Bersani: pronto a qualsiasi inciucio pur di non votare col Rosatellum

Politica e Primo piano

Intervista a Il Fatto quotidiano

di Paola Zanca

Martedì sera, Salvini, lo hanno battuto in tv. Ospiti di Giovanni Floris, Giuseppe Conte e Pier Luigi Bersani hanno avuto quasi mezzo milione di telespettatori in più della tombolata che Retequattro aveva organizzato per il leader della Lega. Ma al di là delle performance televisive, l’ ex premier incaricato, anima di Articolo 1, è assai convinto che per il capo dei giallorosa sia ora di aprire “la fase tre”. E di “prendere in mano la spina” che qualcuno vuole staccare al governo. Perché “non è il salvatore della patria” e ha fatto “la scelta opinabile” di fare “il notaio” dei gialloverdi. Ma Conte “ha dimostrato di avere i numeri per fare bene” e il “fisico sufficiente per buttarsi quando c’è un problema”: “A Taranto, per esempio: non so quanti altri presidenti del Consiglio si sarebbero presi la briga di andare lì in mezzo”.

Ieri Conte ha detto che “il suo cuore batte più a sinistra”. Se la sente di dargli questa patente?

La manovra che stiamo per approvare comincia ad alludere a un programma di centrosinistra. C’è la lotta all’evasione, c’è il welfare, c’è una vera svolta nella sanità, c’è lo sviluppo green. Ma attenzione: dopo che la montagna è stata scalata, ovvero dopo il via libera alla legge di Bilancio, si affacceranno mesi anche più complicati, perché tutti si sentono più liberi.

Liberi di fare cosa?

Di avanzare pretesti. Ecco, io credo che Conte debba dire fin da adesso che non li accetterà: deve pronunciare davanti al Paese un programma di riforme, due o tre punti che mettano tutti d’accordo, e dire che la spina del governo ce l’ha in mano lui. Al primo pretesto, la parola spetta a lui.

Di pretesto ora ce n’è uno bello grosso: votare prima del referendum sul taglio dei parlamentari. Non crede?

Io la riduzione del numero degli eletti l’avevo nel mio programma di governo nel 2013: ma l’accompagnavo a una riforma dei regolamenti parlamentari e a una nuova legge elettorale.

Rischia di non esserci il tempo. Crede al patto tra Salvini e Renzi per andare al voto?

C’è sufficiente spregiudicatezza da parte di entrambi per ritenere che sia credibile. E c’è pure una oggettiva convergenza di interessi tra i due Matteo: la legge elettorale in vigore sembra cucita addosso alla Lega e, con lo sbarramento al 3 per cento, garantirebbe anche Italia Viva.

Il governo balla sul serio?

Lo dico chiaro e tondo sin da ora: sono disposto a contrapporre pasticcio a pasticcio, pur di cambiare la legge elettorale.

Di solito si chiama inciucio.

Va bene anche l’inciucione, qualsiasi maggioranza che permetta di riscrivere le regole del gioco. Poi si va subito a votare, ma non possiamo arrivare nudi alla meta, cioè prestarci a giochini e ricatti.

Le leggi elettorali si scrivono in base agli attori in campo. Lei crede che l’alleanza tra centrosinistra e Cinque Stelle possa continuare?

Ormai è chiaro a tutti che c’è una destra e una sinistra. La destra esiste già, la sinistra deve farsi. Quelli che si richiamano al centro, che dicono che non stanno né di qua né di là, sono piccole avventure narcisistiche, gente che si affolla in un metro quadro.

Renzi, Calenda… a chi pensa?

Ce ne sono tanti.

Lo dice anche Di Maio.

Ma avete visto quelli che escono dai Cinque Stelle dove vanno? A destra. E quindi dentro che cosa rimane? Anche solo per sottrazione, è un processo ineluttabile. D’altronde, che cosa ci stanno dicendo le Sardine?

Cosa vi stanno dicendo?

Che vogliono una politica decente, competente, che vogliono difendere la Costituzione e l’antifascismo.

Dette cosi, sembrano quasi delle ovvietà.

Come tutti i movimenti pre-politici vanno ai fondamentali. Tutti si chiedono ‘cosa fanno le Sardine?’ e invece dovremo chiederci cosa facciamo noi. E noi, nel campo del centrosinistra, siamo fermi sulle gambe da mesi e mesi. Lasciamoci alle spalle questi anni e battezziamo una diversa sinistra.

Cosa ha pensato quando ha visto le Sardine riempire piazza Maggiore?

Ho pensato che avevo ragione quando parlavo della mucca nel corridoio e dicevo che per parlare ai tanti che non hanno riferimenti bisognava mettere tutto in gioco: i nomi, i simboli, i programmi. Invece, di fronte a un fatto mondiale come l’avanzata del sovranismo, c’è chi pensa ancora di usare i ferrivecchi.

La segreteria Zingaretti non ha dato al Pd l’impulso che serviva?

Con amicizia, dico solo che i tempi per portare il Pd in una cosa più larga sono troppo lenti e con troppe contraddizioni.

Il caso dell’Emilia-Romagna dice che anche peri 5Stelle la strada è ancora lunga.

Il Movimento è nato nel cuore dell’Emilia Romagna, proprio in opposizione al partito che governa la Regione da sempre. È un dissidio familiare difficile da superare.

L’eventuale sconfitta di Bonaccini mette a rischio il governo?

Io sono ottimista, perché i risultati della buona amministrazione convincono non solo gli elettori Pd, ma anche quelli di centro e della destra liberale. Piuttosto vedo un rischio, in un’Emilia profonda che ha bisogno di messaggi più di senso. Serve più cuore e più coraggio, che poi è il nome che porta la lista che sosteniamo come Articolo 1.

Che effetto le fa sentire Beppe Grillo, quello che la chiamava Gargamella, dire che “stringe la mano” al Pd?

Siamo più o meno coetanei, vale per me come per lui l’ultima schermata dell’Edipo Re di Pasolini: “La vita finisce là dove comincia”. Grillo non va da nessuna parte. Torna dov’era. E ci starà a lungo, sia chiaro!