Bersani: destra sdogana il peggio, su Romagna scelte vergognose

Politica e Primo piano

Intervista a La Stampa

di Filippo Fiorini

La sala è gremita. Il tendone dei dibattiti principali, poi, ha esaurito i posti a sedere. Qui, con metà del campo lasciata libera dalla disdetta all’ultimo minuto di Carlo Calenda (la sua assenza è stata fischiata), il neo tesserato del Pd Pier Luigi Bersani, che del partito e stato anche segretario e ci e rientrato a giugno, spazia dalla difesa all’attacco. È intervistato da Francesca Schianchi alla Festa dell’Unita nazionale di Ravenna e ne ha per tutti: Meloni, la CISL, le correnti del partito. “Questa destra – dice – sta solo portando su la robaccia che c’è nel fondo del Paese, l’istinto corporativo, il tramonto del criterio di solidarietà, l’individualismo contro i beni collettivi, il venir via dei diritti civili. Del valore della minoranza. Non se la sono inventata, c’era e loro la stanno sdoganando. E per batterla – sottolinea tra gli applausi – bisogna partire dalle cose che uniscono e rendere compatibili le cose che dividono”.

 

Bersani, a tre mesi e mezzo dall’alluvione, che effetto le fa sentire il commissario Figliuolo garantire il 100% dei ristori, senza una data?

Di questo passo si arriverà all’anno del mai. Per il terremoto si era trovato un meccanismo fantastico che ha consentito allo Stato di diluire i costi, il meccanismo dei crediti d’imposta, la triangolazione con le banche e la cassa depositi e prestiti. Se uno ha l’esigenza, va in banca, prende i soldi e comincia a lavorare. Ma questo non lo si vuol fare.
C’è una politicizzazione della vicenda?
Sì. Se qui ci fosse stato un presidente di regione di destra, due nono secondi dopo lo avrebbero fatto commissario. Ma finché continuano a insultare l’istinto di solidarietà e del far da sé che ha la Romagna, non ne caveranno nulla. Dovrebbero vergognarsi.
Meloni dovrebbe tornare a visitare le zone alluvionate?

La nostra presidente del consiglio gira molto in Italia e in Europa, porta a casa niente e conclude meno. È andata a Caivano a dire che il posto va bonificato. Perché allora toglie il reddito di cittadinanza, esponendo i giovani a diventare manodopera della camorra?
Questa estate la premier ha fatto un incontro con le opposizioni sul salario minimo. Crede che questa sia una battaglia che potete vincere? 
Continuo a pensare che qualcosa si farà, perché saranno travolti dai fatti. Mentre qui ne discutiamo in Germania lo stanno aumentando, come misura anticrisi. Il salto tecnologico secolare che stiamo vivendo porta alla frammentazione, all’atomizzazione del lavoro. Se non mettiamo degli argini normativi, non ci sarà nessuna contrattazione che può tenere. Si arriverà a one to one. Allora, Pd, forza, facciamo un pacchetto di proposte dove ci sia il salario minimo, poi una legge sulla contrattazione, la parità salariale e tra uomo e donna e la formazione obbligatoria nei contratti di lavoro. Su questo, non c’è un sindacato che può fare da solo. Tutto è orientato a ridurre diritti e tutele del mondo del lavoro.
Il Pd però fece il jobs act. 
Appunto, bisogna venire via da lì. Senza guardare nello specchietto retrovisore. Bisogna guardare avanti. Quando parlo di una piattaforma per unificare il mondo del lavoro, intendo che bisogna collegare il lavoro dipendente con il lavoro subordinato, autonomo, imprenditoriale. Perché con le nuove tecnologie, molti di quelli che chiamavo padroni non sono più padroni neanche loro. Abbiamo imparato a capirlo con i rider. Sono lavoratori autonomi de che?
In questo va cercata una convergenza con le opposizioni?

Il Pd deve vitalizzare il dibattito sulla questione. Siamo capaci di far convergere un sacco di competenze, mentre lo fai devi radunare l’area progressista. Io sono sempre stato per un’alleanza con i Cinque stelle. Su alcuni temi strutturali, diritti del lavoro, universalismo del welfare, fiscalita progressiva e fedele. Per ragioni storiche, il know how è nostro. Tocca al Pd fare la sua proposta.

Il Pd che ha fatto il jobs act però in parte è lo stesso di oggi. Diventerà un problema?

Schlein ha compreso due cose fondamentali. Una: il Pd deve riconnettersi con la sua base sociale, reale, potenziale. Due: il Pd deve animare la costruzione di un campo progressista. Elly non può farcela da sola. Ha bisogno della spinta che viene dalla discussione politica. Quando la discussione è vera un partito si espande. La divisione e negativa quando è di posizionamento.
A proposito dell’ipotesi di rinvio dell’impegno preso dall’Italia in sede Nato di portare al 2% le spese militari. È bastato il sì di Schlein per scatenare mugugni. Questo è posizionamento?

Questi meccanismi ci sono. Schlein è andata a salutare Conte e si è scatenato un casino. Voglio dire, ci abbiamo fatto un governo, non lo si può andare a salutare?

C’è lo spazio per i cattolici nel Pd di Schlein?
Chi lo nega non si è accorto di un piccolo particolare chiamato papa Francesco. Questa idea che i cattolici siano i cosiddetti moderati è destituita di fondamento. La sensibilità cattolica è in una fase di discussione anche alternativa, perché si sta arrivando ai fondamentali.