Bersani: Meloni sulla strage di Bologna non merita rispetto

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Francesca Schianchi

In un bar a poche centinaia di metri dal Senato, l’ex deputato Pier Luigi Bersani estrae dal portafogli la tessera nuova di zecca del Pd. Si rigira tra le mani il rettangolino tricolore rilasciato dal circolo Piacenza centro, simbolo del ritorno a casa dopo anni burrascosi, proprio mentre i suoi ex colleghi stanno votando a Montecitorio contro il rinvio della discussione sul salario minimo: «Se il 75% degli italiani è favorevole e quasi tutta Europa lo applica, vorrà dire qualcosa». Ha ancora negli occhi la commemorazione della strage di Bologna a cui ha partecipato mercoledì, e comincia a raccontare: «Il 2 agosto 1980 ero un giovane assessore ai Servizi sociali in Emilia-Romagna da 15 giorni. Mi precipitai in stazione e vidi un’Apocalisse senza confusione».

Cosa intende dire?

«Resistendo alla curiosità, i bolognesi avevano fatto un cordone umano per consentire alle ambulanze di passare. Un’Apocalisse ordinata, come solo a Bologna può succedere. Ricordo che, già allora, chi era lì aveva capito: sono stati i fascisti, dicevano».

«La matrice neofascista è stata accertata nei processi»: lo ha detto chiaro il presidente Mattarella.

«Quando ieri (mercoledì, ndr) ho sentito leggere dal palco il suo comunicato, mi sono venute le lacrime agli occhi. Ci sono voluti 43 anni perché un presidente della Repubblica certificasse quello che avevo sentito quel mattino».

Non ha parlato di matrice neofascista la presidente del Consiglio, invece.

«C’è una saldatura della verità storica, politica e giudiziaria. Se una persona non è in grado di riconoscerla, non merita il rispetto degli italiani, quand’anche fosse presidente del Consiglio».

Sta dicendo una cosa molto dura. Perché secondo lei la premier Meloni non ha fatto quel riferimento?

«E’ una domanda da fare a lei. Ho letto che Minzolini (direttore del Giornale, ndr) chiede una “glasnost italiana” (un’operazione trasparenza, ndr). Ci sto. Partiamo da Ordine nuovo e tiriamo tutti i fili: noi con le Br lo abbiamo fatto, lo facesse anche la destra. E non c’è bisogno di commissioni parlamentari o altro, basta leggersi le carte dei processi».

Invece le commissioni parlamentari si moltiplicano: dalle stragi, al Covid, fino all’operato dell’ex presidente Inps Tridico…

«Anche su questo Mattarella ha parlato chiaro. Assistiamo al tentativo di superare la verità giudiziaria virando su una verità politica. Quando poi si pensa a una Commissione su una persona, come non sentire un vago sentore di manganello?».

Il ministro della Difesa parla di «un sistema di dossieraggio illegittimo» su cui sta indagando la procura di Perugia. La preoccupa?

«È giusto che la magistratura vada a fondo».

Sul salario minimo c’è un vero tentativo di confronto da parte del governo o il rinvio è un modo per non farne nulla?

«Mah, vedo una linea di politica economica e sociale che metterà rapidamente l’Italia fuori dai binari».

Perché?

«I beni alimentari sono aumentati del 4,7% in valore e calati del 5 in quantità: la gente paga di più ma compra meno. I salari hanno perso il 7,4% del potere d’acquisto. In questa situazione, si tolgono 3 miliardi dal sostegno alla povertà. Mentre le semestrali di banche e principali aziende segnalano bilanci record».

Cioè i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi?

«Il fatto è che un ricco non può mangiare dieci volte al giorno per sostenere l’economia. Non si campa solo di export: se non diamo fiato al mercato interno, rischiamo danni alla produzione industriale».

E la linea del governo com’è?

«Non disturbare il manovratore – vedi gli extraprofitti – cercando illusoriamente di proteggere i piccoli imprenditori con sconti fiscali. Ma se il consumo di pesce crolla del 30%, a cosa serve dare alla pescheria lo sconto fiscale?».

Del salario minimo Meloni dice che funziona come slogan, ma rischia di non funzionare come provvedimento.

«Dice di temere che si inneschi una tendenza al ribasso dei salari: mi chiedo come mai non le sia venuta la stessa preoccupazione quando ha promosso l’equo compenso per i professionisti».

C’è un rinvio ma non un no definitivo: riuscirete alla fine a portare a casa qualcosa sull’argomento?

«Sono sicuro che qualcosa succederà, non per buona volontà del governo, ma perché la realtà si impone e qualcosa saranno costretti a fare».

Mentre si discute di quello, il suo collega Fassino sventola la busta paga dicendo che 4.700 euro non è uno stipendio d’oro. E’ d’accordo?

«Basta leggere i giornali o dare un’occhiata ai social per capire l’opportunità di quell’uscita».

Dell’sms inviato a quasi 200mila famiglie per comunicare la fine del Reddito di cittadinanza, cosa ne pensa?

«Questa è la brutalità di gente che non riconosce la povertà. La ministra Calderone dice che, chi vuole, il lavoro lo trova: evidentemente viene da Marte».

Dice che abbiamo speso 25 miliardi senza ottenere i risultati attesi…

«Ma se anche avessimo un tasso di disoccupazione paragonabile alla Germania, come si spiega che anche la Germania ha un reddito di ultima istanza? Nessuna società è così perfetta da non avere a che fare con la povertà. Il loro è un fatto ideologico: i poveri secondo loro sono quelli che stanno sul divano».

Sul Pnrr come si stanno muovendo?

«Si sono incasinati. E sarà ora di dire che è il primo governo che arriva con 200 miliardi da spendere per tutto l’arco della legislatura? Altro che underdog…».

Eppure Meloni dice che sta governando in un momento difficilissimo…

«E qui sorge spontanea una risata cosmica! Pensi che io ero abituato a governi dove per dare 5 dovevi tagliare 10, altro che 200 miliardi da spendere».

Il salario minimo è l’occasione per Pd e Cinque stelle di fare fronte comune?

«Ma anche Calenda! Basterebbe manifestare l’intenzione di costruire un’alternativa. Individuare due o tre temi su cui siamo d’accordo: stanno disarticolando la sanità pubblica universalistica, la vogliamo difendere insieme?».

Calenda sì e Renzi no?

«Renzi sta andando dove lo ha sempre portato il cuore, lontano dalla sinistra».

In campagna elettorale per le Europee, dove si vota con la legge proporzionale, non sarà ancora più difficile la costruzione di un’alternativa?

«A destra vanno separati, ma la gente sa che sono una coalizione. Da qui alle Europee servirebbe farsi vedere su un palco insieme, non per chiedere voti ma per mostrare una convergenza su due o tre temi sociali, guardando al di là di quel voto, che è un allenamento per le Politiche».

A oltre cinque mesi dall’inizio della sua segreteria, come giudica Elly Schlein?

«Nella mia nuova vita frequento molto i giovani: lo sguardo che hanno su di lei è totalmente differente da quello della mia generazione. I giovani spesso mi hanno parlato della sua concretezza, quando qualcuno della mia età le contesta l’evanescenza. Schlein è una sfida sul futuro, e io sono per darle una mano».

Ma sta lavorando bene?

«La incoraggio a tenere il partito aperto e accogliente e a stimolare più discussione politica: se la si facesse, la polemica mediatica tra radicali e moderati evaporerebbe da sola, perché è una stupidaggine. In ogni caso, Elly ha rianimato la compagnia».

Com’è la sua nuova vita?

«Una vita da volontario della politica».

Le manca il Parlamento?

(ride) «Con tutto il rispetto, mi sento meglio adesso».

Se non altro non avrebbe problemi con il dress code, ha sempre portato giacca e cravatta…

«Ah sì, si sono inventati anche quello! I conservatori sono sempre stati indietro di una decina d’anni: culturalmente, avanti come gamberi».