di Umberto De Giovannangeli
Imparare dal Brasile. Dalla resistenza popolare messa in atto da una destra “trumpista” che vuole azzerare le conquiste sociali attuate da una sinistra che vede il suo leader più autorevole, l’ex presidente Lula, rinchiuso in carcere con una condanna a 12 anni dopo un processo-farsa. Imparare dallo straordinario movimento di donne che, sabato scorso, a riempito le piazze delle più importanti città del Brasile, per dire “No” al candidato della destra che ha riversato sulle donne i peggiori insulti machisti. Il Brasile al voto. HuffPost ha intervistato Massimo D’Alema, già presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, oggi a capo della Fondazione Italianieuropei. D’Alema ha avuto modo d’incontrare Lula in carcere e ha partecipato in Brasile a iniziative per la sua liberazione e di denuncia per “una democrazia sequestrata”.
Il Brasile va al voto per il primo turno delle elezioni presidenziali. Perché queste elezioni sono così importanti non solo per i brasiliani, ma per l’intera America Latina?
L’America Latina ha vissuto una stagione molto importante. Dopo quella democratica, abbiamo avuto la stagione della sinistra o del centrosinistra, che ha assunto forme diverse. In alcuni Paesi ha assunto una caratterizzazione più marcatamente populista, nazionalista, in altri Paesi ha invece assunto un profilo più riformista. In questo quadro, l’esperienza brasiliana è stata molto significativa. E questo perché le forze democratiche e progressiste hanno caratterizzato tutta una lunga fase di storia della democrazia brasiliana: prima con la presidenza di Fernando Enrique Cardoso, e poi, nella fase più recente, con la presidenza di Lula, e cioè con uno spostamento a sinistra molto chiaro, con l’avvento al governo di questa forza originale, il Pt. Si tratta di un partito che nasce come un rassemblement delle forze progressiste di diversa origine, e con una impronta sociale molto forte, innanzitutto per la personalità del leader, Lula, che è un operaio metallurgico, diventato poi un capo sindacale, peraltro molto legato all’Italia. Il suo primo riferimento italiano è stata la Fim Cisl, in quanto Lula è un metalmeccanico cattolico, e poi il legame con la sinistra italiana, anche perché loro, abituati ad avere a che fare in Brasile con un partito comunista piuttosto settario, hanno conosciuto in Italia un comunismo democratico, più aperto, più capace di comprendere l’originalità dell’esperienza politica di cui Lula si era fatto protagonista. Da qui un legame, anche personale, che non nasce certo oggi. Pensi che in un nostro incontro abbiamo rievocato che lui era al congresso di Rimini quando noi cambiammo il Pci in Partito democratico della sinistra….
E come reagì a questa scelta?
Con curiosità. Lula non era legato all’ortodossia comunista….
Dai ricordi all’attualità. Lula in carcere, il Brasile al voto…
Quello che succederà in Brasile è per capire se questa stagione è finita, cancellata da una rivincita di classe. Sì, una rivincita di classe. Il ceto economico dominante, che era solidale con le dittature, che ha dovuto subire la democrazia, e che oggi pensa di poter tornare a comandare, attraverso il voto e dovendosi comunque misurare con la democrazia, sfruttando le difficoltà, indubbie, dei governi a guida Pt. Governi andati in difficoltà a con la crisi economica e anche per aver perduto l’interlocuzione con l’amministrazione Usa con l’avvento alla Casa Bianca di Donald Trump e una decisa, radicale svolta a destra. Questa è una constatazione politica, una verità storica, non dettate da un pregiudizio ideologico. Gli yankee considerano l’America Latina il cortile di casa. Quello che avviene in America Latina non è mai totalmente indipendente da quello che accade a Washington. Una rivincita dei ceti dominanti, prim’ancora che della destra politica che di quei ceti e dei loro interessi è strumento. Stiamo parlando di Paesi, come il Brasile, in cui le differenze sociali sono enormi. Differenze di razza, di destino, dove c’è un atteggiamento dei ricchi verso i poveri di tipo schiavistico. Una delle cose più urtanti di Lula, è quando dice: io voglio che i figli dei poveri vadano alla stessa università dei figli dei ricchi. Questa è una cosa che l’oligarchia brasiliana non tollera. Non tollera che si possa dirlo, oltre che praticarlo. Di questo mondo stiamo parlando. Una oligarchia che ha pensato a una possibile rivincita. Il voto ci dirà se questa rivincita potrà prevalere oppure se sono ormai radicati degli anticorpi, delle forme di protagonismo popolare che non consentono questo. Il Messico ha già lanciato un messaggio positivo…”.
L’elezione alla presidenza di Lopez Obrador…
Certo che sì. E’ stato un voto chiaramente ‘anti Trump’. Tutta la campagna elettorale è avvenuta su questo. Per tonare al voto in Brasile, insisto nel sottolineare che si tratta di un test molto importante non soltanto sulla democrazia brasiliana, ma anche per capire dove va questa parte del mondo. Tenendo conto, in più, che la sinistra brasiliana non è populista. Anche nel governo del Paese, ha dimostrato di essere una sinistra avanzata, una sinistra colta, con una classe dirigente che ha una impronta europea. Il Brasile è un grande Paese, che ha una élite interessante. Io non ho mai conosciuto nella sinistra brasiliana i Maduro o i Daniel Ortega: non ne esistono. E neanche i Chavez. Lula mi diceva molte volte che era costretto a occuparsi di Chavez molto più che dei propri figli, perché, confidava, Chavez combina più guai lui dei miei figli… Dopo di che Lula era contrario all’isolamento del Venezuela, cercava di assisterli per evitare che facessero errori. In Brasile è avvenuta una potente controffensiva reazionaria. Questa è la lettura. Sì c’è anche la corruzione, come ce n’è in tutto il mondo. E’ stata liquidata una presidente eletta, Dilma Rousseff, con una procedura chiaramente illegittima. Perché in un regime presidenziale l’impeachment si può fare se ci sono delle responsabilità personali gravi, molto gravi, del presidente. Dilma Rousseff è stata cacciata perché c’era un processo contro alcuni dirigenti del suo partito. Ma cosa c’entra? Lei è stata eletta come persona non come partito! La maggioranza parlamentare, spinta dai grandi mezzi d’informazione che sono un monopolio – pensiamo al gruppo del Globo – nelle mani dei poteri finanziari del Paese- e sull’onda di una campagna violentissima, ha cacciato un presidente eletto con una procedura chiaramente illegittima. Poi è scattata una operazione giudiziaria, condotta in modo vergognoso, per liquidare anzitutto una persona, Lula, che per giudizio unanime se fosse candidato vincerebbe le elezioni al primo turno. Non è che parliamo di una persona qualsiasi, ma l’obiettivo era quello di distruggere un partito, il Pt, di annientare la sinistra, di creare le condizioni per via giudiziaria di una svolta politica. Con forzature pazzesche denunciate da tanti giusti di fama internazionale e non certo tacciabili di ‘sinistrismo’, come lo spagnolo Baltazar Garson, e dallo stesso Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Lula è stato condannato a 12 anni di prigione perché secondo l’accusa avrebbe ricevuto in dono una casa da parte di un’azienda; casa di cui non ha mai preso possesso. E non c’è un solo documento che testimoni che lui ne sia il proprietario, ma solo testimonianze di pentiti. Dodici anni di prigione, escluso dalla competizione elettorale. Condannato dallo stesso giudice che lo ha messo sotto accusa, come se da noi le sentenze le emettesse la Procura della Repubblica…Questo naturalmente è un problema dell’ordinamento brasiliano, ma questo è caso davvero aberrante. Tant’è che Lula ha più volte dichiarato di non volere un indulto, ma di pretendere, e per questo continua a battersi dalla cella nella quale è rinchiuso, un processo giusto. In un processo normale, il problema sarebbe se assolverlo per insufficienza di prove o per non aver commesso il fatto. Che lui non possa essere condannato è ovvio. Dodici anni di prigione…Scajola la casa l’aveva avuta. Ma avendo lui detto che non lo sapeva, è a piede libero ed anzi ora è sindaco di Imperia… Alla vigilia della pronunzia della Corte Suprema, dove la posizione avversa a Lula è passata per un voto, il capo delle Forze Armate, ha detto che le Forze Armate non avrebbero tollerato alcuna indulgenza verso la corruzione. E’ una situazione molto pesante. Per…”.
Per, presidente D’Alema?
La singolarità del Brasile è che questa svolta a destra incontra una fortissima resistenza popolare…
Ma la portata di tutto ci sembra sfuggire alla sinistra europea…
Bisognerebbe discutere di cosa ne è oramai della sinistra europea, delle sue categorie. E’ avvilente tutto questo…Comunque io sono stato in Brasile per partecipare a diverse iniziative, come ha fatto Zapatero…So che non sono l’unico. E a mobilitarsi sono state anche figure che non appartengono alla sinistra, come l’ex premier conservatore francese de Villepin che ha partecipato a un evento che aveva come tema le minacce alla democrazia. Assieme a noi, c’era quello che è stato il leader storico della sinistra messicana, Cuauht←moc Cardenas, c’era Noam Chosmsky, ha inviato un messaggio Bernie Sanders, insomma un po’ di gente nel mondo che si rende conto che quello che accadrà in Brasile è importante fortunatamente c’è. Purtroppo l’Europa è molto ripiegata su se stessa e l’Italia è ripiegata due volte. Detto questo, la cosa che colpisce del Brasile è in primo luogo la forza di quest’uomo, di Lula. La forza di ciò che lui ha fatto. Perché Lula ha dato ai poveri brasiliani coscienza di sé e della propria forza. Altrimenti è inspiegabile il rapporto che lui ha con il popolo. Lula è chiuso in una cella. Studia, legge, ma non è che può andare a fare manifestazioni. Migliaia di persone si sono accampate di fronte a questo Distretto di polizia dove è incarcerato, si danno il turno, attendati, da cinque mesi. Per non farlo sentire solo. E tutto questo si è riversato sul candidato da lui indicato…”.
Fernando Haddad.
Un uomo simpatico, bravo, garbato, mite, scelto così anche per rassicurare la borghesia. D’altra parte, Fernando Haddad è un uomo della borghesia, docente di Scienze politiche, è stato ministro dell’Educazione nel governo di Lula, è stato sindaco di San Paolo…E’ illuminante vedere l’andamento dei sondaggi: Haddad parte a fine agosto dal 4% e ora è testa a testa con il candidato della destra, con la prospettiva di poter vincere al ballottaggio. Un fatto ancor più sorprendente se si tiene conto che loro, Haddad e il Pt, non hanno giornali, non hanno le televisioni, non hanno nulla di mediaticamente rilevante: solo la rete e il passa parola. E’ come un’onda. Haddad stesso mi ha raccontato di una sua visita alla favela di Rio. Gente curiosa, che lo guardava, e poi uno che grida: è il candidato di Lula!. E tutta la gente scende in strada per toccarlo. E poi c’è il fatto che la società brasiliana non vuole tornare a destra. C’è una resistenza sociale che alla fine potrebbe rivelarsi fondamentale per la vittoria del candidato della sinistra. I candidati della sinistra, come spesso succede, sono diversi, per Haddad è emerso, per la forza di Lula, come il candidato principale, sottraendo consensi ad un’altra personalità politica di grande spessore, Ciro Gomes, e anche alla candidata dei Verdi, Marina Silva, che è stata anche ministra di Lula. Gomes ha già detto che se Haddad andrà al ballottaggio lui lo sosterrà, Silva non lo ha esplicitato, ma non ho dubbi che il suo elettorato finirà per sostenere, al ballottaggio, Haddad contro il candidato della destra più oltranzista. Tanto più in presenza di un movimento straordinario, contro la destra, che ha come principali protagoniste le donne. Il candidato della destra, Bolsonaro, un ex ufficiale dell’esercito che ha scelto peraltro un generale in pensione come suo vice, ha sostenuto nella sua campagna elettorale che le donne stanno bene in cucina, a letto… le cose brutali della destra che cavalca il più rozzo maschilismo. Contro questa deriva sessista le donne si sono mobilitate. La cosa è partita da un comitato in rete che si chiama: “Quello no”. Sabato scorso hanno dato vita a una giornata nazionale di mobilitazione contro il candidato della destra, con la parola d’ordine ‘Quello no’, che ha portato milioni di donne a riempire le piazze di tante città brasiliane”.
Una resistenza popolare, quella brasiliana, che ha una fortissima connotazione di classe e di genere…
E’ così. Dopo il golpe contro Dilma Rousseff, uno dei primi provvedimenti della nuova maggioranza che si è creata, è stato stabilire un limite costituzionale alla spesa per la sanità e per la scuola. E un’altra grandissima questione su cui questa nuova maggioranza si è qualificata è la seguente: al largo del Brasile è stato scoperto un giacimento petrolifero pari alle riserve dell’Arabia Saudita. Il governo di sinistra aveva stabilito che non si potessero fare ricerche o avere concessioni da parte di compagnie private straniere se non in società con la compagnia pubblica brasiliana. La destra che ha preso il potere ha messo sotto attacco questa disposizione. Questo per capire la posta in gioco e gli interessi, enormi, anche internazionali, in ballo. Ma il popolo brasiliano ha preso gusto all’idea di un governo che sta dalla sua parte, che combatte le disuguaglianze, che combatte la fame”.
Insomma: imparare dal Brasile…
Che dire: lì la politica è ancora il riflesso di uno scontro sociale molto forte. Da noi la società è più frantumata. La forza della politica in Brasile deriva dal fatto che lì viviamo ancora nel capitalismo, mentre qui siamo nella società post industriale e le cose sono più complesse. Come ho ricordato in un recente dibattito su Marx, il capitalismo classico produce il suo antagonista storico, mentre il capitalismo finanziario globale, no.