Boldrini: io, donna, in Libere e Uguali. No a un’alleanza con M5S

Politica e Primo piano
Intervista al Corriere della Sera
di Monica Guerzoni
Stato d’animo, presidente?
«Molto contenta. È stato bello vedere assieme, in un clima di festa, amici di tante anime della sinistra e soprattutto tante amiche, figure femminili di rilievo come Luciana Castellina, Linda Laura Sabbadini, Rossella Muroni. L’ex ministro Vincenzo Visco, Franco Gallo che conobbi da presidente della Corte Costituzionale, Giancarlo De Cataldo… E poi le associazioni e, tra i politici, Fratoianni, Speranza, Civati, i segretari delle tre formazioni che insieme a Pietro Grasso hanno promosso questa lista».
Dallo scranno più alto di Montecitorio a un loft di San Lorenzo, con la colonna sonora di Rino Gaetano.
«Ho scelto un quartiere popolare e studentesco, pieno di luoghi di cultura e atelier di artisti, per sottolineare come uno dei temi fondamentali su cui voglio dare il mio contributo sia il lavoro per i giovani. No bonus occasionali, ma lavoro buono, che dia loro una prospettiva di vita concreta. Continuerò a impegnarmi per i diritti delle donne, l’Europa sociale, le periferie, il digitale, l’ambiente. La Green society deve diventare un obiettivo per tutti».
Le piace il nome Liberi e uguali?
«Io da donna entro in Libere e uguali, mi piace il fatto che il nome si possa declinare. Lo faccio dando il mio contributo sui temi che sono stati oggetto del mio impegno in questi 5 anni, indimenticabili e complicati. Concludo coerentemente la legislatura a sinistra, così come l’ho iniziata, da indipendente eletta nelle liste di Sel».
Il suo ingresso in LeU prefigura un ticket con Grasso?
«Il leader c’è già ed è Piero Grasso e non mi risulta si sia discusso di alcun ticket. Ma l’importante è che sia una lista di figure maschili e femminili, una forza inclusiva, aperta, di governo e innovativa. Una prospettiva nuova per gli elettori progressisti tentati dall’astensionismo».
Sarà una cosa rossa o un Pd bonsai?
«Non si tratta di un Pd bonsai, perché su temi centrali come il lavoro e le politiche economiche ha posizioni molto diverse. Leu vuole anche offrire un’alternativa a coloro che si sono sentiti delusi dalle politiche degli ultimi anni, come il Jobs act, la riforma della scuola e la riforma costituzionale».
Come ha votato al referendum del 4 dicembre?
«Ho votato no, perché diversi aspetti di quella riforma non mi convincevano. L’iter legislativo tra Camera e Senato era confuso e venivano lasciate alle intese tra presidenti diverse determinazioni, con il rischio che si bloccasse l’iter. E poi anche la composizione del Senato non consentiva un funzionamento più snello. Con quella legge ci saremmo fermati a metà strada, senza superare veramente il bicameralismo».
Come spiega il calo di consensi di Renzi?
«L’esito del referendum è stato chiaro e dopo è mancata una riflessione approfondita per capire quel no, che aveva più sfaccettature. C’era dentro l’amore per la Costituzione, ma c’era anche rabbia, perché Renzi aveva suscitato aspettative che in molti casi non si sono concretizzate».
Renzi sperava che lei, con Pisapia, potesse dare vita a una lista a sostegno del Pd. Di chi è la responsabilità se il progetto unitario è fallito?
«Ho guardato con interesse al tentativo doveroso e generoso di Pisapia di mettere insieme tutte le varie anime del centrosinistra. Però di fronte alla indisponibilità del Pd di dare segnali di discontinuità forti e chiari rispetto a politiche molto divisive, non si poteva fare altro. L’elettorato non avrebbe compreso».
Pisapia verrà con voi?
«Giuliano ha deciso di fare politica in modo diverso, non partecipando alle elezioni».
D’Alema e Bersani hanno escluso alleanze con il Pd. Dopo il voto sarà possibile un accordo di governo?
«Se ci fosse quella discontinuità chiara che non si è vista finora, nulla si può escludere. Ma è prematuro parlare di alleanze senza aver visto l’esito delle elezioni».
Con Gentiloni il dialogo sarebbe più facile?
«Non è una questione di persone, ma di scelte politiche. In questa legge di bilancio, ad esempio, ci sono stati degli emendamenti, anche di deputati dem, che correggevano in parte il jobs act, eppure non si è vista alcuna apertura. Vuol dire che la rotta è quella e non cambia».
La sottosegretaria Boschi è al centro della tempesta sulle banche. Ritiene doveroso un passo indietro?
«E’ successo più volte nella legislatura che, di fronte alla richiesta di dimissioni, alcuni esponenti del governo abbiano scelto di fare un passo indietro, mentre altri siano rimasti al loro posto. È una questione di opportunità politica, che appartiene anche alla coscienza di ciascuno. In ogni caso io non farò una campagna basata sulle polemiche di giornata. Ho proposte politiche e cercherò soluzioni ai problemi degli italiani. Non cadrò nella trappola del botta e risposta fine a se stesso».
Una campagna all’insegna del politicamente corretto?
«Ribadisco con forza la mia prerogativa di essere politicamente corretta. Mi dissocio da chi pensa che, per farsi ascoltare dagli elettori, bisogna insultare, ringhiare, sbeffeggiare, inventare menzogne. Non mi presterò a questa modalità, che porta gli italiani a distaccarsi dalla politica».
Bersani ritiene possibile un’alleanza di governo con il M5S. E lei?
«Parlare di alleanze è prematuro, ma non mi sembra che con i cinquestelle ci sia un terreno comune. La linea che tra loro prevale non è compatibile con i valori della sinistra. Si sono espressi contro i sindacati, hanno partecipato alla campagna contro le ong, non hanno voluto votare la riforma della cittadinanza al Senato e hanno un atteggiamento sempre volto a delegittimare le istituzioni».
Dove si candiderà?
«In questi cinque anni nei fine settimana ho girato l’Italia in lungo e in largo, incontrando tantissime persone in centinaia di iniziative, ma non so ancora dove sarò candidata. Ci confronteremo e valuteremo dove la mia presenza sarà più utile al progetto comune. Il viaggio continua».