Speranza: c’è un elettorato di centrosinistra da riconquistare. Non lo regaleremo all’astensionismo e ai Cinque Stelle

Politica e Primo piano

intervista al Corriere della Sera

di Daria Gorodisky

Da quando ha lasciato il Partito democratico, Roberto Speranza dice che è tornato a «fare politica con passione, coscienza e divertimento». «Abbiamo festeggiato il 1° Maggio a Ravenna con l’apertura della campagna di adesione ad Articolo 1-Movimento democratico e progressista, abbiamo distribuito le prime tessere».

Intanto Matteo Renzi ha vinto le primarie del Pd e ha dichiarato di non volervi come alleati.

«Nelle sue parole ho rivisto l’atteggiamento autoreferenziale, divisivo e arrogante di questi ultimi anni che ha portato il Pd a perdere elettori e anche una parte di classe dirigente. Se qualcuno si aspettava dal congresso una discontinuità, può ben vedere che non è successo, non è stata minimamente corretta la rotta. Anzi».

Credeva davvero che la consultazione di domenica avrebbe portato un cambiamento?

«Ho il massimo rispetto per il momento democratico di una comunità, la partecipazione è sempre ricchezza. Detto questo, l’esito non mi sorprende e mi sembra confermi che una fetta significativa dell’elettorato di centrosinistra non si riconosce più nel Pd. Noi siamo nati proprio per ridare una casa a questo popolo. Dopo 3 anni e mezzo di guida Renzi, c’è stato un milione di partecipanti in meno, cioè un terzo. Renzi stesso ha perso 612 mila voti. Ha compiuto troppe scelte sbagliate».

Per esempio?

«La riforma della scuola, quella del mercato del lavoro; per non parlare della riforma costituzionale bocciata poi dal referendum di dicembre. Tutti fatti concreti che hanno causato la sua rottura con parte dell’elettorato progressista, quello che noi vogliamo riconquistare: anche per evitare che si trasformi in astensionismo o appoggio al M5S. Renzi ha cambiato i connotati al partito, lo ha portato sempre più al centro e lo ha fatto identificare sempre più con il proprio leader».

Recuperare elettori di centrosinistra è il vostro obiettivo. Ma anche quello del Campo progressista di Giuliano Pisapia.

«Giuliano è una risorsa straordinaria per il centrosinistra, sta facendo un tentativo generoso per ricostruirlo. E noi, in questo, lo sosteniamo convintamente. Coltiviamo lo stesso campo e per me è naturale che le nostre strade si incrocino».

Vede un futuro di alleanza tra di voi? Vi siete sentiti dopo le primarie del Pd?

«Ci siamo visti il 25 aprile a Milano, ha incontrato alcuni nostri parlamentari nei giorni successivi, c’è un dialogo aperto. Ma credo che nessuno debba tirarlo per la giacchetta».

A «Otto e mezzo» l’ex sindaco di Milano ha dichiarato che non entrerà «in un listone di un partito unico, tantomeno del Pd se non vuole fare un’alleanza». E ha respinto veti su D’Alema o Bersani.

«Condivido. E aggiungo che dal Pd mi aspetterei piuttosto veti su Berlusconi».

Dal Partito democratico, Matteo Orfini insiste sul no alle coalizioni, «rovina del Paese».

«La solita impostazione di autosufficienza, che non mi sembra abbia portato molto lontano in questi anni».

La legge elettorale andrà fatta, e proprio il premio di maggioranza (alla lista o alla coalizione vincente) sarà fra i temi di scontro.

«Sì, il sistema di voto va normato al più presto, basta melina. Per noi la priorità assoluta è restituire ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Quindi, via i capilista bloccati».