Oggionni: sì al confronto con Draghi, ma serve un programma

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Simone Oggionni, Domani

Appare impossibile dare un giudizio sull’ipotesi Draghi senza andare a vedere le carte del suo ipotetico governo. Tutto dipende dal perimetro delle forze che lo sosterranno, dal tasso di politicità del governo, dalla composizione della squadra e di conseguenza dai contenuti programmatici che quella squadra esprimerà. Per questo, in primo luogo, dipende da quanto terrà l’asse tra noi, il Pd e i Cinque Stelle, cioè da quanto la maggioranza che ha sostenuto il Conte II rimarrà solida – e riconoscibile e anche legittimata – in questo nuovo passaggio.

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Visco: Draghi non è un uomo di destra, lo definirei un cattolico sociale

| Politica e Primo piano
Roberto Petrini, la Repubblica

È una persona con qualità notevoli, per molti aspetti eccezionali. Quello che è sorprendente è che dove lo metti diventa irrinunciabile, una dote quasi naturale. La formazione di Draghi è quella di uno che ha studiato alla Sapienza di Roma con Caffè e poi al Mit con Modigliani: è dunque tendenzialmente keynesiana. Dopo di che lui è entrato nel mondo delle istituzioni finanziarie dove l’ortodossia in quegli anni, gli Ottanta, è mutata e da keynesiana è diventata liberista. Ma sicuramente sul piano economico Draghi non è un conservatore.

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Conte: pieno sostegno a Conte, Fi può smarcarsi da Lega e Fdl

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Loredana Lerose, Cronache

All’interno di Fi è in atto una discussione significativa che non è venuta fuori poiché oscurata da quella sui responsabili. C’è una parte che ragiona su un possibile cambiamento rispetto all’asse Salvini-Meloni. È evidente che la discussione è partita e l’alternativa deve maturare. Del resto Fi in Europa è iscritta ai Popolari. Credo che il Conte ter partirà con una maggioranza anche più ampia del Conte bis, con una squadra migliorata, un patto di legislatura chiaro, il recovery e le riforme chieste dall’Europa. La maggioranza si allargherà alle forze moderate del centro.

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Bersani: io nel Pci con Baldo, tra la voglia di uguaglianza e gli errori

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Pietro Visconti, Libertà

Quando da bambino si giocava al Far West, io stavo con gli indiani. Avvertivo un sentimento di uguaglianza, che chissà da dove arrivava. Scelsi il Pci più per un’esigenza morale che politica: sentivo di dover andare dove erano le persone che volevo rappresentare e difendere. Il patrimonio permanente di quel partito è aver imparentato la democrazia con le masse popolari, aver promosso un’operazione enorme di emancipazione e l’idea che qualsiasi tipo di sinistra non può immaginare le proprie fortune fuori da quelle del Paese. Il filo da riprendere è quello di un partito che riesce ad avere antenne e rapporti con nuove forme di autorganizzazione sociale. Ci sono mille modi in cui la gente si ritrova. In molti di questi modi c’è un desiderio di vedersi dentro un progetto ideale. Un partito li dovrebbe collegare, né pesante né leggero, forte il giusto.

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Guerra: contro la disuguaglianza di genere i bonus non bastano

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Gloria Riva, L’Espresso

La pandemia ha avuto un’influenza negativa sul lavoro femminile. Un danno che, anche a livello internazionale, gli economisti hanno definito Shecession, fusione di She e Recession. Abbiamo ragionato molto sul fatto che la difficoltà delle donne di accesso al mondo del lavoro è strettamente legata allo squilibrio fra lavoro di cura e professione. Quindi, all’interno di Next Generation Eu, molto spazio è dato alle infrastrutture sociali rivolte a bambini, disabili e anziani non autosufficienti, su cui si investono 4 miliardi, e soprattutto alla costruzione e ricostruzione di asili nido.

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Guerra: parità di genere, una risposta di qualità. Risposta a F. Kostoris

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Maria Cecilia Guerra e Eleonora Romano, Il Sole 24 Ore

Il Pnrr evita l’errore di rappresentare le donne come una specifica categoria di svantaggio di cui occuparsi in un capitolo apposito. Un errore che porta spesso ad approcci di “discriminazione positiva”: il riconoscimento formale di una “questione femminile” si traduce in interventi di policy che non agiscono a livello strutturale sulle disuguaglianze di genere. Interventi più efficaci richiedono invece di adottare, come fa l’ultima versione del Pnrr, una prospettiva di genere trasversale rispetto a tutti i diversi ambiti di azione, integrando tale prospettiva in tutte le politiche pubbliche. Trasferire cura e riproduzione sociale dalla sfera meramente privata a quella pubblica implica far emergere responsabilità collettive di cui finora si sono fatte (gratuitamente) carico le donne.

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Bersani: a Livorno eravamo già sconfitti, solo Gramsci lo aveva capito

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Concetto Vecchio, la Repubblica

I cento anni dalla fondazione di Livorno tra ideali e contraddizioni, dal docufilm “La dannazione della sinistra: cronaca di una scissione”, in onda sabato 23 su RaiTre. Il Pci ha ereditato il meglio della tradizione riformista, dandogli una solidità politica, quella che era mancata alla tradizione socialista. Si devono ai riformisti i meccanismi e le conquiste di autorganizzazione che sono ancora patrimonio della democrazia italiana. A Livorno sono stati sconfitti sia i riformisti che hanno predicato la rivoluzione senza farla, sia i comunisti che erano convinti di farla fuori tempo, mentre ormai si era affermato il fascismo. Dunque l’assise si celebra dopo la sconfitta, non prima.

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Tozzo: cento di queste radici, Partito comunista italiano

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David Tozzo, Huffington Post

Il filo rosso che rotolandosi cent’anni arriva a noi dev’essersi in qualche modo perso, strada per strada, non potendolo ravvisare né in grandi e grossi ma in effetti rachitici riformismi raffermi né in incantesimi inconsistenti di formazioni extra-parlamentari lanciatissime verso l’inesistenza, anzi, già lì, già da sempre. Il sentiero non è né quello del riformismo né quello dell’estremismo, la strada è quella di un radicalismo di conio nuovo. Irreprensibili comunisti, intellettuali liberi, magnifici mostri sacri come i compiantissimi compagni Gramsci, Terracini, Macaluso desideravano ardentemente che si osasse inventare il futuro.

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D’Alema: il Partito comunista italiano è sempre stato riformista

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Ezio Mauro, la Repubblica

I cento anni dalla fondazione di Livorno tra ideali e contraddizioni, dal docufilm “La dannazione della sinistra: cronaca di una scissione”, in onda sabato 23 su RaiTre. L’ambiguità era praticare il gradualismo nascondendolo col linguaggio della rivoluzione. La rottura con l’Urss fu tardiva, Occhetto ha un merito storico. E tuttavia fu un momento drammatico per centinaia di migliaia di persone, a dimostrazione che il Pci non era un accampamento cosacco in Italia, ma una parte rilevante della vita del Paese. Nel 1968 io ero a Praga a difendere la Primavera. Se non ci fosse stata la condanna dell’invasione, la mia generazione non sarebbe entrata nel partito.

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