Oggi con Pisapia a piazza Santi Apostoli, autonomi e alternativi al Pd

Politica e Primo piano

Da Huffington Post

di Arturo Scotto

Questa torrida estate della politica italiana ci consegna tre variazioni sul tema della crisi del Pd, della sua esperienza di governo e della sua leadership. Il risultato delle amministrative, il dibattito interno al Pd, la scelta di dar vita a un nuovo e alternativo centrosinistra il 1 luglio a piazza Santi Apostoli.

Sulla prima non mi soffermo a lungo: per il Pd un’enorme emorragia di consensi, proprio sul terreno che tradizionalmente gli dovrebbe essere più congeniale, il radicamento territoriale. La rovinosa frattura con l’elettorato è indifferente sia alla bulimia comunicativa del segretario, come il 4 dicembre ha dimostrato, sia alla sua eclissi. È un fenomeno profondo soprattutto nella disaffezione al voto che tanta parte dell’elettorato di sinistra manifesta. È un fenomeno affatto inedito né congiunturale, come le precedenti elezioni amministrative e regionali testimoniano. E interroga tutti, anche noi che stiamo faticosamente cercando di riaprire uno spazio a sinistra.

La prima sfida si chiama “guerra senza quartiere all’astensionismo”: quando vota meno del cinquanta per cento della popolazione significa che siamo in emergenza democratica.

Con ritardo, evidentemente, eppure con decisione, il magrissimo risultato elettorale sta producendo una discussione, con toni in molti casi ultimativi, dentro il Pd. È difficile prevederne l’esito, ma alcune sue linee di fondo appaiono chiare. Si accusa una direzione che ha indubbiamente isolato il maggiore partito del paese, in una delicata fase di un governo da esso stesso sostenuto e composto. Nascondere al paese che le responsabilità del governo Gentiloni coincidono perfettamente con le responsabilità del Pd, non solo non ha pagato elettoralmente e in termini comunicativi, come è ovvio che sia, ma produce continue fibrillazioni del quadro politico. Nascondere a se stessi che il fronte progressista e di centrosinistra non si riduce nella forza del Pd, che produce isolamento piuttosto che vocazione maggioritaria.

Io credo che oggi il vero tema all’ordine del giorno sia il superamento del Pd. Il progetto che nacque dieci anni fa non ha retto l’urto della più grande crisi del dopoguerra, è apparso come il soggetto della stabilizzazione del sistema e del governo dell’austerity e non come il protagonista di un cambiamento progressivo. Una sorte che purtroppo ha attraversato molte esperienze della famiglia del socialismo europeo, Francia in primis.

Il Pd oggi non riesce a includere più culture diverse, non fa sintesi delle vecchie e non è attrattivo per quelle nuove, si pensa maggioritario, ma si acconcia ad essere il junior partner di una stagione neoproporzionale a trazione centrista, taglia con i corpi intermedi e si candida a competere in una società liquida dove la dimensione emotiva conta più di quella programmatica. Ma, si sa, quando la percezione conta più della realtà – vedi la partita delicatissima del governo dei flussi migratori – vince il messaggio semplificato. E le fratture si moltiplicano.

Le fratture sono profonde, e non riguardano il ceto politico. Bisogna archiviare definitivamente questa visione caricaturale e macchiettistica di un passaggio che invece ha una dimensione epocale. Il gioco democratico non può essere ridotto solo a una lettura che privilegia la circolazione delle élites rispetto ai contenuti. Sono le fratture prodotte in questi anni da scelte di governo che hanno divaricato le differenze di diritti, tutele e redditi di interi pezzi di comunità che si sono ritrovati, nel cuore della crisi, più soli ed esposti. Le fratture che hanno cancellato le classi medie e indebolito la democrazia rappresentativa.

Sono le fratture che tenteremo, insieme, di ricomporre sabato a piazza Santi Apostoli. Nessuna operazione di “palazzo”, come spesso la letteratura retroscenistica si diverte a descrivere. Abbiamo intenzione di dar vita ad un progetto autonomo e alternativo al Pd di Matteo Renzi. Il centrosinistra – se non vuole restare solo una suggestione – rinasce e governa solo riequilibrando i rapporti di forza e offrendo uno sbocco alla radicalità della fase. Altrimenti la destra ha più filo da tessere perché appare più “contemporanea”.

Quella piazza sarà l’avvio di un’intensa iniziativa democratica, a partire dall’esperienza di Giuliano Pisapia, di Articolo Uno e di tanti altri, di ricomposizione di un campo della sinistra popolare e di governo.