di Daniela Preziosi
Incontriamo Pier Luigi Bersani alla festa dell’Unità di Cesena, accolto dagli abbracci dei compagni della Romagna. C’è un ‘altra emergenza piogge. Gli chiedono che fa il governo. Racconta di quando l’Emilia-Romagna fu la prima regione ad arrivare in Irpinia, dopo il terremoto del 1980, «e non erano certo una regione rossa». Lui c’era. «Oggi qui il governo fa due cose: nega il problema climatico e fa un’operazione politica: porta via dalla Romagna il comando delle operazioni, dopo l’esemplare vicenda della ricostruzione dal terremoto. Io la penso così: primo, ci vogliono i soldi per i ristori e per i rimborsi. Secondo, hanno in testa un meccanismo dove il commissario fa il controllore? No: il generale si deve prendere le sue responsabilità, valida le richieste e firma. Tanto più che il commissario è un generale con la penna sul cappello, con tutto il rispetto e la stima. Ma allora firma». Invece a Roma sono le ore della battaglia per il salario minimo, in commissione Lavoro. Uno spiraglio di dialogo si è aperto.
La destra è partita da un no secco. Perché?
È l’ideologia post missina: sono corporativi in materia economica e sociale, fanno l’equo compenso per gli avvocati ma non il salario minimo per i lavoratori.
Poi però Meloni ha offerto un dialogo: il salario minimo è un tema che smuove anche i suoi elettori.
Schlein ha fatto benissimo a dire che era pronta a incontrarla. Ma l’apertura della discussione in aula è il 27 luglio (domani, ndr). Se hanno bisogno di tempo, va bene, ma senza l’emendamento soppressivo. Non si può discutere con una pistola puntata.
Perché i lavoratori poveri votano a destra?
Ci sono milioni di persone senza contratto. E un’inflazione che negli alimentari viaggia al 10 per cento. Meloni non vuole rispondere a questi numeri. Ma è vero, ci sono molte persone che non hanno votato, o che hanno votato loro. Bisogna svelare il meccanismo: questi prendono voti dai poveri per dare soldi ai ricchi o lasciarli evadere. Hanno cancellato la parola extraprofitti: se andiamo a guardare i bilanci di banche, società energetiche, società di armi, di farmaceutica, si arriva un cubaggio che, a spanne, se vai a prendere 15 miliardi di euro non si fa male nessuno. Ne abbiamo più sentito parlare? E questa è la destra sociale? Non vogliono disturbare chi sta facendo soldi. Meloni se la prende con la Bce che aumenta i tassi? Giusto, ma deve dire cos’altro fare. Deve porsi il problema dei mutui, dei prezzi, di rianimare salari e pensioni. Intanto chiami gli imprenditori e dica: fate i contratti.
Le opposizioni sono unite quasi solo sul salario. Anche sulla mozione di sfiducia sulla ministra Santanchè del M5s (oggi al voto in Senato, ndr) il Pd è tiepido. La ministra sarà rifiduciata non è un boomerang?
Io sono sempre prudente sulle sfiducie individuali, ma in questo caso sono totalmente d’accordo a votare la mozione. Perché una storia così è talmente indigeribile che se vogliono mandarla giù, gli rimarrà sullo stomaco. La ministra ha troppe cose da spiegare. E chi l’ha nominata prima qualche domanda se la doveva fare. Bene, ora vuole difenderla? E allora se la vota.
Resta che Conte soffre la competizione con Schlein. E che fra Pd e M5s c’è il tema della guerra in Ucraina. Perché dopo le europee dovrebbe cambiare qualcosa?
Si può anche ritenere, come sento dire anche nel Pd, che non si può fare accordi con M5s. E allora ci teniamo la destra. Bisogna partire dalle cose che uniscono e rendere compatibili quelle che ci differenziano. Non saremo mai uguali, non ce n’è bisogno. Ma il percorso non è impossibile. Solo che richiede intenzione e generosità. Dobbiamo essere un voto semi-inutile?
Generosità: la chiede solo al Pd?
No, tocca anche a Conte fare una mossa. Ma intanto cerchiamo di essere convinti noi. Uno dei problemi basici del Pd è ritenersi l’equilibrio del sistema. Questo fa confondere il Pd con l’establishment. Invece l’equilibrio del sistema è l’alternanza, l’alternativa, quindi il compito nazionale e storico del Pd è organizzare l’alternativa. È inutile fare i difficili. A qualcuno batte il cuore a sentire nominare Craxi, o Renzi? Va bene, ma non pensi di riallacciarsi ai ceti popolari per questa via. Se no ci teniamo la destra.
Anche l’ex Terzo polo non ha intenzione di allearsi con il Pd.
Calenda pensa di poter dirigere il traffico da una posizione autonoma e centrale. Ma non c’è nel mondo. Ci sono i temi in cui stai di qua o di là: Covid, clima, immigrazione. Ovunque si organizzano campi plurali. Però fargliela capire è difficile. Questione anche di protagonismi: già due galli nel pollaio si beccano, poi quando il campo è piccolo piccolo, è peggio.
Il Pd non ha mai vinto e non ha mai costruito alleanze competitive, solo lei nel 2013 sfiorò la vittoria. Non è che il Pd non può strutturalmente organizzare un campo?
Può essere, ma in un altro senso: non abbiamo colto per tempo il cambiamento. Ci sono stati momenti cruciali. Nel 2013 ho voluto tener fermo il punto e dire: voglio fare il cambiamento, se me lo fanno partire i Cinque stelle lo faccio, altrimenti no. Lasciamo perdere le miserie umane, mi guardavano tutti come se fossi un marziano. Ma non può essere che ti arriva una cosa del genere dalla società, certo confusa, incasinata, dove c’era dentro di tutto, ma aveva preso il 25 per cento. E tu che fai, ti chiudi nella torre o vai a vedere? Può essere questo il limite che impedisce al Pd di essere espansivo, non solo per crescere ma per andare a vedere dove ci sono novità. Lo diceva Moro: quando c’è qualcosa che non capisci preoccupati di tenerlo nel terreno democratico. Noi stiamo sempre sul sicuro.
Infatti è la prima vittima di M5s, non avete già dato?
Sì, ma io sono fatto cosi, quando Grillo mi dava del Gargamella, io mi guardavo allo specchio e dicevo: ma torto del tutto non ce l’ha. Guardi che io gliele ho dette chiare ai grillini, dissi che avevano un linguaggio fascistoide. Ma è possibile che prendono il 25 per cento ed erano tutti pazzi e fascisti? Se si vuole vincere, eh. Oggi i M5s cosa hanno di complementare a noi? Una sensibilità su temi come l’ambiente, la povertà, quella che si chiamava antipolitica e che è ora di chiamare sobrietà della politica, il radicalismo civico. Non hanno l’hardware dell’uguaglianza, il welfare universalistico, la fiscalità progressiva, i diritti del lavoro sono il nostro background. È così, bon. Ma mettere insieme l’Ulivo e l’Unione non fu una passeggiata di salute.
I riformisti del Pd non vogliono l’alleanza?
Questa storia dei riformisti e dei massimalisti è un’altra stupidaggine. Dire che è una vergogna che ci siano salari a tre euro l’ora è troppo di sinistra? Che sta cascando la sanità pubblica, che ci vuole un fisco progressivo, pronunciare le parole “cessate il fuoco” o “problema climatico”, e un bambino è un bambino e va accolto e registrato: è troppo di sinistra? A queste domande rispondono no sia Schlein che Guerini. Allora: se una distinzione nasce da una differenza vera, puoi perfino espanderti. Ma quando ti inventi le differenze, stai parlando d’altro: di posizionamento e di controllo del partito. Ma se è questo possiamo riposarci e andare tutti al mare. A Elly, da semplice iscritto, ho dato un consiglio: a quest’ultimo congresso è successo che il voto degli iscritti è stato contraddetto alle primarie. Questa cosa va ricomposta. Agli altri tocca riconoscere che se è successo è perché c’era un partito chiuso che non vedeva gente che era a un metro a distanza. Per combattere uniti c’è una strada. Elly, hai fatto trenta, fai trentuno: sai quanta gente c’è che vuole sentirsi dire, credibilmente, vieni, c’è un nuovo Pd. Io sono diventato comunista quando Berlinguer ha detto: entrate e cambiateci. E ho trovato chi mi è venuto a cercare, sapendo che potevo anche disturbare. E poi serve una vera discussione politica, perché il meccanismo delle primarie, con tutti i suoi lati positivi, non la consente.
L’assemblea della corrente di Bonaccini era un “posizionamento”?
Non ho letto di temi su cui è stata visibile la differenza. Massimalisti, riformisti, facciamoci capire: salario minimo. Lo dico anche a quei sindacalisti che non sono d’accordo: il sindacato non può farcela da solo senza una sponda normativa. Ci sono contratti al ribasso. Come fa il sindacato da solo a domare una bestia che ha in cima l’algoritmo e in fondo c’è un rapporto semi-schiavistico? La nostra battaglia è questa, diritto al lavoro, sanità, fisco: sono temi riunificanti. Su questi ci sono massimalisti e riformisti?