Intervista a Il Corriere della Sera
di Tommaso Labate
Presidente D’Alema, che impressione le fa vedere persone che conosce da anni, come Antonio Panzeri, coinvolte in uno scandalo come il Qatargate?
«Sono colpito e addolorato. Anche perché le persone coinvolte hanno una storia tale per cui non si può che rimanere colpiti e addolorati. Condivido l’intransigenza di Roberto Speranza e del Pd. Non trovo però accettabile che si prenda questa vicenda e la si usi come una clava per demolire una storia e una classe dirigente, facendo confusione tra cose che sono totalmente non assimilabili tra loro».
Panzeri e Cozzolino in passato sono stati censiti tra i «dalemiani».
«È un aggettivo il cui utilizzo, com’è noto, ho sempre contestato. Panzeri è uno degli esponenti che ha aderito ad Articolo Uno, Cozzolino no, comunque sia sono persone che conosco da anni e che ho stimato. Nel caso di Panzeri parliamo dell’ex segretario della Camera del Lavoro di Milano. Una figura con una storia sindacale importante alle spalle, non certo l’assistente di D’Alema».
I sacchi con le banconote nelle case private, negli uffici.
«Non avrei mai potuto sospettare una cosa del genere e infatti la trovo un’indecenza, che merita una riposta ferma in difesa del Parlamento europeo. Devo dire che ho molti dubbi sul fatto che questo tipo di pressioni abbia impedito all’Europa di prendere le sue decisioni. Infatti a me risulta che il Parlamento europeo si sia pronunciato in modo molto severo rispetto al tema dei diritti umani in Qatar. Comunque sia, anche soltanto il tentativo di condizionare le istituzioni attraverso un’opera corruttiva è inaccettabile».
Si indaga anche sugli eurodeputati amici del Marocco. Circolano le foto del 2012 di una conferenza del Mediterraneo organizzata dal Pd e dai Socialisti europei in cui, tra relatori e ospiti, figuravano Gualtieri, Panzeri, Cozzolino. Il convegno venne chiuso da un suo intervento.
«Non mi risulta che parlare a un convegno sia un reato. E comunque, il Partito socialista marocchino è membro dell’Internazionale socialista, abbiamo sempre avuto tanti rapporti. In Marocco, in cui è in corso un processo di democratizzazione che non si vede certo in Qatar, un socialista a un certo punto è arrivato addirittura alla carica di primo ministro. La nostra azione è sempre in difesa dei diritti umani e della democrazia, per cui in quel mondo abbiamo avuto sempre relazioni importanti con le forze che si muovono in queste direzioni».
Il vicesegretario del Pd, Provenzano, evocando anche la sua attività, ha detto che vedere ex leader della sinistra fare i lobbisti in grandi affari istituzionali non è solo triste; ma dice molto del perché la gente non si fida più della sinistra.
«Provenzano ha detto una cosa giusta. E cioè che non si possono accettare porte girevoli tra politica e attività economica. Io però non faccio né l’affarista né il lobbista. Da diversi anni ho un’attività di consulenza prima di avviare la quale, è agli atti, ho scritto al segretario Speranza una lettera di dimissioni dagli organismi dirigenti di Articolo Uno. Non ci sono nel mio caso porte girevoli; ma diverse stagioni nella vita che devono essere scandite da un rigido principio di incompatibilità. Io le ho scandite, diciamo».
Ammetterà che in tanti non la pensano così.
«Vede, questo tipo di attività deve essere fatto alla luce del sole. Io non sono più in Parlamento dal 2013, mi sono dimesso dagli organismi dirigenti del partito a cui sono iscritto, poi ho creato una società, collaboro con società internazionali, presento bilanci. Tra l’altro concorro in questo modo largamente a finanziare la mia fondazione e la rivista. Non faccio un’attività sotterranea. E tutto trasparente, tutto controllabile. Qualcuno dice che non è opportuno? Be’, in tutti i Paesi del mondo ci sono persone che hanno avuto un ruolo istituzionale e che poi continuano a dare un contributo utilizzando le loro competenze al servizio dello sviluppo economico. Le aggiungo un’altra cosa, visto che ci siamo. Persino una persona solitamente mite come il sottoscritto arriva al punto in cui non ne può più di leggere certe menzogne. Infatti mi sono rivolto agli avvocati per discutere della questione nelle sedi preposte. È falso, tanto per dirne una, che io abbia fatto da mediatore nella vendita di armi o che abbia truffato il governo italiano con ventilatori difettosi».
Si riferisce agli affari con la Colombia?
«Ho dato una mano a un imprenditore con una qualche imprudenza, lo ammetto. Ma se avessi partecipato a una compravendita di armi sarei stato oggetto di attività giudiziaria. Parliamo di reati. Reati che, non a caso, nessuno mi contesta».
E sulla vendita dei ventilatori difettosi all’inizio della pandemia?
«C’era una corsa disperata ad acquistare questi prodotti sul mercato cinese, perché si producono soprattutto lì, e tutti andavano e pagavano in anticipo. E visto che l’Italia non poteva farlo per le nostre regole amministrative, a me fu chiesto di trovare qualcuno che comprasse in vece nostra, mettendoci i soldi. Io ho trovato un’associazione che l’ha fatto. Ma attenzione (mostra l’email di richiesta col logo della presidenza del Consiglio, ndr): il modello del ventilatore fu scelto, su indicazione del Comitato tecnico scientifico, dalla Protezione civile italiana non da D’Alema, che non c’entrava nulla. Presumo, prima di pagarli, che abbiano verificato che funzionassero. Ma lo presumo, visto che io ho solo fatto un favore e non ho venduto niente a nessuno».
E impegnato ad aiutare il Qatar a rilevare la raffineria di Priolo?
«Anche qui (sorride, ndr), “aiutare il Qatar…”, quante bugie. Una cordata di investitori internazionali, tra cui è presente un imprenditore qatariota, si è rivolta anche me per l’acquisizione della raffineria. A loro ho dato un consiglio: vi interessa? Bene, come prima cosa andate a parlare col governo. Cosa che abbiamo fatto prima col governo Draghi, attraverso il ministro Cingolani, e ora col governo in carica. Massima trasparenza. Vogliono mantenere livelli occupazionali, rilanciare l’area, rispettare i paletti europei della transizione energetica. Se poi si decide il principio che non si possono accettare investimenti che provengono da Paesi non democratici, sarò il primo ad attenermi; naturalmente bisognerebbe smontare circa la metà dell’economia italiana e anche un bel pezzo del campionato di calcio. Questo è il festival dell’ipocrisia. Tra l’altro, non ricordo grandi sollevazioni intellettuali quando Gheddafi, che non era un campione della democrazia, era entrato nel capitale di grandi aziende italiane, anche dell’informazione…».
Voterà al congresso del Pd?
«No. Perché ho sempre pensato che il segretario di un partito debba essere scelto dagli iscritti. E io non sono un iscritto di quel partito».
Potrebbe tornare a esserlo presto.
«Seguo con molta attenzione il dibattito congressuale del Pd. Alla fine di questo percorso, mi atterrò alle indicazioni del mio segretario, Speranza».