Rutigliano: cara Myrta Merlino, non ci sto a dire che è tutto come a marzo

Politica e Primo piano

Pubblicato su Huffington Post

di Carlo Rutigliano

Cara Myrta,

condivido le tue preoccupazioni e avverto anche io le stesse angosce. Come tutti, peraltro, ho paura. Ho paura, per me e per i miei cari, di soffrire e di rischiare la vita sotto i colpi duri di questa malattia. Temo un altro lockdown che metterebbe a rischio il mio lavoro e, come chi ti scrive, soffro il perdurare di limiti e precarietà, ma proprio non riesco ad essere d’accordo con quello che scrivi.

Quella che si è abbattuta sul mondo intero è una catastrofe epocale che sta mettendo a dura prova organizzazione e sistema sanitario di tutte le nazioni. È un problema complesso dove l’unica certezza è che non abbiamo ancora soluzioni definitive. Eppure il quadro è cambiato.

A marzo l’Italia era il lazzaretto del Mondo. Il Paese più infetto dopo la Cina. Oggi siamo in fondo a tutte le classifiche di contagi. Quella italiana è stata la prima democrazia occidentale a fronteggiare l’epidemia, a prendere decisioni allora impensabili. Ha fatto da apripista tanto da diventare il modello da seguire. Allora si testavano pochissime persone, quasi esclusivamente sintomatiche. Oggi la nostra capacità di test è decuplicata. Allora avevamo 5.179 posti letto in terapia intensiva, oggi ne abbiamo 6.628 e presto ne avremo 8.288. Il 21 marzo i contagiati erano 6.557, il 24,9% dei tamponi effettuati che erano solo 26.336. Ieri abbiamo avuto 19.143 contagi con 182.032 tamponi. Una percentuale di positivi dimezzata. Quindi no. Non ci sto al racconto che tutto è come a Marzo.

Certo, serve fare di più e meglio, e farlo presto è un imperativo morale prima ancora che politico. Perché le code per i tamponi ci sono. Perché le Asl non riescono a seguire tutti come servirebbe. Perché non sempre gli approvvigionamenti arrivano puntuali.  Ma non possiamo, adesso, a questo punto, in questa situazione, liquidare il tutto imputando le storture ad un governo che “non decide ma consiglia”.

Più giusto sarebbe raccontare che vent’anni di classi dirigenti, tutte, da destra a sinistra, politiche e non, hanno ridotto questo Paese un colabrodo. Che oggi paghiamo il conto tragico di anni di errori strategici. Solo sulla sanità in un decennio sono stati fatti trentasette miliardi di tagli con una perdita di oltre 70.000 posti letto, oltre 350 reparti chiusi, un’infinità di piccoli ospedali abbandonati e la medicina territoriale con le gambe tagliate. Quanto ha inciso questo sulla nostra capacità di rispondere ad una crisi della portata del Covid? Quale Governo può riparare in sei mesi a ritardi ed errori accumulati negli ultimi vent’anni? Comprare ventilatori e produrre mascherine è una cosa, altra gli ospedali da allestire. Servono medici, infermieri e anestesisti la cui formazione non si acquista con una gara pubblica. Occorre tempo.

La verità è che stiamo correndo una gara di Moto GP con un vecchio scooter malmesso perché i soldi per la moto li abbiamo spesi in altro. E non possiamo arrabbiarci con il pilota se sopra i sessanta all’ora il motore si ingolfa.

Vedi Myrta, non è la difesa del Governo che mi interessa. Non mi appassiona nessuno spirito di partigianeria. Ma da giovane (ancora per poco) con la passione per la politica, penso che per affrontare la complessità che ci è piovuta addosso, oltre la responsabilità, occorre un grande senso di equilibrio.

Serve andare in profondità sulle questioni per leggerle e raccontarle. Troppo facile rimuovere il passato, dividere il campo tra vittime e colpevoli e derubricare ad una questione di politica nazionale un dramma come quello che stiamo vivendo. Lo si legge nelle frasi fatte, intrise tanto di rancore che di retorica – e per giunta di parte – come quelle di Bertolaso che tu citi. Questo invece è il momento delle parole pensate. E’ il momento delle azioni responsabili. Perché adesso ci si salva solo se con responsabilità restiamo uniti. Ne usciamo insieme, o semplicemente non ne usciamo.