una nuova consapevolezza nelle forze attualmente al governo sull’importanza degli investimenti pubblici per l’università e la ricerca. Non emerge invece dal quadro ottimistico che la ministra delinea una consapevolezza altrettanto acuta della difficoltà di tradurre le dichiarazioni di principio in scelte politiche conseguenti. Nelle prossime settimane il governo si troverà nella condizione di reperire risorse attorno ai 20 miliardi di euro per chiudere la legge di bilancio. Nel mondo universitario e della ricerca è già forte la preoccupazione che ciò riporti alla stagione dei tagli lineari. Per questo avanziamo alla ministra Bernini la proposta di un patto fra forze di maggioranza e opposizione attorno a pochi punti essenziali, che diano concretezza e serietà alla consapevolezza che tutte le principali forze politiche sembrano aver raggiunto sulla funzione vitale del finanziamento dell’università e della ricerca. Credo si possano individuare 4 impegni essenziali, fortemente sollecitati da larga parte del mondo universitario, su cui non dovrebbe essere difficile raggiungere un’ampia convergenza delle forze parlamentari.
- Nell’ambito della programmazione dei saldi di finanza pubblica, a partire dall’approvazione della Nadef di fine mese, va scongiurata ogni riduzione in rapporto al PIL sia della spesa per l’università sia di quella per la ricerca. Entrambe restano ampiamente sotto la media dei nostri principali partner europei e (unitamente al complesso delle risorse per l’istruzione e per la sanità pubblica) costituiscono un ambito che va messo assolutamente al riparo da qualsiasi manovra di riduzione della spesa pubblica.
- Siamo tutti concordi nel considerare il PNRR una grande opportunità anche per università e ricerca. Vediamo tutti però il rischio che, dato il carattere temporaneo di questi finanziamenti, la fase attuale si riduca a una parentesi, lasciando in eredità una notevole mole di posizioni e contratti di ricerca a termine, privi di qualsiasi sbocco nel periodo successivo al 2026. Per evitare questa enorme dispersione di risorse, va perciò impostato da subito un piano articolato su più livelli, tra ampliamento dell’organico degli atenei e degli enti ricerca, percorsi di ingresso nella pubblica amministrazione e politiche industriali volte a favorire l’assunzione di personale qualificato nella ricerca nelle imprese private.
- Le proteste degli studenti nella scorsa primavera hanno riportato alla luce l’inadeguatezza degli attuali strumenti per il diritto allo studio, a partire dalla questione degli alloggi. Serve una svolta, cominciando dall’utilizzo dei fondi del PNRR, per i quali anche le difficoltà fin qui manifestatesi sull’edilizia universitaria confermano l’inadeguatezza di un impianto che privilegia i finanziamenti agli operatori privati rispetto alla costruzione di alloggi pubblici. Serve, inoltre, un immediato intervento nazionale per azzerare il ritorno del vergognoso fenomeno degli studenti “idonei ma non beneficiari” di borse di studio (perfino in regioni “prospere” come il Veneto!). Rafforzare le politiche per il diritto allo studio è una priorità assoluta per contrastare gli effetti del calo demografico, aumentare il numero di matricole e laureati ed evitare il risorgere di barriere censitarie nell’accesso ai livelli più avanzati dell’istruzione, in evidente contrasto con la Costituzione.
- La nuova figura del contratto di ricerca, prevista dalla legge n. 79/2022 approvata al termine della scorsa legislatura, non è ancora partita, essenzialmente perché più costosa rispetto ai vecchi assegni di ricerca. Visto che non è pensabile un’ulteriore proroga degli assegni, va individuato un fondo transitorio di incentivazione – anche nelle pieghe del PNRR – che consenta agli atenei e agli enti di ricerca di attivare il nuovo strumento del contratto (che rappresenta un primo significativo passo per ridurre la precarietà e aumentare le tutele dei giovani ricercatori) senza ridurre il numero di posizioni disponibili.
Su altri temi di fondo del sistema universitario (meccanismi premiali di distribuzione delle risorse tra gli atenei, sistemi di valutazione della ricerca, governance degli atenei e rapporto con i finanziamenti privati, regolamentazione delle università telematiche), si manifesteranno probabilmente differenze rilevanti fra la maggioranza e l’opposizione. Sui 4 temi che ho indicato, se le parole della ministra Bernini indicano davvero una consapevolezza nuova, c’è lo spazio per un immediato impegno comune delle principali forze politiche, a tutela di scelte vitali per l’avvenire del Paese.