Bersani: il Pd non può fare l’alternativa da solo, ora tocca a Conte

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Annalisa Cuzzocrea

L’appuntamento con Pier Luigi Bersani è al tavolino di un bar del centro, a Roma. È in partenza per il Molise, tre comizi in un giorno per la campagna elettorale delle Regionali, solo l’inizio dell'”estate militante” evocata da Elly Schlein nel suo discorso alla direzione Pd. La prima, dopo il ritorno a casa di Articolo Uno. «Dai, che facciamo tutti un passo avanti», dice l’ex segretario dem davanti a un caffè macchiato: «L’ultima settimana ha messo in moto delle cose che possono chiarire il percorso».

Il governo si è contraddetto con un documento ufficiale sul Mes. Poi è andato sotto in commissione Bilancio al Senato. Segnali di sgretolamento?

«Avranno una navigazione tribolata, ma all’occorrenza non gli mancheranno i soccorsi. Il tema però non sono gli spaghetti di Lotito. Stiamo al merito e spieghiamo bene che arretramenti contiene quel decreto».

Quali?

«Tornano i voucher, si facilitano ancora i contratti atipici. In generale, lavoro più povero e più precario».

Contro la precarietà Schlein è andata in piazza con i 5 stelle, peccato ci fossero Moni Ovadia, il no alle armi all’Ucraina, e siano partite le critiche interne.

«Bisogna dire basta a due cose: alla descrizione di Elly Schlein come una trapezista che cammina sul filo, totalmente fuori dalla realtà. E a queste rappresentazioni stucchevoli del solco tra moderati e radicali del Pd. Propongo di andare al dunque».

Andiamoci.

«È troppo di sinistra dire che è una vergogna avere contratti a 3 euro e mezzo mentre la Germania li ha a 13 euro? O che siamo in testa alla classifica dell’Ocse per la precarietà? Che vogliamo un fisco progressivo e non per categorie? E che si sta andando verso la privatizzazione della Sanità?».

Senza agire sulle norme.

«Non ce n’è bisogno, basta affamarla. È troppo di sinistra sostenere che l’autonomia differenziata è la distruzione dello Stato, pronunciare parole come crisi climatica o cessate il fuoco mentre difendiamo l’Ucraina? Dire che un bambino è un bambino e va accolto, registrato, senza se e senza ma? Se lo è, ci riposiamo, andiamo al mare. Perché è questo il crinale che ci separa dalla destra destra. Siccome il Pd su ciascuna di queste cose ha delle proposte, si fa una piattaforma, la si discute con le altre forze di opposizione e la si finisce con questa rappresentazione riformisti/sinistra, radicali/moderati».

Ma chi la fa questa rappresentazione? Non arriva anche da dentro il partito?

«Certo. E io sento un po’ di disagio quando la parola riformista viene usata in alternativa o in contrapposizione alla parola sinistra. Turati o Andrea Costa rimarrebbero piuttosto sbalorditi. Ma siccome quelle cose che elencavo sono patrimonio di tutti, allora smettiamola di andar per funghi, che ci portan via la casa».

In direzione in molti hanno evocato un problema di metodo: servono più decisioni condivise, meno blitz comunicativi?

«Non c’è dubbio e l’ho sempre consigliato a Elly: hai fatto 30, fai 31, tieni aperto ancora perché c’è un sacco di gente che vorrebbe sentirsi dire credibilmente, e sottolineo credibilmente, “vieni, qui che c’è un nuovo Pd”. Ma ci sono ancora tante barriere. Secondo: metti un appuntamento politico di discussione, di chiarimento, perché il meccanismo delle primarie non lo ha mai consentito. Questa direzione ha dimostrato che è importante discutere. Naturalmente è anche faticoso, ci vuol pazienza. Ma credo che la segretaria abbia capito e non si lascerà sfuggire questo tema di metodo. Anche se i temi di metodo nascondono anche dei pezzi di merito».

Differenze sostanziali rispetto alla linea della segretaria?

«Vedo in questi giorni che anche i commentatori più impensabili scoprono quel che ogni sano di mente ha ben chiaro: né il Pd né i 5 stelle possono fare l’alternativa da soli. Allora il tema è: vogliamo farla, l’alternativa alla destra, sì o no? Se sì, c’è un solo metodo: parti da quel che ti unisce e rendi compatibile quel che ti differenzia o ti divide. Così hanno fatto la destra, l’Ulivo, l’Unione».

Quindi Schlein ha fatto bene ad andare da Conte?

«Mi pare normale che un segretario, dentro questa logica dei sani di mente, pensi: “Accidenti, ci abbiam fatto un governo con Conte, nel momento più difficile della storia repubblicana, e lo abbiamo fatto con onore. Bè, non posso andarlo a salutare?”. Perché di questo si è trattato. Se un segretario non è in condizione di fare un gesto, c’è qualcosa che non torna».

Ma che gesti fa Conte? Sferza sulle armi, definisce il Pd un partito di potere.

«Schlein ha dimostrato di essere generosa. Adesso tocca a Conte. E bisogna che tutti si rendano conto di una cosa: man mano che si disvela nel Paese cos’è la destra destra, sarà più avanti nella nobile gara di costruzione dell’alternativa non chi è più settario, ma chi sarà più generoso».

Sembrano tutti più concentrati sulla gara proporzionale alle Europee che sulla costruzione dell’alternativa.

«Quest’idea “tanto abbiamo cinque anni davanti” è demenziale. Non perché questi non possano governare venti anni, ma perché gli basta un anno e mezzo, se ci vedono spianati, per introdurre nel Paese dei germi che sarà difficilissimo sconfiggere. Devono vederci in piedi rapidamente».

Quindi, smettere di pensare ognuno alla propria corsa e alla propria rimonta?

«La dico così: cosa ce ne frega di avere due o tre punti in più alle Europee se perdiamo la società. Perché noi in quest’anno qui dobbiamo far vedere che stiamo reagendo e invece non c’è ancora una reazione sufficiente, né politica, né sociale, né civile. E i danni possono essere poco rimontabili se non metti qualche freno».

Anche la destra va divisa alle Europee.

«Ma le persone sanno che stanno insieme. Un solco fra Fratelli d’Italia e la Lega come l’autonomia differenziata è enorme, ma stanno andando avanti comunque, han trovato una compatibilità. A danno del Paese».

La morte di Berlusconi cambia qualcosa?

«Ha chiarito cos’è questa destra. Regressiva sui diritti sociali e civili, corporativa in economia e berlusconiana nell’idea di dare libero sfogo agli istinti profondi del sistema. Sul fisco è corporativa, ma sull’evasione è berlusconiana. Sulla giustizia è berlusconiana, ma missina sui rave party. Berlusconi però faceva le feste in un altro modo».

Meloni sta tenendo una linea più responsabile in economia, rispetto allo scenario sovranista che lei stessa negli anni, insieme a Salvini, aveva disegnato. Questo non le frutta una maggiore credibilità a livello internazionale?

«A lei piace girare molto, ma non porta a casa nulla».

Neanche con la Francia?

«C’era una sola cosa concreta, l’Expo. Pare le abbiano detto che stanno con Ryad».

Hanno parlato della “difesa dei confini esterni”. Una locuzione che ha sostituito i blocchi navali.

«Sull’immigrazione sono partiti dai blocchi navali e a inseguire gli scafisti per tutto il globo terracqueo e sono arrivati, dati alla mano, a rendere più asfittici i canali di immigrazione regolare di cui avremmo un bisogno estremo, a rendere meno praticabili i meccanismi di integrazione, come la protezione speciale che è stata abolita e sta creando problemi in tutte le città, mentre abbiamo un aumento degli sbarchi irregolari».

Ma la sinistra cosa propone?

«Io dico: siccome sui temi in Europa si muovono le opinioni pubbliche e condizionano la politica, l’unica pista è quella umanitaria. Bisogna mettere in vergogna l’Europa su un fatto: lo sappiamo che ne prendete più di noi, ma i vostri arrivano faticosamente per terra, i nostri muoiono in mare. Il primissimo passo da fare è un pattugliamento europeo per il salvataggio delle vite in mare. Se si partisse da questo, ne deriverebbe la necessità di un accordo per la redistribuzione».

Su questo la sinistra è unita? Ora si vota-di nuovo sul rifinanziamento della guardia costiera libica.

«Bisogna finirla di chiudere gli occhi, dire basta a quelle barbarie e far vedere alle opinioni pubbliche europee i bambini annegati».

Cosa pensa della vicenda di Padova, dell’idea che ci sia una famiglia naturale da difendere, con un padre e una madre?

«Quando ci sono temi controversi, in parte lo sono anche per me, prova a darti una bussola: la bussola è il bambino. Un bambino deve sentirsi uguale agli altri, siamo noi che dobbiamo aggiustar la pratica. E mi sembra molto strano che un procuratore, un giudice, non trovi una chiave giuridica per affermare questo principio».

Un terzo polo così diviso è un problema per la costruzione dell’alternativa, oppure no?

«Lo spazio per una cosa così non c’è, è così in tutto il mondo, e certo non puoi dirigere il traffico da quella posizione. Bisogna che si accomodino a fare il centro moderato in un campo. Decidano quale».

Schlein ha sbagliato a dire “non mi farò logorare” dopo soli quattro mesi?

«Sì».

Un consiglio?

«Non accettare che la descrivano come una trapezista, tenere il partito aperto, darsi un metodo di discussione e dare concretezza all’alternativa, con temi che la gente capisce. Continuare a lavorare per costruire il campo».

Le sono piaciute le tracce dell’esame di maturità?

«Avrei fatto quello sull’idea di nazione. Così poi avrebbero dovuto leggere il tema».