Fornaro: tutti i numeri di un trend consolidato dall’Abruzzo alla Sardegna

Politica e Primo piano

Intervento su Huffington Post

di Federico Fornaro

Il primo dato delle elezioni regionali in Sardegna da analizzare, sebbene sia spesso subito dimenticato, è quello dell’affluenza: 53,8% in aumento di 1,4 punti percentuali sulle regionali 2014.

Il raffronto con i votanti delle politiche (65,5%) deve tener conto della diversa composizione del corpo elettorale per la presenza nelle liste regionali degli aventi al voto di circa 100.000 sardi residenti all’estero.

Tenendo conto di questo fattore distorsivo il calo tra il 2018 e il 2019 è dunque assolutamente fisiologico, anche se ci stiamo abituando anno dopo anno a dimenticare che in una consultazione importante come quella per la regione si reca alle urne poco più di un elettore su due (in Abruzzo l’affluenza era stata del 53,1%), a conferma di un livello di elevato astensionismo strutturale e non più episodico.

Nelle analisi occorre, inoltre, ricordare che la legge elettorale regionale consente il voto disgiunto candidato presidente/lista.

Il vincitore delle elezioni regionali sarde del 2019, il centro-destra che candidava Christian Solinas, ha ottenuto 365.000 voti, con un aumento di 72.000 elettori rispetto ai 293.000 delle regionali del 2014 (+ 24,6%) e ai 270.000 delle politiche 2018 (+ 35,2%). Quello che cambia è il partito guida della coalizione che sia nel 2014 (18,5% dei voti) sia nel 2018 (14,8%) era stata Forza Italia, mentre ora la prima lista è la Lega di Salvini(assente nel 2014) con l’11,4%, mentre la creatura di Berlusconi scivola all’8%. Peculiarità sarda per la coalizione di centro-destra è sicuramente la presenza del Partito Sardo d’Azione che passa dal 4,7% delle regionali 2014 al 9,9% di domenica scorsa.

Il centro-sinistra che aveva vinto le elezioni sarde del 2014 con 313.000 voti, era sceso alle politiche a 154.000 del Pd più alleati minori, oltre ai 27.000 della lista di Leu. Nel 2019 risale con Massimo Zedda a 251.000 consensi: meno 62.000 (- 19,81%) in cinque anni e più 70.000 (+ 38,67%) rispetto alle politiche. Il Pd si conferma il perno della coalizione anche se arretra dal 22,1% del 2014 al 13,4% delle regionali 2019. Le liste a sinistra del Pd (Leu, Campo Progressista e Sardegna in comune ottengono nel 2019 più che lusinghiero 9,5%.

Per parte sua il Movimento 5 Stelle, assente alle regionali 2014 a conferma di significative problematiche locali, crolla dai 369.000 voti del 2018, pari al 42,5% agli 85.000 del 2019 (11,2%) con una emorragia di consensi del 77,0% (284.000 voti). Numeri negativi che il leader del movimento Luigi Di Maio, nelle dichiarazioni ufficiali, ha preferito sostanzialmente ignorare.

Se due indizi (elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna) fanno una prova, non si può non osservare, dopo questi mesi di esperienza di governo, un segnale fortemente negativo per il M5s che va ben al di là delle difficoltà fisiologiche già verificatesi in passato in elezioni a turno unico con preferenze.

Specularmente, invece, l’alleato di governo, la Lega, accresce significativamente i suoi consensi, confermando la sua definitiva trasformazione da partito regionale a partito nazionale, mentre Forza Italia perde elettori e Fratelli d’Italia li aumenta.

Dopo la debacle delle politiche 2018, per il centro-sinistra, invece, i segnali che arrivano dalle elezioni questa primavera sono positivi, nonostante la doppia sconfitta con relativa perdita del governo delle due regioni, con una ripresa di capacità attrattiva, generata più dal civismo e dalla sinistra che dai risultati del Partito Democratico.

Sebbene valga sempre la regola che ogni elezione fa storia a sé, non appare scorretto, infine, individuare alcuni tratti caratterizzanti dell’attuale fase politica: una competizione interna all’attuale compagine di governo a tutto vantaggio della Lega, una difficoltà di tenuta di consensi di Forza Italia e una timida ripresa di un centro-sinistra aperto e inclusivo con candidati in discontinuità con la stagione renziana.

Infine, il Movimento 5 Stelle farebbe bene ad analizzare con attenzione i dati elettorali, perché altrimenti potrebbe risvegliarsi all’indomani delle elezioni europee nel bel mezzo di un autentico incubo.