Rossi: basta personalismi, a sinistra serve il Partito del lavoro

Politica e Primo piano
Intervista a Il Tirreno
di Mario Neri
«La sinistra si ricostruisce anche stando un po’ all’opposizione. Ha bisogno di ritrovare il suo popolo». Il popolo che il Pd ma anche la “sua” Liberi e Uguali hanno tradito, «rinunciando a rappresentare gli strati più bassi, i deboli, diventando forze politiche delle élite». Fuori, dietro le vetrate della sala, il Duomo di Firenze fasciato di ponteggi, maestoso, imponente. Quasi silenzioso, «se non fosse per queste sirene», dice un po’ stizzito Enrico Rossi seduto nel suo studio al primo piano di palazzo Strozzi Sacrati. Alle spalle l’affresco che la casata fiorentina fece dipingere per festeggiare il ritiro di Napoleone dal Granducato, un porto e una fortezza immaginaria sullo sfondo. «Rappresenta Livorno. Come va con Livorno? Con Nogarin ultimamente c’è intesa», ammette il governatore. «Uno dei miei obiettivi di qui alla fine del mandato è raggiungere con il sindaco un accordo per una soluzione al nuovo ospedale». Ma questo non significa dialogo o addirittura future alleanze con i 5 Stelle. «Come si fa con chi dice che sinistra e destra non esistono più? Con chi ha quell’idea di democrazia?».
Presidente, eppure vi hanno soffiato elettori e voti.
«Quello del 4 marzo è il risultato peggiore della storia della Repubblica. Bisognerebbe analizzare le cause. La sinistra con Renzi e prima di Renzi ha rinunciato a rappresentare gli strati popolari che si sono rifugiati nell’astensione o nella protesta. Ora è la forza politica dei ceti medio alti».
Parla solo del Pd?
«No anche di Liberi e Uguali, che credo abbia avuto due limiti: primo, la gente ci ha assimilati al Pd. Secondo, a rappresentare Leu è stata una classe politica troppo esposta».
Dunque, Rossi propone una rottamazione fase 2?
«La sinistra ha certamente bisogno di una nuova generazione e di un processo di costruzione».
Si riparte da Liberi e Uguali?
«Credo ci sia bisogno di un nuovo partito della sinistra in Italia, che guardi ad un elettorato ben più ampio di quello raccolto da Leu. E deve essere una sinistra radicale e di governo, non estremista né gruppettara. Con un programma forte di cambiamento. Come primo punto investimenti e ancora investimenti per il lavoro, poi sanità, scuola e stato sociale, e per cui sia fondamentale la ricostruzione di un sistema di diritti dei lavoratori lottando contro il precariato. Non c’è bisogno di inventare cose nuove. Io sono ottimista. Le persone di sinistra hanno bisogno di sognare una società diversa, dove la sinistra si ispira al socialismo o alla dottrina sociale della Chiesa».
Ecco, questo modello non è stato spazzato via dal 4 marzo?
«La sinistra si è smarrita con il democraticismo di Blair, quando il Pd ha abbracciato il neoliberismo, la globalizzazione e le politiche del rigore. Le parole e i valori di sinistra sono ancora attuali. La via da percorrere non è facile ma è l’unica se non vogliamo che rancore e protesta si esprimano attraverso forze che si qualificano né di destra né di sinistra o parlando bene di Orban o Putin».
Ha già un nome per questo partito?
«Partito del lavoro. Oggi il problema di fondo è riequilibrare il rapporto fra lavoro e capitale»
Dunque si torna a Marx?
«Quando mai è passato di moda?A Marx, a Gramsci».
Si, ma da dove si riparte?
«Intanto per ricostruirsi la sinistra ha bisogno di stare all’opposizione, andando nei quartieri e nei posti di lavoro».
Quindi ha ragione a Renzi?
«Non mi pongo da tempo il problema di ciò che pensa Renzi, noto che continua a dettare l’agenda nonostante tutto… Per ripartire si deve promuovere una alleanza, una coalizione democratica e sociale con i partiti di sinistra, quelli di centro che guardano a sinistra e con le forze sociali e civiche. E insieme costruire un programma. Ma attenzione, il partito del lavoro deve stare fuori dallo schema dell’Ulivo. E l’idea del Lingotto, di un partito a vocazione maggioritaria è fallita».
E lo schema per non perdere la Regione?
Se lavoriamo così e ci sottrarremo alle logiche personalistiche possiamo non perdere la Toscana, non consegnarla ai populismi».
Ha già un’idea del profilo del suo successore?
«Prima di parlare del mio successore individuiamo il metodo. Le primarie, ad esempio, mi sembrano diventate uno strumento per l’affermazione di personalismi e per una resa dei conti. Se non c’è accordo a fare le primarie, occorre disponibilità a fare passi indietro. Io potevo candidarmi, invece sto qui per rispettare il mandato dei cittadini fino al 2020, se il Pd non mi toglie la maggioranza…».
E con il Pd come va?
«Negli ultimi tempi, dopo le sconfitte, il clima di collaborazione è migliorato».
A proposito di appelli all’unità, ne ha lanciato uno le città che vanno al voto. Caduto nel vuoto?
«Be’, quando il vaso è rotto, hai voglia a buttar colla… E’ evidente che arriviamo con affanno. Candidati e programma, mi permisi di suggerire, andavano individuati 8 mesi prima».
Priorità per arrivare a fine legislatura?
«Ambiente, economia circolare, e poi lavoro. Abbiamo fatto molto con l’assessore Cristina Grieco sulla formazione, adesso vareremo una riforma per far funzionare meglio i Centri per l’impiego».
Della Tirrenica ha notizie?
«Mi aspetto che Delrio sia un uomo d’onore, e che faccia partire i lavori prima che sia troppo tardi».
E la sanità? I sindacati dei medici accusano la Regione di privatizzarla sempre più, parlano di tagli indiscriminati. L’ultimo caso è scoppiato su una delibera dell’Asl Centro che affida 2,8 milioni di euro di visite e esami ai privati.
«Per 2,8 milioni su una spesa regionale che si aggira sugli 8 miliardi andrei cauto prima di parlare di privatizzazioni. Polemiche strumentali. Garantisco che di qui a fine mandato sarà rafforzata la sanità pubblica. Stiamo preparando un piano perla riduzione delle liste di attesa».
E i 45 milioni di tagli imposti dal governo?
«Abbiamo fatto ricorso alla Corte costituzionale. La mio opinione è che se sono in pareggio di bilancio tu non hai diritto di venirmi a dire dove tagliare. Sbagliò Monti, e lo stesso errore lo hanno ripetuto Letta e Renzi. Comunque, elimineremo gli sprechi, ma non faremo mancare il personale».
E tornato ad occuparsi molto di sanità nell’ultimo periodo. Un commissariamento dell’assessora Saccardi?
«Con Stefania c’è un’ottima intesa. Ma mi sono accorto che anche per la sanità, come per gli altri settori, è bene che svolga il mio ruolo di guida politica anche se avrei preferito non farlo. Questo ruolo lo svolgerò fino a fine legislatura».